giovedì 31 maggio 2012
Paradisi artificiali
Le religioni ci illudono con i loro paradisi, concepiti sui nostri desideri. Nel paradiso musulmano ci sono le huri, bellissime vergini a disposizione degli uomini, e nel paradiso induista ci sono le apsara, fanciulle di sedici anni, anche loro a disposizione delle voglie maschili (le voglie femminili non sono contemplate). Nel paradiso cristiano no, non si fa sesso. Lì si è come fratelli e sorelle. E come si passa il tempo? Non si fa nulla, si contempla Dio. Niente cambia, tutto è immobile. Insomma una noia mortale, un incubo.
In effetti noi non vogliamo e non sperimentiamo l'immobilità. Noi siamo esseri in continua trasformazione. Perché questa è la realtà: un'evoluzione, una trasformazione che non si ferma mai. Come eravamo a tre mesi nel ventre materno? E a tre anni, a tredici, a trenta o a quaranta? Quanto siamo cambiati! E con noi cambia e si evolve ogni cosa e l'universo intero. L'ultima trasformazione sarà la morte, che ci porterà ad un altro stato, ma non al nulla. Infatti, nulla nasce e nulla muore, ma tutto si trasforma.
Ciò che rimarrà sarà il nucleo della nostra consapevolezza, se l'avremo abbastanza sviluppata nella meditazione profonda.
mercoledì 30 maggio 2012
Vedere la verità
Vedere e pensare sono due cose completamente diverse. Quando si pensa un tramonto, in realtà non lo si vede direttamente, ma lo si guarda mediato dalla mente. Viceversa, quando si vede un tramonto, non lo si pensa. Il pensiero introduce nell'apprensione una mediazione che è come un velo disteso sulla realtà, una deformazione. Ecco perché meditare è più un vedere che un pensare; ed ecco perché si consiglia di fare il più possibile il vuoto mentale. Non si tratta di non pensare a nulla, ma di non interporre le categorie mentali a ciò che si vede direttamente. Questo vale per il tramonto, ma anche per la verità.
Molti credono che la verità sia qualcosa di oggettivo e possa essere comunicata a parole. Ragion per cui, se io trovo la verità, ve la posso comunicare a parole - e voi ve la potete prendere e apprendere senza scomodarvi. Ma la verità è più simile a un'esperienza soggettiva e quindi non può essere comunicata. Io posso anche dirvi quale sia la verità. Ma voi non potrete apprenderla fino a che non ne farete un'esperienza personale.
C'è un unico modo per cogliere la verità: la propria consapevolezza.
Per esempio, un vecchio sopravvissuto al recente terremoto in Emilia, che ha distrutto case, chiese e fabbriche, ha dichiarato alla televisione: "Ho capito in un istante che siamo come foglie: un attimo ci siamo e un attimo dopo siamo spazzati via". Ecco una verità percepita con assoluta evidenza, non semplicemente pensata.
Naturalmente, il sopravvissuto poteva arrivarci anche prima, come è successo ad altre persone sensibili. Noi crediamo di basare la nostra vita su qualcosa di solido: una casa, una famiglia, un patrimonio... ma tutto ci può essere tolto in un istante. Niente è solido, niente è certo, niente è durevole. Questo è un dato di fatto, una realtà, una verità, di cui dobbiamo fare esperienza. Non basta leggere libri o ascoltare le esperienze altrui. Nel momento in cui ne facciamo esperienza, la verità è inoppugnabile.
I sobillatori
Quando Gesù si mise a predicare, la maggioranza degli ebrei non lo riconobbe come il Messia e, alla fine, i capi religiosi e politici decisero di eliminarlo considerandolo un pericoloso sobillatore. Ma, se tornasse oggi, avrebbe lo stesso destino. Solo che sarebbe un cristiano e sarebbe messo a morte in Vaticano (magari con un caffè al cianuro) dagli immancabili capi religiosi e politici, che lo considererebbero un... pericoloso sobillatore. Tutti coloro che vogliono svegliare la coscienza della gente vengono fatti fuori in questo modo perché vengono giudicati dai benpensanti dell'epoca dei disturbatori: la gente non vuole essere svegliata - vuole continuare a dormire sonni tranquilli. Solo una minoranza di individui incomincia a sviluppare un bisogno di maggior consapevolezza.
