La meditazione è misticismo?
Il misticismo della meditazione non ha niente a che fare con le estasi e con le visioni dei santi (e dei pazzi). Ma è uno stato di calma e di chiarezza eccezionali, che si produce nel silenzio, nell'immobilità (psicofisica) e nella consapevolezza senza oggetto. E ciò anche se in altri momenti si è agitati e confusi.
D'altronde, questa visione calma e questa condizione di calma sono stati da tempo identificati con uno stato di trascendenza spirituale.
"La calma profonda che sgorga da questo corpo e che, per sua natura, raggiunge la luce suprema, questo è l'atman (il centro dell'anima); è l'immortalità, è l'assenza di paura, è il brahman (Dio)" dice la Chandogya Upanishad.
Ma potrei citare decine di mistici di tutte le religioni del mondo che affermano la stessa cosa. Uno per tutti: santa Caterina da Genova:
"Lo stato di questa anima è un senso di tale intensa pace e tranquillità che le sembra che il proprio cuore e il proprio essere corporeo, e tutto sia dentro che fuori, sia immerso in un oceano di somma pace; dal quale essa non potrà mai venire fuori, qualunque cosa possa accaderle nella vita. Essa è inamovibile, imperturbabile e impassibile. A tal punto che le sembra, nella sua natura umana e spirituale, sia dentro che fuori, di non poter provare nient'altro che la più dolce pace".
Questa pace, questa calma, questa quiete, che con la meditazione prolungata è accessibile (e in parte conservabile) non è dunque cosa da poco. È addirittura il centro della spiritualità ed è la natura ultima della trascendenza.
Per il nostro mondo, invece, la calma è un valore insignificante. E infatti siamo immersi nella guerra, nello scontro, nella violenza, nella passionalità e nella confusione. Si insegna a lottare, non ad essere calmi. Per noi, l'aggressività, la competitività e il chiasso sono qualcosa di positivo. E i risultati si vedono.
giovedì 27 febbraio 2014
Ottenere le cose
Siamo convinti che, per ottenere qualcosa, sia necessario darsi da fare e conquistarselo. Ma esiste anche un'altra via, per così dire "femminile". Attrarre ciò che desideriamo senza chiederlo direttamente, ma attirandolo, propiziandolo. Anziché intervenire direttamente, lo propiziamo con un "vuoto interiore". "Questa è la legge di colui che nulla chiede" dice la Kausitaki Upanishad.
Naturalmente, se vi si rompe la lavatrice, questo metodo non sarà il più efficace (lo sarebbe attraverso giri complicati), ma nel campo degli eventi umani e dei rapporti interpersonali, è tutto un altro discorso. Infatti, ognuno di noi nasce per riempire un determinato vuoto, per svolgere una certa funzione, per attuare un piano, per compiere alcune cose, e, se a queste cose aspirate interiormente, con determinazione e tenacia, prima o poi le realizzerete.
Il problema sta dunque nell'individuare e nel volere questa vocazione. In tal senso, si deve volere ciò che si è, si deve volere il proprio destino. Se, facendo il vuoto interiore, identificate e volete ciò che vi è necessario, riuscirete ad ottenerlo come per magia: gli eventi volgeranno a vostro favore.
Lo otterrete anche non facendo niente, anzi, proprio perché non farete... nient'altro.
Naturalmente, se vi si rompe la lavatrice, questo metodo non sarà il più efficace (lo sarebbe attraverso giri complicati), ma nel campo degli eventi umani e dei rapporti interpersonali, è tutto un altro discorso. Infatti, ognuno di noi nasce per riempire un determinato vuoto, per svolgere una certa funzione, per attuare un piano, per compiere alcune cose, e, se a queste cose aspirate interiormente, con determinazione e tenacia, prima o poi le realizzerete.
Il problema sta dunque nell'individuare e nel volere questa vocazione. In tal senso, si deve volere ciò che si è, si deve volere il proprio destino. Se, facendo il vuoto interiore, identificate e volete ciò che vi è necessario, riuscirete ad ottenerlo come per magia: gli eventi volgeranno a vostro favore.
Lo otterrete anche non facendo niente, anzi, proprio perché non farete... nient'altro.
mercoledì 26 febbraio 2014
Il senso dell'umanità
Ho letto che in Giappone si utilizzano i mendicanti per lavorare nella centrale di Fukushima, dove nessuno vuole entrare, perché ci sono così tante radiazioni che, dopo un'ora di permanenza, si muore. Che dire?
Che i ricchi e i potenti hanno sempre considerato i poveri come carne da macello, abitanti di un altro pianeta.
