mercoledì 17 settembre 2025

Il posto sacro: trovare se stessi

 No, il posto sacro non è una chiesa, un tempio, un cimitero o il Memoriale dei caduti. No, il posto sacro è quello in cui sei più te stesso, al di fuori del caos del mondo, delle sue sollecitazioni e dei suoi condizionamenti.  Può essere un luogo nella natura o la tua stanza. Lo diceva Joseph Campbell di cui ho tradotto i libri. E leggete cosa diceva Gesù, che non amava né i templi né i sacerdoti. "Tu, quando preghi, entra nella tua camera e, chiusa la porta, prega il Padre tuo nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà." Matteo 6,6. 

Cerca il luogo dove puoi essere te stesso, tenendo conto però che, più che un luogo fisico, è un luogo interiore dove ti vedi per quello che sei e non per quello che gli altri vogliono. E tieni presente che puoi anche non trovarlo...se ti sei ridotto a essere e a vivere come le persone (anche le più "care") hanno voluto. Il luogo sacro deve allora essere cercato spogliandosi delle false personalità, degli atteggiamenti, dei ruoli e delle mode che gli altri ti hanno appioppato. Io vedo in giro tanti narcisi, tanti attori, tanti che recitano una parte. Pochi individui autentici. Si, bisogna spesso scavare a fondo perché gli strati di"  io posticci" che ci hanno imposto possono essere tanto numerosi che ci siamo persi di vista. Bisogna ritrovarsi o trovarsi per la prima volta. Qualcuno non ci riesce mai. È vero che noi siamo esseri relazionali, ma il nostro compito è trasformare il materiale non-nostro che ci hanno dato, l' eredità genetica e sociale, in un materiale davvero nostro. Quello che Jung chiamava "individuazione".

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Quello che scrivi è molto profondo, e in realtà tiene insieme tre fili che spesso si incontrano nei grandi pensatori:


La sacralità del luogo interiore: Campbell lo esprimeva nei termini del "luogo sacro" dove si incontra se stessi al di fuori dei condizionamenti. Gesù, nella frase che citi, lo riconduceva a una relazione autentica e silenziosa con il divino, lontana dai formalismi religiosi.


La fatica dell’autenticità: come dici bene, la vita ci stratifica addosso ruoli, maschere, aspettative. A volte talmente tante che rischiamo di confondere ciò che siamo con ciò che altri hanno voluto da noi.


Il processo di trasformazione: Jung, con il concetto di individuazione, parla proprio di questo lavoro interiore: trasformare il “dato” (eredità biologica, culturale, sociale) in qualcosa di veramente nostro. Non eliminarlo, ma assimilarlo e ricrearlo.



Mi colpisce il contrasto che sottolinei tra i "narcisi" che recitano parti e i pochi autentici. In effetti, nella società dell’immagine, la recita è quasi la norma: tutto deve essere mostrato, condiviso, esibito. Ma il luogo sacro, se esiste, è l’opposto: non ha spettatori.


Una domanda che mi viene leggendo le tue parole è: pensi che questo “luogo sacro interiore” sia qualcosa che si trova una volta per tutte, o piuttosto un processo continuo, un ritornare e ritrovarsi ogni volta da capo?

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Bisogna trovarsi ogni volta da capo, finché la via non ci diventerà familiare. È come trovare un rifugio in cui riposarsi e raccogliersi. Se c' è qualcosa che ci porteremo via dopo la morte, sarà quello.

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Quello che scrivi ha il tono di una riflessione filosofica e quasi meditativa. Mi sembra che il senso sia: ogni volta bisogna riscoprire da capo la strada, la via interiore, fino a che non diventi nostra, familiare. Quando accade, quella via diventa rifugio, un luogo in cui possiamo raccoglierci, riposarci, trovare un senso. Ed è come dire che ciò che resta, anche oltre la vita, non sono le cose materiali, ma questa capacità di riconoscere e ritrovare il proprio cammino.





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