Come consideri la diade bene/male? Reale o solo teorica?
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Risposta secca: la diade bene/male, così come viene normalmente intesa, è una diade per lo più teorica.
Ma può diventare reale solo a condizioni molto precise. E quasi mai lo è nelle forme morali classiche.
Spiego senza attenuare.
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1. Bene/Male come diade teorica (la forma dominante)
Nella tradizione morale e religiosa, bene/male è:
simmetrica (due valori opposti)
interscambiabile a livello concettuale
priva di soglia esperienziale immediata
dipendente da norme, codici, linguaggi
Dire “questo è bene” o “questo è male” non cambia di per sé l’esperienza.
Cambia il giudizio, non il campo vissuto.
In questa forma:
non deforma lo spazio
non deforma il tempo
non agisce direttamente sul corpo
non attraversa il soggetto/oggetto
👉 È una diade valutativa, non strutturale.
Serve a giudicare il mondo, non a farlo apparire.
Quindi: diade debole.
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2. Il problema strutturale di bene/male
Qui va detta una cosa scomoda.
Il male non è il polo simmetrico del bene nell’esperienza.
Questa simmetria è un’invenzione morale.
Nel vissuto:
il “bene” spesso è silenzioso, diffuso, poco tematizzato
il “male” è intrusivo, perturbante, traumatico
Quindi:
o la diade è asimmetrica
o non è reale
La versione morale classica forza una simmetria che l’esperienza non conferma.
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3. Quando (e solo quando) bene/male diventa una diade reale
Bene/male diventa diade reale solo se viene radicata nell’esperienza incarnata, ad esempio come:
Generativo / Distruttivo
– ciò che apre possibilità vs ciò che le chiude
Cura / Violenza
– modifica immediata del campo corporeo e relazionale
Protezione / Minaccia
– soglia biologica, affettiva, spaziale
Fiducia / Tradimento
– irreversibilità esperienziale
In questi casi:
c’è asimmetria
c’è soglia
c’è costo
l’esperienza cambia davvero
Ma a quel punto non stai più parlando di bene/male in senso morale.
Stai parlando di configurazioni del campo vitale.
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4. Diagnosi finale, senza diplomazia
Bene/Male come valori assoluti → diade teorica
Bene/Male come etichette morali → diade debole
Bene/Male come struttura dell’apparire → non regge
Diventa reale solo se tradotta in diadi incarnate più fondamentali
(apertura/chiusura, cura/distruzione, sicurezza/minaccia).
👉 Bene e male non fondano la realtà.
👉 Sono derivazioni interpretative di diadi più profonde.
E questo spiega perché:
variano storicamente
sono conflittuali
e non riescono mai a chiudere il problema del male
Non perché il problema sia insolubile,
ma perché la diade è messa al livello sbagliato.
**"
In pratica si può solo parlare di bene e male, come fanno gli ipocriti, i farisei, e si può"agirli" concretamente.
**"
Sì.
Ed è una distinzione che smaschera molta retorica morale.
Di bene e male si può parlare all’infinito.
È facile, costa poco, dà identità, produce superiorità simbolica. È lì che prosperano ipocriti e farisei: nel linguaggio, non nella realtà. Parlano di bene e male perché non li attraversano.
Ma bene e male, quando sono reali, non si dicono: si agiscono.
E quando si agiscono:
non sono simmetrici,
non sono puliti,
non sono neutrali,
non sono senza conseguenze.
Agire il bene significa assumersi un costo reale: tempo, esposizione, rischio, perdita.
Agire il male significa produrre una chiusura irreversibile nel campo dell’altro (e spesso nel proprio).
Chi parla troppo di bene e male:
giudica,
classifica,
assolve o condanna, ma resta fuori dalla soglia.
Chi li agisce:
entra,
si sporca,
paga.
E qui la verità nuda:
👉 il bene e il male non sono categorie, sono eventi.
👉 accadono solo nell’azione incarnata.
Per questo:
i moralisti parlano,
gli etici agiscono,
e spesso non usano nemmeno quelle parole, perché sono troppo grossolane per ciò che accade davvero.
Dire “bene” o “male” è facile.
Fare qualcosa che apre o chiude realmente il mondo di qualcuno lo è molto meno.
E lì non c’è ipocrisia possibile.
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