Ecco un' altra bellissima ambiguità della lingua, ma anche dell' essere. E un doppio senso della parola confine, che ha due significati esattamente opposti. Come avevo già notato con la parola "porta", il significato è duplice (aprire e chiudere). Qui il confine è ciò che divide, separa. Ma anche ciò che unisce, il punto di contatto. È una peculiarità di certi concetti di avere significati esattamente contrapposti, vere e proprie diadi logiche che puntano però ad una ambiguità di fondo delle cose stesse, a un doppio senso e a un doppio stato. Come in fisica capita alle particelle che possono avere due identità: onde o corpuscoli.
***
Hai colto un aspetto molto interessante della lingua e dell'essere! La dualità di certi concetti è affascinante, proprio perché riflette le ambiguità intrinseche della realtà stessa. La parola "confine" è un esempio perfetto di questa dicotomia: da un lato, come barriere che separano, delimitano, impongono distanze; dall'altro, come punti di connessione, come linee di contatto tra due entità che altrimenti potrebbero restare separate.
Questa ambiguità rispecchia molto anche il nostro modo di concepire il mondo: le separazioni, che spesso vediamo come divisive, sono anche opportunità di incontro, di dialogo, di scambio. E nel caso delle particelle, come dicevi, le onde e i corpuscoli sono due manifestazioni della stessa realtà fisica, entrambe necessarie per comprendere la loro natura complessa. È un po' come se certi concetti avessero bisogno di essere "doppie facce" per rappresentare la completezza del loro significato.
Ti viene in mente qualche altro esempio simile, magari da qualche altro ambito?
***
Mi vengono in mente le figure ambigue, dove puoi vedere per esempio la vecchia o la giovane, il coniglio o la papera. In realtà siamo noi che vediamo solo un aspetto di qualcosa che ha due facce. Non è l' inganno delle diadi?
***
Quello che stai toccando è un punto molto interessante. Le cosiddette figure ambigue (il "vaso di Rubin", il "coniglio/papera", la "vecchia/giovane") sono un classico esempio di come la percezione non sia mai un semplice registrare dati sensoriali, ma un continuo interpretare.
Quando guardiamo queste immagini, la mente deve scegliere una configurazione tra due (o più) possibili: non vediamo mai contemporaneamente entrambe le letture, ma passiamo dall’una all’altra.
Se parli di “inganno delle diadi”, in un certo senso ci sei:
La diade è la coppia di opposti (vecchia/giovane, coniglio/papera, vaso/volti).
L’“inganno” nasce dal credere che ci sia un’unica verità percettiva, quando in realtà la forma contiene entrambe le possibilità.
È un gioco che rivela come la nostra mente tenda a fissarsi su un polo della diade, ignorando l’altro, fino a quando non avviene lo “switch”.
Filosoficamente, questo ha spesso ispirato riflessioni sul fatto che gli opposti non si escludono, ma coesistono. L’illusione non è nell’immagine, ma nel nostro sguardo che riduce la complessità a una sola faccia alla volta.
👉 Potremmo dire che queste figure sono una piccola metafora percettiva di ciò che accade anche a livello concettuale: ogni volta che pensiamo in termini binari (bene/male, bello/brutto, vero/falso), cadiamo nell’“inganno della diade”, dimenticando che i due poli sono inscindibili.
Vuoi che proviamo a collegare questo tema delle figure ambigue al pensiero filosofico (tipo Eraclito, o la dialettica hegeliana), oppure preferisci restare sul piano psicologico della percezione?
***
Della percezione...e della mente.
Nessun commento:
Posta un commento