“Attendiamo sempre, e la
vita è passata”
Pierre de Nolhac
Se ci fate caso, siamo sempre in attesa di qualcosa:
di una promozione, di un successo, di un amore, di una novità, di un’occasione,
di un colpo di fortuna, di una notizia, di un esame, di una sconfitta, di una
perdita, del domani, di un cambiamento, della vecchiaia, della morte, di Dio,
dell’illuminazione… Noi attendiamo e, intanto, l’esistenza si consuma. In
fondo, spesso la vita è ciò che ci capita mentre attendiamo qualcosa che non si
verifica mai o che non si verifica come ce l’eravamo immaginati… tra un sogno e
l’altro, tra un ricordo e l’altro, tra una speranza e l’altra. Alcuni ritengono
che la vita sia esattamente questo: ingannare l’attesa.
“ Se si costruisse la casa della felicità, la stanza più grande sarebbe
la sala d’attesa”
Jules Renard
Ambrose Bierce sosteneva che l’aspettativa è
“lo stato o la condizione di spirito che, nel processo delle emozioni umane, è
preceduto dalla speranza e seguito dalla disperazione.” Ma questa è una visione
pessimistica: se siamo in attesa, per esempio, di un esame, scolastico,
lavorativo o clinico, passerà un po’ di tempo, però, alla fine, l’esito
arriverà… e sarà quel che sarà. Tutte le nostre congetture verranno spazzate
via in un attimo dall’irrompere della realtà. E, allora, potremo verificare se
la nostra mente, anticipando e fantasticando, aveva lavorato bene o male.
“Ci si aspetta di tutto, ma non si è mai preparati a
nulla”
Anne Sophie Swetchine
Scriveva su questo
argomento Gaspare Gozzi: “Ho veduto alcuni a temere e a dolersi non solo di
cose presenti, ma cotanto ingegnosi che ingrandiscono con la fantasia tutto
quello che deve essere di qui a un mese o di qui a due o più in là ancora, e
starsi in perpetua malinconia di quello che non è e che non sarà forse mai”. E
aggiungeva un consiglio sul come regolarsi nell’attesa: “Il tempo passato mi
pare che sia la regola migliore per governarsi nell’avvenire. Tutte le calamità
avvenute sono più certe di quelle che debbono succedere e tuttavia le son
trascorse, e tu se’ vivo e sano, e le ti servono oggidì di argomento per intrattenere
altrui ragionando e forse per ridere”.
Però ci sono avvenimenti che non si verificano mai. E
allora l’attesa diventa il tempo della nostra stessa vita, una forma di
desiderio che non si soddisfa mai, qualcosa di molto simile a un sogno. Se io sogno
un riscatto sociale, la ricchezza o un riconoscimento, può darsi che questo non
si verifichi mai. Ecco perché bisogna abituarsi a vivere nell’attesa, come se
ci trovassimo in una sala d’aspetto delle ferrovie; aspettiamo un treno che
chissà quando - o se mai - arriverà.
“Cavallo, no morir
che bell’erba ha da vegnir”
Carlo
Goldoni, Il
campiello
Quindi, nell’attesa, bisogna vivere e adattarsi. E questa
è proprio la nostra esistenza di tutti i giorni, quella in cui lavoriamo, ci
sposiamo e facciamo figli. Non tutte le attese sono premiate. E qualcuna, tutto
sommato, è bene che non si realizzi mai, perché talvolta è molto più gradevole
il piacere dell’attesa che il compimento stesso del nostro desiderio. Per
questa ragione Lessing diceva che “l'attesa del piacere è essa stessa un
piacere.”
“Vivete dunque e siate felici, figli prediletti del mio cuore, e non
dimenticate mai che, fino al giorno in cui Iddio si degnerà di svelare all’uomo
l’avvenire, tutta l’umana saggezza sarà riposta in queste due parole: aspettare
e sperare”
Alexandre Dumas, Il
conte di Montecristo
Ma, per lo stesso meccanismo, anche l’attesa di un male
può essere più angosciosa del male stesso.
“E l’aspettar del male è mal peggiore,
forse, che non parrebbe il mal presente”
Torquato
Tasso, Gerusalemme liberata
Qualche
volta l’attesa è necessaria alla maturazione del desiderio, che, come un buon
vino, più invecchia più diventa di qualità. “Non vi pentirete mai di aver
aspettato, potreste pentirvi cento volte di aver fatto troppo presto” avvertiva
Paolo Mantegazza. Un proverbio italiano dice che “chi non attende, non intende”.
Ma altre volte un’attesa troppo protratta fa marcire il desiderio stesso, come
un fiore che, per essere stato troppo lento a fiorire, finisce per appassire
sulla pianta.
“Non riuscirai mai a soddisfare
un'attesa”
Goethe
Come tutte le cose di questo mondo,
l’attesa è ambigua: è imparentata da una parte con il desiderio e con la gioia
e dall’altra parte con la noia e con l’ansia. Tutto dipende da chi o da che
cosa si attende e da quanto tempo si attende. Infatti, se il tempo dell’attesa
è troppo lungo, forse non ne vale nemmeno la pena. Ecco perché Ugo Ojetti,
invitava a darsi una mossa: “Non aspettare che il vento gonfi la vela della tua
fortuna. Soffiaci dentro te”.
C’è dunque una vera e propria arte
di aspettare, un’arte che si avvicina a quella della pazienza. Rabelais diceva
che “tutto viene a taglio per chi sa aspettare.” E, in effetti, aspettare
qualcosa è già qualcosa di positivo, perché se non altro alimenta la speranza.
L’importante è non fare dell’attesa il fine della nostra esistenza. Sosteneva
Pascal: “Noi non cerchiamo mai le cose, ma la ricerca delle cose; non viviamo
mai nel presente, ma in attesa del futuro”.
In
realtà, qualcuno - per esempio Cesare Pavese - faceva notare come la cosa più
terribile non sia aspettare, ma non aspettarsi più niente. Quando non si
attende più, non abbiamo più speranze e questo ci porta a una condizione di
depressione. Ma qualcosa si può continuare ad aspettare, magari un sorso
d’acqua, una giornata di sole o una fine indolore. “Sapere che non si ha più
alcuna speranza non impedisce di continuare ad aspettare” sosteneva giustamente
Marcel Proust.
Piuttosto
pessimisticamente Bram Stoker, l’autore di Dracula,
scriveva: “La vita in fondo cos'è? Solo l'attesa di qualcosa d'altro. E la
morte l'unica cosa che possiamo essere sicuri che viene”. Però non è nemmeno il
caso farsi prendere dai pensieri neri. Ogni giorno c’è in fondo qualche cosa di
nuovo che può accadere, grande o piccola che sia. E, pur attendendo, è meglio
gustarsi il presente – questa è saggezza.
“L'attesa è una freccia che vola
e che resta conficcata nel bersaglio. La realizzazione dell'attesa è una
freccia che oltrepassa il bersaglio”
Søren Kierkegaard