mercoledì 11 settembre 2024

Scienza e spiritualità

 Riporto un'intervista a Federico Faggin, l'inventore del microprocessore, perché anche lui ritiene che la coscienza venga prima della materia, e non viceversa come riteniamo oggi.


Quando si pensa all’esistenza di un possibile legame fra scienza e spiritualità e a una possibile spiegazione scientifica delle esperienze mistiche non può che venire alla mente il nome di Federico Faggin. Il fisico, imprenditore e inventore italostatunitense nato a Vicenza nel 1941, la cui fama internazionale è legata, fra le altre cose, all’aver sviluppato la tecnologia che ha consentito la fabbricazione dei microprocessori e per aver fondato nel 1986 e diretto l’azienda che ideò e produsse i primi touch screen.


Quello che i più non sanno, anche se lo ha raccontato nel libro "Irriducibile" uscito in Italia nel 2022 per Mondadori, che circa trent’anni fa ha vissuto un’esperienza straordinaria di coscienza, che si può certamente definire mistica che, come scrive lui stesso, «conteneva un senso di verità senza precedenti perché era vera a tutti i livelli del mio essere. Su piano fisico il mio corpo era vivo e vibrante come non l’avevo mai sentito prima. A livello emotivo mi percepivo come una potentissima sorgente d’amore e a livello mentale sapevo con certezza che tutto è fatto d’amore. Per la prima volta nella mia vita avevo sperimentato l’esistenza di un’altra dimensione della realtà: il livello spirituale in cui una persona è tutt’uno con il mondo. Una conoscenza diretta, più forte della certezza offerta dalla logica. Una conoscenza da dentro anziché da fuori, che aveva coinvolto tutti gli aspetti della mia coscienza: fisico, emotivo, mentale e spirituale».


Un’esperienza che, come spiega anticipando i contenuti della relazione al convegno “Per una nuova antropologia”, «mi ha rivelato che sono il Tutto che osserva e conosce se stesso con il mio punto di vista. Tale conoscenza era una combinazione di amore, gioia e pace mai provata prima, di una intensità impossibile da immaginare e con un senso profondo di verità del quale non si poteva dubitare. Invece di essere separato dal mondo come credevo e come la scienza ci definisce, ero sia l’osservatore che l’osservato». Una rivelazione che cambia il corso della vita di Faggin e anche la direzione delle sue ricerche scientifiche. Inizia come mai aveva fatto prima a esplorare il suo mondo interiore per metterlo in dialogo col sapere della scienza.


Dopo vent’anni, rivela, «sono arrivato alla sola ipotesi che poteva spiegare la natura della realtà senza negare l’enorme mole di evidenza teorica e sperimentale accumulata dalla scienza. L’ipotesi è che la coscienza e il libero arbitrio devono essere fenomeni quantistici che esistono sin dall’inizio dell’universo. Ma come si fa a trovare evidenza nella scienza stessa per rendere plausibile un’ipotesi che dice esattamente l’opposto di quello che affermano gli scienziati più autorevoli?».


Una domanda essenziale che lo conduce a «dedicarsi interamente» a cercare un contesto concettuale che potesse spiegare «sia il mondo fisico che il mondo interiore, portando luce su aspetti della realtà che la scienza non sa ancora spiegare e allo stesso tempo rendere più comprensibile le stesse teorie fisiche che sono ancora controverse tra i fisici». Insomma, come è scientificamente teorizzabile il fatto che, per dirla con le parole del suo libro, che era stato possibile «mantenere la mia identità nonostante sperimentassi me stesso come fossi il mondo. Mi sentivo “mondo” con il mio punto di vista».


Faggin spiega tutto questo con una teoria della coscienza che utilizza i concetti della fisica quantistica: «La coscienza e il libero arbitrio esistono e sono fenomeni puramente quantistici esistenti in una realtà più vasta di quella che gli strumenti e il corpo umano possono rilevare. Questa realtà si può solo esplorare unendo profondamente scienza e spiritualità e ponendo fine al tragico dualismo che oggi le separa».


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