lunedì 14 novembre 2022

La gioia della morte

 

Ho visto un film dove si faceva passare la guarigione di un bambino annegato in un miracolo e se ne faceva propaganda religiosa : basta aver fede e pregare perché la vita risorga. Per questa mentalità infantile, Dio sarebbe un potente Padre amorevole che, sollecitato dalla fede di molti, farebbe miracoli e farebbe guarire un bambino già morto. Niente di meno. Peccato che subito dopo il telegiornale desse notizie di attentati e guerre in cui i bambini e gli adulti morivano in gran quantità, senza nessun miracolo.

Dunque Dio, per la mentalità religiosa, è un Essere che salva un bambino, ma ne lascia morire migliaia di altri. Per tutti gli altri non ci sono miracoli, ci sono non-miracoli.

Lo stesso può dirsi per Gesù o per altri uomini santi. Salvano qualcuno. Ma lasciano morire tutti gli altri.

Suprema ingiustizia o suprema trascuratezza? Lazzaro sarà anche risorto. Ma poi sarà dovuto ri-morire.

Ora, secondo voi, ci sono più miracoli o non-miracoli?

La mente umana è fatta così. Molto semplice. Non si avvede della sua stessa ingenuità e sogna sempre Dei, miracoli, Padri e Madri divine, Spiriti Santi e spera nelle preghiere e nelle invocazioni. Recentemente hanno scoperto in Toscana, in una fonte “sacra” 24 statuette votive. Lì si pregava e ci si immergeva nelle acque miracolose, come oggi si fa a Lourdes o un tempo si faceva nei santuari greci o orientali.

Cambiano i tempi, ma si fanno sempre le stesse cose… le stesse illusioni. Siamo così disperati che dobbiamo invocare divinità cui diamo nomi differenti nel corso dei secoli o millenni.

La mente umana vorrebbe sperimentare il trascendente, l’inconoscibile, ma segue sempre certe linee. Si basa sul passato, su ciò che ha accumulato. E quindi non può conoscere il nuovo. Non può conoscere l’incondizionato. Ne ha anche paura.

In tal senso il pensiero è il problema. Non possiamo pensare l’impensabile.

Quindi rimaniamo nei limiti del vecchio e delle sue categorie. Anche nel caso della religione.

Invece l’unica religione dovrebbe essere aprirsi all’incondizionato, al trascendente. Non immaginarci un Dio fatto a nostra immagine e somiglianza, un personaggetto da commedia, che interviene per aiutare qualcuno e basta.

Dio è la forza del mondo ed è dappertutto. È la vita, ma anche la morte.

In un poema sumero, anteriore alle visioni antropomorfe della Bibbia, Gilgamesh, un eroico re, accusa chiaramente gli dei, che hanno per se stessi l’immortalità, ma che hanno riservato la morte agli esseri umani.

Ma la morte serve proprio a questo, a creare il nuovo, a chiudere con il passato, ad avere una nuova mente e una nuova vita.

La morte è una liberazione, la vera liberazione. E può essere una gioia.

 Perciò, tutti coloro che operano per conservare a tutti i costi la vita, questa vita, non sanno quel che fanno.

Nessun commento:

Posta un commento