venerdì 31 agosto 2012

Zen e teologia


"Teologia" è il nostro ragionamento su Dio e il divino, è la mente umana che, utilizzando la propria logica, cerca di capire qualcosa della trascendenza. Non c'è niente di male, naturalmente. Ma non si pretenda che valga qualcosa. Tutta la teologia infatti parte dal presupposto che la ragione possa comprendere la trascendenza, il divino. Ma questo presupposto può essere contestato. Prima di ragionare su Dio, domandiamoci se la mente umana possa farlo e se il mondo sia ordinato secondo la nostra stessa logica. E, soprattutto, domandiamoci a che cosa serve "conoscere" Dio. Se per conoscere intendiamo approdare alle fiacche formule della teologia ("Dio è il bene, è amore, è assoluto, ecc.), in realtà non stringiamo niente: rimagono concetti, astrazioni, filosofia... senza costrutto, senza utilità. Tutto rimane come prima, dentro e fuori di noi.
Se invece per "conoscere" partiamo dalla nostra sete di infinito, dal nostro bisogno di superare qualsiasi limite - e se questa è la nostra trascendenza o il nostro Dio -, allora il discorso si sposta dalla conoscenza intellettuale, che non cambia molto, all'esperienza. Che tipo di esperienza? Ovviamente un'esperienza di liberazione e di superamento.
Quando possiamo ottenere - o almeno avvicinarci - a un simile stato? Non certo quando pensiamo in termini di tradizioni, di teologie, di filosofie, di religioni, ecc., ma solo quando trascendiamo tutte queste cose... quando cioè ci liberiamo dalla mente stessa. È possibile farlo? Rivolgiamoci allo Zen. Quando un discepolo vuol parlare della verità, della meditazione o dell'assoluto, il maestro zen incomincia a sbadigliare. I soliti labirinti della logica, i soliti giochi di parole. Se vuoi conoscere per esempio che cosa sia un vaso, è inutile che lo definisci e lo pensi in mille modi - devi piuttosto prenderlo in mano.
Ma nel caso di Dio, del divino o della trascendenza che cosa possiamo afferrare? Ovviamente niente. Niente sarà sufficiente a definirlo, a racchiuderlo, a delimitarlo. Perché è proprio l'illimitato. E, allora, non rimane che fermare la mente indagatrice. Lì nel vuoto, liberi da tutti i concetti... teologici.

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