Ho sentito un vescovo che ripeteva alla televisione tutti i luoghi comuni della dottrina cristiana, e cioè che Dio ci ama e che ci aiuta, ecc. È il solito infantilismo teologico, per cui Dio viene assimilato a un Padre amorevole. Una sciocchezza che non dà conto della terribilità del vivere, del male devastante che può colpire tutti in ogni momento, senza una ragione apparente. Almeno, in Oriente, con il concetto di karma si dà una giustificazione logica al male che colpisce gli innocenti o i buoni.
Ma il punto è che queste spiegazioni lasciano il tempo che trovano, perché quando ti trovi morente in un letto d’ospedale o nella carrozzeria accartocciata di un’automobile o sotto una casa crollata, non ti consola molto pensare che Dio è un Padre amorevole o che è tutta colpa del karma. In quegli ultimi istanti ti rendi conto che non sai nulla e che ogni chiacchiera è inutile.
In realtà, queste spiegazioni non solo sono inutili, ma sono anche dannose. Sì, perché inducono la gente a non cercare più.
Di solito, questa ricerca sul senso della vita la facciamo da giovani. Poi, di fronte ai problemi e alle preoccupazioni, si blocca. Allora smettiamo di cercare e aderiamo a qualche risposta prefabbricata, oppure diventiamo atei o scettici.
Con il tempo, insomma la nostra mente si sclerotizza e la nostra ricerca si ferma.
La meditazione non ci dà risposte precostituite, ma ci insegna a non smettere mai di restare aperti e svegli, e di porre la domanda.
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