La meditazione è come un seme che va piantato e che a poco a poco
darà i suoi frutti sbocciando in una nuova consapevolezza e capovolgendo il
nostro punto di vista sull’esistenza.
Si può infatti inneggiare allo stato di coscienza che ci ha portato
a vivere l’attuale esistenza incarnata in un corpo e un ego. Ma resta il fatto
che la vita e il mondo sono fondati su una specie di avidità metafisica. Ciò
che noi chiamiamo “amore” (per sé, per gli altri e per tutto), ossia il
desiderio di vivere e di riprodursi, è in realtà una forma di attaccamento. Non
solo vogliamo vivere, ma vogliamo anche perpetuarci in una catena di figli e di
opere… disconoscendo il carattere effimero del cosmo.
La vita è desiderio avido di essere, di avere e di possedere, non
un principio tanto elevato.
Se meditiamo a fondo, ci rendiamo conto che siamo caduti vittima
di un abbaglio, di una drammatica illusione. Cercavamo chissà che, cercavamo
gioia e realizzazione, ma abbiamo trovato insoddisfazione e ostacoli di ogni
genere.
Forse allora possiamo uscire dall’equivoco scoprendo che c’è un
altro modo di giudicare l’esistenza e di ragionare su una identità meno
precaria.
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