Il Dio dell'ignoranza
Quanto male ha fatto quel mito del Paradiso Terrestre che è il fondamento delle tre religioni più infuenti del mondo: il giudaismo, il cristianesimo e l'islam! Dio ordina ad Adamo e ad Eva di non cogliere i frutti di due alberi (il che è già un invito alla trasgressione): l'albero della conoscenza e l'albero della vita. Ma chi di noi non vorrebbe che i suoi figli cogliessero i frutti di questi due alberi, la conoscenza e l'eternità? Insomma il Dio biblico è un Dio che invita all'ignoranza, ed quindi il prototipo del prete oscurantista e politicante che vuole dominare mantenendo nell'ignoranza il popolo. E se questa è la base ideologica delle tre maggiori religioni, capiamo perché il mondo è quello che è.
Insegnamenti sbagliati
Gesù dice: "Non essere violento; anzi, se qualcuno ti colpisce su una guancia, tu porgigli anche l'altra". Ma, così facendo, il violento sarà incoraggiato sempre di più e alla fine arriverà a dominare la società. Cosa che è avvenuta. Gesù dice anche: "Se porgerai l'altra guancia, erediterai il regno di Dio". Ma tutti abbiamo già ereditato il "regno di Dio"... dal momento che ci viviamo proprio adesso. Non c'è bisogno di ereditarlo una seconda volta; la vita e la coscienza sono già doni divini. Semmai si tratta di conservarlo e di approfondirlo. E questo è possibile se manteniamo un atteggiamento meditativo, basato sul potenziamento della consapevolezza. Ma, di fronte al violento, dobbiamo reagire con forza; altrimenti la terra sarà in balia dei furbi, degli sfruttatori e dei violenti.
sabato 26 maggio 2012
Assenza di io
L'ego vorrebbe che tutte le cose fossero immutabili. Ma si sa: l'ego è egocentrico per definizione. Ed è anche stupido. Perché se tutte le cose fossero immutabili, anche la sofferenza lo sarebbe. "Senza di me non c'è nulla" afferma pomposamente. "Senza di me, non ci sarebbe vita."
Ma non è così: talvolta è una vita migliore.Quando vi innamorate, siete senza io. Quando ammirate un'opera d'arte, c'è assenza di ego. Quando contemplate un tramonto o un arcobaleno, per qualche istante vi dimenticate dell'ego. Quando ricevete un brutto colpo, rimanete senza fiato e senza io. Quando perdiamo la testa, nel bene o nel male, c'è assenza di ego. Quando veniamo sorpresi da qualcosa, scompare l'io. Alla fine di ogni espirazione, c'è un istante quasi impercettibile di assenza di io...
In tutti questi casi possiamo renderci conto di come l'io abituale, la mente abituale, rimanga bloccata. All'improvviso, davanti a noi, uno spazio sterminato, un vuoto. Troppo spesso ne abbiamo paura e fuggiamo. Oppure trattiamo l'esperienza con la solita superficialità. Ma nella meditazione abbiamo la prova che l'ego può essere trasceso per raggiungere stati di illuminazione.
Opere di carità
Talvolta, quando ci buttiamo ad aiutare gli altri, lo facciamo perché non riusciamo più ad aiutare noi stessi. Crediamo di non poter più raggiungere grandi risultati con noi stessi, su noi stessi, e quindi evitiamo il senso di fallimento mettendoci al servizio degli altri. Così nascono molti missionari o uomini di opere pie. Ma siamo come ciechi che cercano di aiutare altri ciechi. Dobbiamo prima vedere noi stessi e cercare di realizzare noi stessi; solo a quel punto potremo aiutare gli altri. Altrimenti può trattarsi dell'ennesima via di fuga dal confronto con noi stessi. Perché la meditazione è essenzialmente un vedere.
Pur di non riconoscere certe parti di noi stessi, ci buttiamo nell'azione, ci buttiamo ad aiutare gli altri. Anche la carità, la compassione e l'impegno sociale possono essere forme di alienazione. Ci occupiamo delle sofferenze altrui per sfuggire ai nostri fallimenti, alle nostre incapacità. Ma esse rimangono lì, insoddisfatte.
venerdì 25 maggio 2012
Istruzioni per meditare
Per meditare non ci vuole molto, ma ci vogliono pazienza e determinazione. Bisogna partire da uno stato di calma, di lucidità, di concentrazione e di inattività, soprattutto mentale. Poi si deve dirigere l'attenzione su un unico punto (non necessariamente fisico) e mantenerla ferma il più possibile, escludendo pensieri e stati d'animo estranei. Quando ci si distrae, se ne prende nota e si ritorna daccapo. Per facilitare l'operazione conviene tener conto del respiro.
La meditazione è facile e difficile al tempo stesso (molto dipende dalle capacità individuali e dall'ispirazione) e la pratica va continuamente ripetuta, più volte al giorno e tutti i giorni. La sua lunghezza è meno importante dell'intensità.
