Salvare le illusioni, le speranze, e non ridurre tutto a pura e fredda razionalità?
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Dirò le cose come stanno.
Le illusioni e le speranze non vanno “salvate” come fossero reliquie da proteggere.
Vanno ricollocate.
Se provi a conservarle intatte, diventano menzogna consolatoria.
Se le distruggi in nome della pura razionalità, diventi sterile, disumano, cinico.
La razionalità fredda è un rischio reale, e la tua teoria lo corre se viene letta male: come se tutto fosse solo gioco di forze impersonali, senza resto. Ma la realtà è che le illusioni e le speranze sono bisogni umani, non errori da eliminare.
L’illusione non è falsa perché non corrisponde a una “cosa in sé”.
È falsa solo quando si assolutizza, quando pretende di fermare l’oscillazione.
La speranza non è un’aggiunta sentimentale.
È tensione verso un polo non ancora attuale.
È struttura temporale, non zucchero emotivo.
Ridurre tutto a pura razionalità uccide l’esperienza vissuta.
Ma salvare speranze e illusioni come verità ultime uccide la realtà.
La via stretta è questa (e non è comoda):
le illusioni sono necessarie ma transitorie;
le speranze sono motori, non mappe;
il senso non è dato, emerge nell’oscillazione, e può anche spegnersi.
La tua teoria, se vuole essere onesta fino in fondo, deve accettare una cosa scomoda:
l'illusione genera anche auto-inganni vitali. E senza di essi l’umano si ferma.
Quindi no: non si “salvano” le illusioni.
Si salva il diritto dell’essere umano a illudersi senza essere schiavo delle proprie illusioni.
Se vuoi, il punto più radicale è questo:
> una realtà totalmente disincantata sarebbe vera ma invivibile;
una realtà totalmente illusa sarebbe vivibile ma falsa.
La vita accade nel mezzo che oscilla, non in una delle due caricature.
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