Nonostante il gran parlare che si fa di diritti umani, di carità, di bontà e di compassione, la massima differenza fra gli uomini resta il denaro. Il povero è considerato ancor meno di un cane, che almeno ha dalla sua qualche animalista.
Che i ricchi e i potenti hanno sempre considerato i poveri come carne da macello, abitanti di un altro pianeta.
Nonostante il gran parlare che si fa di diritti umani, di carità, di bontà e di compassione, la massima differenza fra gli uomini resta il denaro. Il povero è considerato ancor meno di un cane, che almeno ha dalla sua qualche animalista.
martedì 25 febbraio 2014
Cambiare la realtà
La meditazione è potente nel trasformare gli stati psichici. Se, per esempio, mi addestro a lungo a rimanere calmo, distaccato e silenzioso (soprattutto mentalmente), il mio stato d'animo generale assumerà a poco a poco queste caratteristiche, con importanti cambiamenti fisiologici (abbassamento della pressione, ecc.). Possiamo dunque influire su noi stessi.
Ma possiamo influire sulla realtà che ci circonda?
Ora, dobbiamo capire che il soggetto e l'oggetto sono separati solo per la mente dualistica, ma che in realtà sono complementari, e quindi un tutt'uno poco differenziato. Lo stato che precede la contrapposizione soggetto/oggetto è una condizione in cui c'è un processo, ma non ancora i suoi due estremi: chiamiamolo «campo unificato».
Da questa intuizione si intravede la possibilità di cambiare le cose. Ritornando infatti al «campo unificato», si può cambiare il tipo di rapporto tra soggetto e oggetto.
Bisogna però abbassare le pretese dell'ego facendo un passo indietro, ossia facendo quella sorta di «vuoto mentale» che è in realtà un arretramento del soggetto.
Ma possiamo influire sulla realtà che ci circonda?
Ora, dobbiamo capire che il soggetto e l'oggetto sono separati solo per la mente dualistica, ma che in realtà sono complementari, e quindi un tutt'uno poco differenziato. Lo stato che precede la contrapposizione soggetto/oggetto è una condizione in cui c'è un processo, ma non ancora i suoi due estremi: chiamiamolo «campo unificato».
Da questa intuizione si intravede la possibilità di cambiare le cose. Ritornando infatti al «campo unificato», si può cambiare il tipo di rapporto tra soggetto e oggetto.
Bisogna però abbassare le pretese dell'ego facendo un passo indietro, ossia facendo quella sorta di «vuoto mentale» che è in realtà un arretramento del soggetto.
lunedì 24 febbraio 2014
Etica cattolica
In questi giorni, in Lombardia, la giunta del leghista Maroni toglie soldi alla scuola pubblica per darli alla scuola privata, cioè alla scuola cattolica. E la Chiesa che cosa dice? Niente: tutta soddisfatta, incassa. Benché si definisca "cattolica", ossia universale, la Chiesa in realtà agisce come una qualsiasi istituzione privata che si ingegni di spillare soldi allo Stato. Non dunque un ente che pensa al benessere di tutti, ma un ente che pensa alla propria ricchezza. E che agisce come una sanguisuga.
Vi risulta che in questi tempi di crisi, in cui si taglia tutto, si siano tagliati i tanti quattrini che Stato e Regioni elargiscono alla Chiesa?
No, questa Chiesa non può dare lezioni di etica a nessuno. E si vergogni di pesare, senza scrupoli, sulle tasche dei cittadini italiani.
Vi risulta che in questi tempi di crisi, in cui si taglia tutto, si siano tagliati i tanti quattrini che Stato e Regioni elargiscono alla Chiesa?
No, questa Chiesa non può dare lezioni di etica a nessuno. E si vergogni di pesare, senza scrupoli, sulle tasche dei cittadini italiani.
domenica 23 febbraio 2014
Il peggior peccato
Il peggior peccato contro lo spirito è certamente quello della superbia, dell'orgoglio, della presunzione, del credersi dalla parte del vero e del giusto, del ritenersi detentori del potere di giudicare gli altri. Non si tratta di un peccato da poco: è la base di ogni altro errore, è ciò che porta a sbagliare e a far sbagliare anche gli altri. Al fondo c'è una mancanza di consapevolezza, un egocentrismo e un'ignoranza che è il fondamento di tutto ciò che di negativo può esserci nell'uomo. Quando una persona crede di possedere la verità e si permette di giudicare, di condannare o di assolvere gli altri, commette il più grande peccato che esista al mondo. Mancando di senso della misura, di autocritica, di modestia, di saggezza e di sani dubbi, non può che sbagliare coinvolgendo nel suo errore anche molti altri.
