mercoledì 1 dicembre 2021

Il mondo che verrà

 

Tutto sommato, il pensiero orientale non dà un buon giudizio della vita umana. Per esempio, per il buddhismo, rinascere una sola volta in questo mondo è meglio che rinascere tante volte, e non rinascere più è l’optimum. È come se l’incarnazione in un corpo fosse una caduta da uno stato che era già perfetto. “Piena di sofferenza è la nascita ripetuta” conferma il Dhammapada.

Da noi sembra invece che nascere sia una fortuna. Ma anche qui non ci si dimentica che c’è stato un peccato originale, ragion per cui questo mondo è degenerato e pieno di sofferenza.

Insomma, nessuna religione dà un buon giudizio di questo mondo – è pur sempre un mondo decaduto, in cerca di riscatto.

“Tutto è vanità in questo mondo” dice l’Ecclesiaste. “Quale utilità ricava l’uomo da tutto l’affanno per cui fatica sotto il sole?... Tutte le cose sono in travaglio e nessuno potrebbe spiegarne il motivo… Chi accresce il sapere, aumenta il dolore…Allo stesso modo muoiono il saggio e lo stolto…”.

Nessuno sa spiegare, in effetti, perché da un presunto stato di perfezione o di completezza sia nata questa caduta nella materia.

Se però lasciamo stare i miti, forse il ragionamento va invertito. Non è vero che in origine c’era uno stato perfetto. All’inizio si trovano forme di vita primitive ed elementari, da cui è partita una lenta evoluzione. Insomma, la perfezione dovrebbe stare in fondo e non in principio. Ma come va concepita?

Prendiamo il caso dei livelli di evoluzione meditativa del buddhismo, i cosiddetti jhana. Nel primo jhana, il meditante, liberatosi dei piaceri sensuali e dell’attaccamento al mondo, prova gioia e felicità, ma possiede ancora pensieri concettuali e discorsivi. Nel secondo jhana, prova ancora gioia e felicità, nate dalla concentrazione e dal superamento del pensiero abituale. Nel terzo jhana, incomincia a lasciarsi alle spalle la gioia e resta imperturbabile, sereno, con la mente stabile. Nel quarto jhana, ottiene un’equanimità, un distacco dal mondo e un risveglio che lo fanno andare oltre il piacere e il dolore.

Riassumendo, nel primo stadio si verifica la cessazione del desiderio e degli stimoli sensuali, a favore del distacco, della riflessione, della concentrazione sugli oggetti di meditazione e di uno stato di gioioso benessere. Nel secondo stadio, cessa la speculazione mentale e la concentrazione sugli oggetti a favore della calma e dell’unità della mente. Nel terzo stadio, si dimora spassionati ed equanimi, consapevoli ed attenti sperimentando ancora la gioia, a favore della libertà dagli affetti e dall’acquisizione dell’imperturbabilità. Nel quarto stadio, l’imperturbabilità va anche oltre il dualismo di gioia e sofferenza, letizia e dolore.

Sembra quindi che questi stadi evolutivi contraddistinguano la nascita dell’uomo nuovo, che va al di là di ogni dualismo. Che sia questo il modo per far nascere un mondo completamente diverso? Certo, abbiamo ancora tanta strada da fare.

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