Non bisogna aspettarsi subito dei risultati. Ma, se si persevera, questi arriveranno e saranno superiori alle aspettative, perché bisogna tener presente (anche durante la pratica) che il Sé con cui ci mettiamo in comunicazione coincide da ultimo con la fonte di ogni cosa.
Chi ha orecchi per intendere intenda.
La sorgente
Non confondiamo la meditazione con qualche forma di psicoterapia. La psicoterapia è utile e può aiutare a vivere meglio. Ma ha l'illusione di potere risanare l'io diviso. Invece la meditazione cerca di mettere da parte l'io psicologico e trascenderlo. Cerca il Sé, non un ego riveduto e corretto. Cerca insomma di uscire dal contingente per raggiungere la fonte. Lì c'è un posto tranquillo, al di fuori delle divisioni e delle contraddizioni. Lì la mente tace e contempla con meraviglia. Lì c'è la vera salute.
Pseudoreligioni
Le religioni che attualmente dominano il mondo (cristianesimo, islam, induismo, ecc.) hanno il grande torto di consegnare all'umanità un'immagine preconfezionata del divino, col che impediscono, inibiscono e scoraggiano la ricerca individuale. Ma una verità che non sia stata cercata e trovata personalmente non vale nulla... non è verità.
martedì 22 maggio 2012
L'impermanenza
Non c'è bisogno di studiare filosofia per riconoscere il fatto che tutto cambia di continuo. E non è il caso di farsene spaventare. Abbiamo paura che le cose finiscano? Ma le cose hanno tutte un inizio e una fine, lo sappiamo bene. Se una pianta appassisce, è il segno dell'impermanenza; e così se fiorisce. Se l'automobile si guasta e si ferma, è il segno dell'impermanenza. Se qualcuno muore è il segno dell'impermanenza; e così se qualcuno nasce. Se arriva la vecchiaia, è il segno dell'impermanenza. Se perdiamo un amore, è il segno dell'impermanenza; e così se fiorisce un amore. Se ci rubano il portafoglio, è il segno dell'impermanenza... E così via, gli esempi sono infiniti. Ogni attimo che passa è il segno dell'impermanenza.
Il punto è riconoscere l'impermanenza come un dato di fatto, non come una disgrazia. È la vita stessa che richiede l'impermanenza delle cose. Perciò, anziché disperarci e tentare di rendere fissa ogni cosa, riconosciamo che l'impermanenza è il motore del mondo, nel bene e nel male. Se non ci fosse l'impermanenza, come usciremmo dalla sofferenza, dal lutto e dalla perdita?
Questa constatazione dovrebbe aiutarci ad apprezzare di più la preziosità del momento presente, qualunque essa sia. Sia che l'esperienza sia positiva sia che sia negativa.
La solitudine
Quando ci sentiamo soli, anziché cercare di stare con la solitudine, cerchiamo subito di metterci una pezza. Siamo assaliti da un senso di malessere, di inquietudine, di noia o di frenesia e ci mettiamo a desiderare di fare qualcosa o di trovare qualcuno che ci faccia compagnia, di muoverci, di partire, di mangiare, di bere, di fumare, di accendere la televisione, di telefonare, di leggere, ecc., e, se non troviamo niente da fare, stiamo sulle spine. Ma in realtà non c'è niente di sbagliato nella solitudine, non c'è una minaccia alla nostra salute, non c'è una colpa o punizione divina. Quindi non dobbiamo cercare ad ogni costo di fare qualcosa o di trovare qualcuno. Può essere anzi un'occasione per stare lì, nel presente, godendoci questa condizione. Calmiamoci, rilassiamoci: non abbiamo nessun dovere di cambiare lo stato d'animo. La solitudine è un'esperienza come tutte le altre, non qualcosa da evitare. Perché dunque non approfittarne per viverla in tutta la sua immediatezza? Anziché tenderci per il desiderio di uscirne, perché non assaporarla nella sua freschezza e autenticità? Niente è più favorevole alla meditazione.
lunedì 21 maggio 2012
La non-fede
Siamo abituati a pensare che aver fede in Dio sia una fortuna, perché significa credere che ci sia sempre qualcuno, là fuori o lassù in alto, pronto a darci una mano. Una specie di baby-sitter o di padre-madre eterno.
Ma questa visione infantile non corrisponde alla realtà. Quando saremo in difficoltà, non scenderà nessuna mano dal cielo ad aiutarci; tutt'al più ci aiuterà la nostra fede che ci sia, perché ci darà un po' di pace. È la fede che ci aiuta, non Dio.
