Noi crediamo di essere soggetti che osservano ciò che appare. Ed è parzialmente vero. Ma dobbiamo tener conto che la mente che osserva e i fenomeni osservati sono interdipendenti, ossia emergono contemporaneamente influenzandosi a vicenda.
Ecco perché la pratica della meditazione avanzata consiste nel superamento di una simile visione, nell'abbandono di ogni intenzionalità e nel considerare o contemplare se stessi come parti di un processo unitario che produce da una parte il soggetto e dall'altra i fenomeni.
C'è un osservare, ma non c'è né chi osservi né chi sia osservato.
Non bisogna dunque meditare con l'intenzione di rinforzare una posizione egoica ("io sono l'osservatore che osserva i fenomeni"), ma esattamente il contrario: c'è un processo di osservazione da cui emergono tanto un soggetto quanto uno o più oggetti. Qui si entra nella non-mente, nella non-meditazione (tradizionale o preliminare), cioè in una posizione in cui "si" osserva la coemergenza di soggetto ed oggetto.
Più che cercare qualcosa, si "cerca" di disfare ogni esperienza convenzionale. Allora c'è una decostruzione esistenziale, anche di se stessi, che avviene in uno spazio privo di elaborazione concettuale. La mente compie un passo indietro e dimora con gioia, chiarezza e assenza di pensieri nell'apertura da cui emergono sia il soggetto sia l'oggetto.
In pratica, il meditante prende le distanze dal mondo duale, vive distaccato dai ruoli sociali (per quanto possibile), osserva il mondo e se stesso come se guardasse uno spettacolo teatrale, un sogno o un film, e cerca di sradicare le strutture profonde della mente umana che portano ad una visione convenzionale e distorta della realtà.
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