mercoledì 14 dicembre 2022

La via della luce

 

La meditazione ripercorre per certi versi il cammino della morte, ed è per questo che è così importante praticarla in vita. Si tratta di un addestramento a riconoscere la luminosità fondamentale della consapevolezza che ci apparirà al momento della morte quando il corpo e la mente saranno spenti. Non per nulla ci si allena anche a non respirare e ad estinguere i pensieri e gli stati d’animo fastidiosi. Questo succederà anche al momento della morte, quando il corpo e la mente abituale non funzioneranno più.

Ciò che apparirà è la luminosità fondamentale della coscienza, qualcosa che possiamo sperimentare già adesso se sospendiamo in meditazione il corpo-respiro e la coscienza dei fenomeni del mondo. Ho già detto che tra un atto mentale e l’altro esiste un breve istante in cui trapela il nulla, la vacuità, che in realtà ha un aspetto luminoso.

A questa luminosità ci si riferisce in numerose testimonianze di chi è stato sul punto di morire. Di solito, si interpreta questa luminosità come l’espressione del dio in cui si è creduto. Ma, in realtà, è la luce fondamentale della mente che emerge quando tutte le attività psicofisiche si sono fermate.

Infatti la consapevolezza ultima non è più legata agli oggetti, al corpo, alle esperienze contingenti, alla coscienza abituale o al cervello fisico, ma è esattamente la base da cui tutto ciò è nato. È una vacuità o un nulla pieno di potenzialità, un dio senza volto, la forza creatrice che non termina certo per la morte di qualcuno, ma che prosegue ad esserci anche al di là.

Dunque non resta che addestrarci a meditare, cioè a provare a morire. Anche se non ci riusciremo concretamente o completamente, l’esercizio ci aiuterà al momento effettivo della morte. Abituiamo a vedere la luminosità fondamentale negli intervalli di vuoto.

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