Tuttavia la non-fede è meglio. La non-fede ci abitua a non aspettarci aiuti o protezioni ultraterrene, ma a guardare in faccia la situazione senza scappare per la tangente, senza farci prendere dal panico. Dato che il mondo è tondo e gira sia intorno al sole sia su se stesso - come volete che possa esserci qualcosa di stabile e di sicuro? Come volete che le difficoltà non si abbattano su di voi?
Meglio uscire dalle illusioni e imparare a guardare in faccia la realtà e a rilassarci nel bel mezzo della tempesta. E non sperare che qualche baby-sitter ci faccia uscire dalla tempesta. La tempesta fa parte della vita, a prescindere la fatto che siamo buoni o cattivi, e passerà. È quando abbondoniamo il bisogno della bay-sitter che incominciamo a crescere, e ci facciamo coraggio.
La ricerca della felicità
Se volete la felicità, non mettetevi a inseguirla, non la cercate. La felicità ama nascondersi fra le pieghe dell'infelicità. È come l'ombra: più la inseguite, più vi sfugge.
Accettate piuttosto di vivere tra incertezze, insuccessi, sentimenti contraddittori, vittorie apparenti e sofferenze. Tutto è provvisorio, tutto passa. Cercate piuttosto le cose vere, semplici, essenziali. Allora tutto il resto vi sarà dato in sovrappiù.
Se cercate ciò che è autentico, anche le sofferenze, le perdite e le crisi saranno momenti di illuminazione, saranno momenti di ammaestramento.
Quando le cose ci vanno male, non affidiamoci né alle speranze né alle paure. Restiamo lì, nel presente.
Il problema non è fuggire qualcosa o sforzarsi di più, ma guardare in faccia la vita, la confusione, i problemi, le paure. Talvolta siamo così impegnati a combattere o a migliorarci che ci dimentichiamo di vivere.
Abbiamo osservato il cielo oggi?
La via di mezzo
Ci sono vari modi per interpretare la via di "mezzo buddhista", ossia un comportamento che non preveda né eccessivi rigori né lassismo. Si tratta di non lasciarsi andare psicologicamente ai due estremi degli stati d'animo, per esempio depressione quando le cose vanno male ed esaltazione quando vanno bene. Potremmo dire nè speranze né paure, ma rimanere nel punto mediano di chi osserva la realtà senza farsene travolgere emotivamente. È la via della contemplazione coraggiosa, che non cede agli opposti estremismi.
Il crollo delle chiese
Nell'odierno terremoto in Emilia-Romagna sono crollate soprattutto le chiese, le statue e i campanili; si sa, sono costruzioni molto antiche... Volete un'altra prova che a Dio non interessa nulla delle chiese che noi edifichiamo nell'erronea convinzione che siano la casa del divino? Se a Dio non interessano e se non protende neanche un ditino per proteggerle, perché noi ci diamo tanto da fare a costruirle? Perfino nella Bibbia sta scritto che "Dio non abita negli edifici costruiti da mano d'uomo". Ma noi continuiamo a illuderci che ci possano essere luoghi specifici in cui si possa rinchiudere il divino. In realtà è un tentativo di escludere Dio dal resto delle nostre vite, da tutti gli altri luoghi in cui viviamo. Dio lo sa e per questo non se ne cura. Naturalmente, potremmo proseguire il ragionamento e dire che a Dio non interessa nulla delle nostre religioni. Dio non è né cristiano né musulmano. Noi siamo convinti che le religioni siano cose sacre. Ma Dio se ne infischia. Dio bada alle cose reali, non alle nostre fantasie. Impariamo queste verità fondamentali osservando semplicemente la realtà.
Ora è giusto impiegare energie e risorse per ricostruire le case crollate, ma non le chiese. Le chiese sono monumenti alle nostre illusioni, ed è meglio che crollino.
domenica 20 maggio 2012
Terremoti
Lo so: cerchiamo sicurezza, stabilità e felicità. Ma è difficile farlo sull'orlo di un vulcano in continua eruzione. Forse sarà meglio accettare questa realtà - l'insicurezza, l'instabilità e la sofferenza - anziché fuggire alla ricerca di paradisi perduti. I paradisi sono perduti per definizione. Tutto è incerto, tutto è destinato a crollare. La cosa più saggia da fare non è dunque cercare un posto dove continuare a dormire senza che il terremoto ci scuota il letto, ma sfruttare l'occasione per risvegliarci. Quando mai i nostri sogni si sono realizzati? Quando mai le cose vanno come vorremmo? Le cose vanno sempre per conto loro: questa è la verità. Siamo noi che dobbiamo imparare a stare attenti e a rilassarci... nonostante tutto. Imparare a rimanere consapevoli in mezzo al caos, senza farci prendere dal panico.
sabato 19 maggio 2012
Distacco e amore
Coltivare il distacco non significa coltivare l'indifferenza.
