Sentiamo spesso raccontare di persone che si sono trovate in coma e che hanno avuto esperienze straordinarie: di solito la visione di un tunnel che porta a una grande luce, oppure la comparsa di persone care o di figure religiose cui si è particolarmente legati. Di solito si tratta di esperienze estatiche: ci si trova al di fuori del corpo, si provano sensazioni di amore e si pace, si odono musiche celestiali, ecc. A dir la verità, qualcuno riferisce anche di esperienze spaventose, di tipo infernale. Insomma, paradiso e inferno vanno a braccetto, come al solito. E, sempre per dirla tutta, se il paradiso era così bello, non si capisce perché quelle persone siano tornate indietro. Che l'eternità annoi dopo pochi minuti? Oppure si tratta di esperienze dell'inconscio?
Comunque, quello che vorrei sottolineare è la presenza delle figure religiose, che guarda caso appartengono alla propria tradizione; per esempio, il cristiano vede apparire Gesù o qualche santo e il buddhista vede apparire le divinità della propria religione. Questo mi fa sospettare che ciò che si vede in simili esperienze NDE (near death experiences) sia ancora un prodotto della mente, anche perché, se qualcuno le racconta, vuol dire che non è veramente morto; ci è andato vicino, ma è ancora vivo.
Non vorrei però mettermi a sottilizzare. Può anche darsi che siano assaggi dell'aldilà, ossia di un'altra dimensione. Morti o non morti, in fondo, l'universo, in tutte le sue dimensioni, non è che un prodotto della mente. Anche la mente è fatta di quella stessa sostanza di cui è fatto tutto. E un pensiero o un sogno sono "reali" come un sasso. Infatti, il nostro modo di pensare è coerente con il nostro modo di fare esperienza, e viceversa. Siamo tutti fatti della stessa sostanza, che però vibra a livelli differenti, dal più grossolano (il nostro mondo con la materia) al più “sottile” (la mente, la coscienza, lo spirito e chissà che altro). Atomi, molecole, particelle sub-atomiche, pianeti, stelle e galassie sono tutte costruite con questa sostanza – che compone anche la nostra mente e che probabilmente compone anche gli altri mondi.
Dunque, noi in un certo senso siamo ciò che pensiamo. Quando dalla dimensione grossolana, materiale, della vita, passiamo a quella più sottile resta il puro contenuto delle nostre menti, e quindi tutto ciò che abbiamo pensato e appreso. In tal senso, anche il nostro “aldilà” è forgiato dai nostri pensieri. Stiamo dunque attenti a ciò in cui crediamo, al paradiso o all'inferno in cui crediamo, al Dio o al Diavolo in cui crediamo, perché rischiamo di ritrovarceli di fronte, come proiezione della nostra stessa mente.
Ognuno in sostanza ha il proprio aldilà... ha l'aldilà che si merita, così come ha l'aldiqua che si merita. Ecco perché è così importante curare la propria mente, e cercare di vedere tutto con un certo distacco, utilizzando un'attenzione il più possibile limpida, equilibrata e decondizionata. Controlliamo i contenuti della nostra coscienza, anche se si tratta di semplici pensieri o immaginazioni. Cerchiamo di esserne consapevoli e di prenderne le distanze. Un giorno potremmo scoprire che le nostre fantasie sono diventate realtà.
Se la nostra interiorità è troppo piena di odi e di passioni, di recriminazioni e di sensi di colpa, di paure e di violenze, un giorno potremmo trovarci a disagio. Insomma, purifichiamoci, depuriamoci, calmiamo i nostri spiriti bollenti (mai espressione fu più appropriata), facciamo diminuire la febbre della malattia che ci affligge.
Questo non è un invito a compensare i pensieri negativi con pensieri positivi, ma ad evadere da un simile dualismo. Se cerchiamo una felicità maggiore, troveremo anche una sofferenza maggiore. Usciamo perciò da questo puerile gioco a dividerci in due.
Abbassiamo i toni (altra espressione indovinata), raffreddiamo la mente, siamo più distaccati e imparziali. E guardiamo le passioni umane per ciò che sono: malattie di crescita.
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