giovedì 7 marzo 2013
I martiri
Ascoltavo una trasmissione alla radio in cui il conduttore, con voce velata dalla commozione, ha detto che quando si parla di cristianesimo bisogna tener conto che si tratta di una religione per cui centinaia o migliaia di persone hanno dato la vita, ai tempi dei martiri (e qualcuno ancora oggi). Ma questo che significa? Non è un titolo di merito: si può dare la vita anche per cause sbagliate o negative. Anche il terrorismo, la mafia e i nazisti hanno i loro martiri; ma non per questo sono cause buone. Senza contare che i cristiani, dopo essere stati perseguitati per tre secoli, hanno poi perseguitato per diciassette secoli tutti gli altri. È antipatico fare una conta dei morti ammazzati. Ma forse i martiri dei primi tre secoli sono molto inferiori per numero ai martiri fatti dal cristianesimo in tutta la sua storia. Provate a sommare le vittime delle persecuzioni cristiane verso pagani ed ebrei, delle guerre contro gli albigesi o i catari, delle crociate, dei tribunali dell'Inquisizione, della "caccia alle streghe", ossia a donne che semplicemente si ribellavano al dominio maschilista o volevano seguire loro culti, e vedrete che il numero è spaventoso. Non si può dire che il cristianesimo abbia brillato per tolleranza o per mitezza. E non parliamo delle vittime fatte dalle conquiste "evangelizzatrici" in Africa, in America Latina e in Asia. Lasciamo perdere.
Qunidi piantiamola con questa storia dei martiri. Tutte le religioni e tutte le cause, buone e cattive, hanno i loro martiri. Ma questo non le nobilita.
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