Infatti, il contrario del distacco è l'attaccamento, e che cos'è l'attaccamento se non un desiderio egoistico di possesso? Ecco, il distacco è un'uscita dalla visione e dal bisogno individualistici per assumere visioni e bisogni globali, olistici, universalistici.
Anche l'amore a questo livello cambia. Non è più attaccamento a qualcuno, che risponde ad un bisogno egocentrico, ma comprensione. Dal distacco viene un altro tipo di amore: l'amore evoluto.
La religione dei tradimenti
Il primo a tradire fu Giuda. Ma in fondo aveva le sue ragioni: si era convinto che tutto quello che era stata promesso dal suo maestro non si sarebbe verificato. Il tradimento peggiore fu il secondo: quello della Chiesa nascente, che non solo manipolò i Vangeli aggiungendo frasi che Gesù non aveva mai pronunciato, ma tradì talmente il suo pensiero da riproporre un'istituzione gerarchica, dogmatica e ipocrita che era esattamente tutto ciò contro cui il Nazareno aveva combattuto.
Oggi, se Gesù tornasse, di fronte alla corruzione e al formalismo della Chiesa, fuggirebbe inorridito. Aveva ragione Nietzsche: ci fu un unico cristiano, e morì sulla croce.
venerdì 18 maggio 2012
Vivere e morire
Certo bisogna impegnarsi con ogni mezzo per guarire dalle malattie: tutti abbiamo diritto di vivere. Ma, alla fine, possiamo non farcela. Allora dobbiamo ricordarci che la morte può essere vissuta come un'esperienza di serena liberazione, un ammaestramento per tutti. Perché abbiamo anche il diritto di morire come se incomiciassimo un'altra avventura.
martedì 15 maggio 2012
Pecunia non olet
Dunque, il capo della banda della Magliana era stato sepolto nella basilica di Sant'Apollinare a Roma. E che ci faceva in quel posto, che sembrerebbe riservato a uomini pii? Semplice: aveva fatto abbondanti elargizioni dei soldi rapinati a qualche vescovo. E così apprendiamo che la Chiesa cattolica non bada alla provenienza del denaro. E che basta pagare per avere un buon posto nelle sue basiliche. Il fatto è che molti ricchi e i mafiosi sono convinti che basti dare denaro per avere un trattamento di riguardo anche nell'aldilà. Una idea che farebbe inorridire Gesù, il quale ai ricchi riservava un'altra destinazione, ma che nei secoli ha fatto la ricchezza della Chiesa. Purtroppo a queste perversioni della religione porta il fondamento stesso della fede cristiana, che non a caso si identifica con una "materializzazione" del divino. Se Dio diventa sensibile alla carne, se si fa carne, forse il denaro può aprire molte porte... così ragionano molti cattolici.
Il perdono
Non si può perdonare per principio, così come fanno i cristiani - diventa un semplice rito. Perdonare significa innanzitutto comprendere. E, per comprendere, dobbiamo vedere con la massima chiarezza l'intero quadro: noi e gli altri come vittime e/o carnefici.
Poiché facciamo tutti parte di un processo evolutivo, siamo stati e siamo tutti vittime e carnefici. Ecco perché, se siamo vittime, siamo attratti inconsapevolmente dai carnefici e, se siamo carnefici, siamo alla ricerca inconsapevole di vittime. Vittime e carnefici si attirano a vicenda, scambiandosi i ruoli, come in un gioco a incastro. Da un periodo all'altro o da una vita all'altra, le vittime diventano carnefici per vendicarsi e i carnefici diventano vittime per pagare le proprie colpe.
In realtà seguiamo schemi precostituiti di comportamento. E dobbiamo comprendere questo meccanismo se vogliamo uscirne una buona volta. Solo chi prende coscienza dell'intero processo può andare oltre.
lunedì 14 maggio 2012
Il silenzio mentale
Ormai siamo tutti malati di stress, perché le nostre società sono dominate da valori di competitività secondo cui pochi vincono e la maggioranza perde. Ecco perché fra le tecniche di meditazione consigliamo a tutti quella del "silenzio mentale". Non per diventare dei vuoti deficienti, ma per mettere a tacere per un po' le inutili attività della mente. Recentemente un metodo del genere è stato testato in Australia. Così ne parla un articolo de Il Sole 24 ore: "Due anni di meditazione, alla ricerca di un metodo di rilassamento definito 'silenzio mentale', possono effettivamente aumentare il benessere individuale. La nuova conferma arriva da uno studio australiano che ha sperimentato la tecnica [...] in una scuola di meditazione Yoga con 350 volontari. Dopo due anni di esercizi e tecniche di rilassamento, i ricercatori guidati da Ramesh Manoch hanno stimato in un 10% il vantaggio psico-fisico finale, sulla base delle risposte date dai partecipanti a un questionario. Lo studio è pubblicato su una rivista dedicata all’analisi delle prove a sostegno della medicina alternativa, Evidence-Based Complementary and Alternative Medicine (eCAM).
