venerdì 27 settembre 2024

La corrispondenza tra mente e materia

 

Per quanto le neuroscienze cerchino di ridurre la coscienza a un epifenomeno del cervello, non arrivano mai a dimostrarlo.

La domanda cui tutti vorrebbero trovare una risposta è rimasta inevasa: come mai, oltre all’attività neurale (che si osserva), c’è anche la coscienza (che non si osserva)? L’imbarazzo per le neuroscienze nasce dal fatto che, tutt’ora, la nostra coscienza è fatta di cose che non si trovano nell’attività nervosa e, viceversa, quello che succede nel sistema nervoso non richiede né suggerisce la presenza della coscienza.

C' è chi sostiene che il cervello è un meccanismo quantistico, ma la teoria resta da dimostrare ed è un po' fumosa. Resta sempre da spiegare come da un meccanismo fisico, come il cervello, possa venire fuori una coscienza che non è fisica.

Il problema resta sempre quello del rapporto tra spirito e materia. La nostra scienza, dopo aver diviso i due poli, non sa più come unirli.

Non credo che questa sia la via giusta. Bisogna cambiare la domanda; non bisogna cercare nel cervello fisico il segreto della coscienza, ma vedere il cervello come un prodotto di uno stato originale in cui materia e coscienza, esterno e interno, sono uniti… differenziandosi come le due facce di una medaglia.

Piuttosto chiediamoci se la differenziazione è avvenuta una volta nel passato, o se la differenziazione avviene sempre, magari in modo variabile e proporzionale tra le due polarità virtuali.

In questo momento, non so rispondere. Devo pensarci, perché il problema s’intreccia con quello del tempo-coscienza.

Se il tempo è ciclico e non lineare, come sospetto, l’attività di differenziazione dovrebbe essere continua e quindi sempre attuale. Il che ci darebbe delle possibilità incredibili. Perché potremmo vedere la produzione contemporanea di mente e materia. 

Arriveremmo così a scoprire come a un processo mentale corrisponda un processo materiale, e viceversa.

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