venerdì 16 novembre 2012

I cinque impedimenti... e gli altri


Il buddhismo classifica in cinque categorie gli impedimenti alla meditazione: il desiderio, l'avversione, il torpore, l'agitazione e il dubbio. E si tratta  di concetti intuitivi. Se, mentre meditiamo, proviamo un forte desiderio per qualcosa o un forte odio per qualcos'altro, è chiaro che la nostra concentrazione andrà a farsi benedire e che l'attenzione sarà sviata. Lo stesso succede con il torpore e l'agitazione. Quanto al dubbio, se incominciamo a chiederci che cosa stiamo lì a fare e se non sia tutto inutile, non potremo andare avanti. In tutti questi casi, la soluzione è spostare l'attenzione sul nuovo stato d'animo, in modo da indebolirlo e da farlo passar via. Non dobbiamo infatti dimenticare che si tratta comunque di stati d'animo o di pensieri transitori, che presto se ne andranno.
Ma esistono altri impedimenti che sono molto più subdoli, perché sono sostanziati di piacevolezza: la gioia, l'esultanza, la felicità, l'amore, la soddisfazione, l'orgoglio, ecc. Tutti questi stati d'animo non vengono percepiti come ostacoli. Ma in realtà lo sono. Lo sono perché anch'essi sono stai d'animo transitori, che possono abbandonarci da un momento all'altro lasciando magari il posto ai loro contrari. In effetti, nell'illustrazione dei quattro livelli (jhana) della meditazione, viene specificato che i primi sono sostanziati di gioia, ma l'ultimo, il più elevato, supera questo stato d'animo e assume il carattere del distacco e dell'equanimità, un atto di pura coscienza.
Lo scopo della meditazione non è cercare uno stato d'animo euforico, ma avere una mente sempre più chiara e capace di vedere senza condizionamenti sentimentali.

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