"Chiave di questo beneficio globale per la salute è il 'silenzio mentale', una sensazione di completo svuotamento della mente da pensieri e ansie, che si pratica in alcune scuole di Yoga e ha come finalità quella di mettere a tacere ciò che i maestri di questo tipo di meditazione chiamano “mente scimmia”. Ai partecipanti è stato infatti chiesto di raccontare quante volte in un giorno e per quanto tempo vivessero questo stato di assoluto estraniamento. Ben la metà (il 52%) ha dichiarato di aver sperimentato il silenzio mentale per più volte al giorno, il 32% una o due volte. Alla fine hanno confrontato questi risultati con i dati inerenti alla salute della popolazione australiana ricavati dal federal government's National Health and Wellbeing Survey, scoprendo che 'lo stato di salute e di benessere delle persone che hanno meditato per almeno due anni era significativamente più alto nella maggior parte delle categorie salute e benessere rispetto alla popolazione australiana'. Benefici che riguardano ugualmente la sfera psicologica e quella fisica."
domenica 13 maggio 2012
La grande menzogna
Oggi la televisione è la grande addormentratice delle coscienze umane. Come "oppio dei popoli" la religione è passata in secondo piano, dopo essere stata per secoli la numero uno. Poiché la televisione è nata per diffondere messaggi pubblicitari, è diventata subito preda ambita dei politici, che possono servirsene per ingannare meglio i popoli. Almeno all'estero i poteri economici, che dominano dappertutto, mettono qualche pupazzo a far finta di governare. Noi, che siamo più realisti del re, abbiamo messo direttamente il più grande imprenditore televisivo, che se ne è servito per arricchirsi sempre di più e per darsi ai suoi vizi. Che poi abbia fatto fallire il paese, questo è un particolare che sfugge alla coscienza dei suoi elettori.
La crisi attuale sarebbe risolvibile in cinque minuti, se solo la si facesse pagare a chi l'ha creata: agli speculatori finanziari e bancari che si sono arricchiti senza produrre niente, tranne montagne di buoni di carta. Ma la televisione questo non lo dice e lancia il messaggio che, per salvare l'Italia e l'Europa, bisogna tartassare i cittadini.
E così il povero cittadino paga, convinto che sia doveroso fare sacrifici; e a fine giornata può sedersi svuotato davanti al televisore e farsi cullare dall'irrealtà dei programmi televisivi: grandi fratelli dove tutto è falso dall'inizio alla fine, gialletti improbabili, poliziotti sempre dalla parte dei giusti, famiglie fasulle, amici inesistenti e telegiornali costruiti ad arte per disinformare... Tutto falso, tutto stereotipato, tutto inventato per far dormire il telespettatore. Che non si svegli mai, che non sappia mai la verità, che non apra mai gli occhi. Quando c'è qualche programma che sfiora la realtà, ecco che ineffabili annunciatrici consigliano di mettere a letto i bambini.
E, di fatto, i popoli sono simili a bambini creduloni, pronti a farsi guidare dai persuasori nemmeno tanto occulti.
sabato 12 maggio 2012
L'ascolto profondo
La prima forma di carità e di aiuto è ascoltare le persone. Quanta gente infatti ha un grande bisogno di qualcuno che la ascolti, di qualcuno che le presti attenzione! Viviamo in una società dove tutti vogliono parlare, ma nessuno ascolta veramente. Questo è il dono che possiamo fare agli altri: ascoltarli in silenzio e concentrati, senza pensare ad altro e senza giudicare. Le persone vogliono essere ascoltate, ma non solo con le orecchie; vogliono essere ascoltate con la massima attenzione, con solidarierà, con comprensione, vogliono essere prese in considerazione. Neppure nelle famiglie, neppure nelle coppie, ci si ascolta veramente. Si ascolta solo ciò che si vuole ascoltare; e, come sappiamo, non c'è peggior sordo di chi non vuole ascoltare. Perché in realtà certe cose non vogliamo ascoltarle, non vogliamo scendere in profondità. Vogliamo ascoltare ciò che non ci sconvolge troppo, ciò che non turba il nostro quieto vivere, i nostri preconcetti.
E ascoltiamo nello stesso modo anche noi stessi.
Predisponiamoci ad ascoltare ciò che viene detto, ma anche ciò che non viene detto, ciò che è nei gesti o nei silenzi. Tutti hanno nel fondo qualcosa che non dicono; è la loro verità. Ed è a quel livello che dobbiamo scendere, non a quello delle parole convenzionali o delle frasi stereotipate. Là in fondo, dove nessuno ascolta, c'è il sé della persona.
giovedì 10 maggio 2012
La forza profonda al di là del conscio e dell'inconscio
Quando parliamo di sviluppo della consapevolezza non intendiamo dire che tutto dev'essere ridotto a razionalità, che tutto deve essere spiegato e analizzato. La consapevolezza è una forza che ci guida prima della ragione, prima delle mente. È la forza che ci guida a crescere prima che si formi la mente, quando siamo ancora degli embrioni.
Quando ci addormentiamo o quando moriamo, la coscienza si spegne e con essa il senso dell'io, ma non la forza profonda che ci guida. Noi pensiamo che morire sia una catastrofe e ne abbiamo il terrore perché crediamo di perdere il bene più prezioso: il nostro ego, il senso di sé. Fra tutti i nostri possessi rinunceremmo a tutti, ma non al senso della nostra identità. Infatti, siamo illusi di possedere un ego, siamo illusi di condurre la nostra vita.
Eppure non siamo noi che conduciamo la danza: c'è qualcosa di più forte e di più profondo che ci fa vivere e ci fa morire. C'è qualcosa che ci fa entrare nel sonno e ce ne fa uscire. C'è qualcosa che ci fa entrare nella morte e ce ne fa uscire. Ed è di questa forza che dobbiamo diventare consapevoli. Ed è una consapevolezza profonda.
Ecco perché si parla di non mente, ecco perché ci avviniamo all'essenza quanto più mettiamo a tacere la mente, ecco perché i saggi sembrano muti e come idioti.
L'incarnazione
Siamo anime che si incarnano? Ma che bisogno ne avremmo? Non saremmo già alla perfezione? Scendere in questo mondo sarebbe una caduta più che un progresso. Se dobbiamo imparare una lezione, se dobbiamo apprendere qualcosa, se dobbiamo comprendere, vuol dire che l'anima originale non aveva queste conoscenze, era per così dire un seme ancora da sviluppare. L'incarnazione è dunque qualcosa di necessario per sviluppare una comprensione che all'inizio non c'era. Il cammino parte dal basso per salire sempre di più; non parte dall'alto per cadere, come in certi miti pseudoreligiosi. All'inizio c'è l'embrione, poi c'è tutto uno sviluppo... uno sviluppo che può passare - questo sì - per errori, cadute e incomprensioni. In tal senso si instaura il ciclo delle reincarnazioni. Ne vediamo tante di persone che non hanno nessuna consapevolezza, che vivono come animali. Per loro questa esistenza non è bastata ad apprendere la lezione fondamentale, e, come nel gioco dell'oca, dovranno tornare indietro e ricominciare.
Meditazione di consapevolezza
Sviluppare la consapevolezza dei propri stati d'animo non significa diventare persone introverse, ossessionate soltanto di ciò che si prova, ma insegna anche a regolarli e soprattutto a prenderne le distanze. Ecco per esempio che cosa scrive Daniel Nettle, docente di psicologia all'università di Newcastle: "Le prove dell'effetto positivo della meditazione sul benessere soggettivo stanno diventando molto importanti. Coloro che vi si dedicano regolarmente hanno livelli ridotti di emozione negativa, e un corso di meditazione di consapevolezza condotto su volontari ha dimostrato di poter ridurre lo stress, aumentare il benessere e migliorare le risposte immunitarie. Questo genere di meditazione insegna alle persone a divenire consapevoli dei contenuti della propria coscienza, ma anche a essere in grado di distaccarsi da essa. In questo modo le emozioni negative possono essere viste nel contesto per ciò che sono: fastidiose ma transitorie e non parte integrante della persona che le prova" (Felicità, Giunti, 2007).
domenica 6 maggio 2012
Diventa la guida di te stesso
Tutti vorrebbero che tu facessi qualcosa, che tu fossi qualcuno; tutti si aspetterebbero da te qualcosa di memorabile. Tanto che alla fine ti convinci anche tu di dover diventare qualcuno, di dover fare qualcosa di grande, di dover avere mete e aspettative.
Ma, se vuoi essere veramente te stesso, non devi farti dire da voci esterne che cosa fare e chi essere. Lascia libere le tue energie creative, le tue capacità innate.
E, per arrivare a questo, lascia perdere le idee acquisite, i modelli e le maschere sociali, mettiti in silenzio ad ascoltare, a percepire e ad osservare, e lascia sgorgare spontaneamente la forza che è in te. Ecco il tuo destino, il tuo Sé, il tuo daimon.
Per farlo emergere, rimani in solitudine. Ciò non significa che non devi avere relazioni, ma che devi riconoscere di essere solo, così come lo è un albero in mezzo alla foresta. L'albero sa di essere una piccola parte della foresta, ma sa anche di essere solo per riuscire a comprendere se stesso e il mondo.
Il gene egoista
Ho letto che, esaminando il DNA di uomini asiatici ed europei, si trova una certa percentuale che è erede di Gengis Khan. Sì, perché il grande conquistatore si faceva portare dai suoi uomini le più belle donne, si accoppiava con loro e cercava di avere il maggior numero di figli. Insomma, provava il bisogno irresistibile di "possedere" terre e femmine e di popolare la terra con la sua prole.
Potreste dire che questo era un uomo particolarmente primitivo. E in parte è vero. Ma è anche l'uomo allo stato naturale, dominato soltanto dai suoi geni, che, come si sa, hanno un unico desiderio: propagarsi e diffondersi. I ricchi, i potenti e certi uomini sono ancora oggi così: se potessero si accoppierebbero con le donne più belle e riempirebbero il mondo dei loro figli. Recentemente c'è stato il caso di un medico addetto alle banche dello sperma che ha rivelato di aver fecondato con il suo DNA centinaia di donne.
In questi uomini domina ancora il "gene egoista", lo spermatozoo in preda al suo furore paranoide.
Ma, per un essere che si definisce "il re del creato", è davvero poco. L'evoluzione è troppo lenta.
giovedì 3 maggio 2012
La vera pace
I maestri di meditazione sottolineano che, se si arrivasse ad un certo numero di persone che meditano regolarmente, sarebbe ipso facto assicurata la pace nel mondo. L'affermazione potrebbe essere vera se i meditanti riuscissero a portare nella vita quotidiana la pace che creano durante la meditazione. Se invece, un volta usciti dalla meditazione, si mettessero a inveire, a parlare a sproposito, a competere, ad arrabbiarsi o a odiare, ciò significherebbe il loro fallimento.
La sfida è tutta qui: applicare all'esistenza, alle relazioni e alle attività di tutti i giorni gli stati d'animo, il senso critico e la consapevolezza che si ottengono nella pratica. Altrimenti faremmo come tanti religiosi di professione che predicano la pace, ma sono pieni di ira e di aggressività.
Il luogo del sacro
Il cristianesimo, per sua natura, è un richiamo all'esteriorità. Già la sua fede nasce dalla convinzione che Dio si sia fatto uomo - un uomo specifico, nato in un certo paese e in una certa età. Non riuscendo a concepire il divino come una forza interiore, impersonale e cosmica, presente in tutti, i cristiani lo hanno immaginato come un uomo. E poiché non hanno nessuna immagine di questo uomo, ecco che ne hanno costruite migliaia nelle loro opere d'arte. Un uomo barbuto appeso a una croce è il loro Dio. In questa religione, non è quindi Dio che ha fatto l'uomo a sua immagine e somiglianza, ma è l'uomo che ha fatto Dio a sua immagine e somiglianza.
Inevitabilmente il culto cristiano è tutto rivolto all'esteriorità. La messa, per esempio, non è che una specie di sacra rappresentazione, uno spettacolino in cui si rappresenta la vita di Gesù, ridotta ormai a stereotipo. Per questo le chiese si stanno svuotando.
Recentemente è tornato di moda il pellegrinaggio. Ma si tratta di turismo, non di religiosità. Il cristiano crede che il sacro si trovi in qualche posto specifico e si sposta da un luogo all'altro nell'illusione di trovarlo. Non ha capito che il divino si trova dentro, non fuori. Mai che gli venga l'idea di cercarlo dentro di sé.
Naturalmente l'etica cristiana è un semplice adeguamento a dettati esteriori, senza mai un intervento della coscienza. Così c'è scritto e così io faccio! Mancando un appello e uno sviluppo della consapevolezza, si può essere buoni cristiani anche sfruttando interi popoli, così come è successo nel colonialismo, nello schiavismo e oggi nel capitalismo selvaggio. Sono tutti buoni cristiani anche quelli che costruiscono bombe atomiche o che affamano la gente con le loro speculazioni finanziarie. Già, non hanno mai sviluppato la consapevolezza.
Iscriviti a:
Post (Atom)