Lo vediamo chiaramente in tutte le ideologie totalitarie e fideiste. Quanti misfatti compiono in nome della loro presunzione!
Ma questo è esattamente l'errore che compiono anche i sacerdoti di tutte le religioni, che credono di avere la verità in tasca e di poter giudicare gli altri. O sono presuntuosi o sono ignoranti o sono ipocriti: scegliete voi che cosa sia peggio. Si approfittano della buona fede o della ingenuità delle masse per comandare gli altri e condurli su false strade. Sfruttano l'incapacità di tanti individui di pensare con la propria testa per confonderli, convincerli e plagiarli. Il tutto in nome non del bene generale, ma del loro stesso potere.
Sì, se l'inferno esiste, è certamente pieno di preti.
Lo vediamo chiaramente in tutte le ideologie totalitarie e fideiste. Quanti misfatti compiono in nome della loro presunzione!
Ma questo è esattamente l'errore che compiono anche i sacerdoti di tutte le religioni, che credono di avere la verità in tasca e di poter giudicare gli altri. O sono presuntuosi o sono ignoranti o sono ipocriti: scegliete voi che cosa sia peggio. Si approfittano della buona fede o della ingenuità delle masse per comandare gli altri e condurli su false strade. Sfruttano l'incapacità di tanti individui di pensare con la propria testa per confonderli, convincerli e plagiarli. Il tutto in nome non del bene generale, ma del loro stesso potere.
Sì, se l'inferno esiste, è certamente pieno di preti.
venerdì 21 febbraio 2014
L'alienazione di Dio
Secondo la Bibbia, al momento della creazione, "Dio disse: 'Sia la luce!'. E la luce fu". Poi continuò a creare varie cose, e ogni volta la Bibbia ripete: "Dio disse...".
Ma con che voce parlava? E a chi parlava? Non c'era nessuno oltre a a lui.
Dunque, bisogna concludere che parlava a se stesso. E, se parlava a se stesso, vuol dire che era sdoppiato.
Ora, se Dio era schizoide, figuriamoci la sua creazione!
Questo è d'altronde il prezzo che si paga per avere una coscienza. Che cos'è la coscienza se non uno sdoppiamento? Da una parte il soggetto e dall'altra se stesso come oggetto.
Bisogna andare più a fondo della comune coscienza dualistica per trovare una consapevolezza integra, priva di sdoppiamento fra chi conosce e chi è conosciuto.
Ma con che voce parlava? E a chi parlava? Non c'era nessuno oltre a a lui.
Dunque, bisogna concludere che parlava a se stesso. E, se parlava a se stesso, vuol dire che era sdoppiato.
Ora, se Dio era schizoide, figuriamoci la sua creazione!
Questo è d'altronde il prezzo che si paga per avere una coscienza. Che cos'è la coscienza se non uno sdoppiamento? Da una parte il soggetto e dall'altra se stesso come oggetto.
Bisogna andare più a fondo della comune coscienza dualistica per trovare una consapevolezza integra, priva di sdoppiamento fra chi conosce e chi è conosciuto.
La sicurezza della fede
Un uomo uccide i suoi due bambini e poi tenta di suicidarsi. Ma non ci riesce, e viene salvato. Quando si riprende, gli domandano perché lo ha fatto, e lui risponde che voleva portare con sé i figli nell'aldilà, dove si sarebbero riuniti.
In fondo, un uomo di grande fede. Poco differente dai fanatici musulmani che, per eliminare qualche infedele, si fanno saltare in aria, sicuri di finire nel paradiso di Allah.
Peccato che questo padre non sia morto (perché così il ricongiungimento è fallito) e che abbia negato ai figli la possibilità di vivere la loro vita - una vita che, se c'è, a qualcosa dovrà pur servire!
In fondo, un uomo di grande fede. Poco differente dai fanatici musulmani che, per eliminare qualche infedele, si fanno saltare in aria, sicuri di finire nel paradiso di Allah.
Peccato che questo padre non sia morto (perché così il ricongiungimento è fallito) e che abbia negato ai figli la possibilità di vivere la loro vita - una vita che, se c'è, a qualcosa dovrà pur servire!
Il prezzo dell'anima
Se credevate che l'anima, essendo un principio spirituale, non dovesse rientrare nella logica commerciale ed economica, e non avesse per così dire nessun costo, né potesse o dovesse essere sottoposta al mercato del dare e dell'avere, insomma agli scambi di denaro, vi sbagliate. I nostri ineffabili preti sono capaci di incassare dalle Regioni ben cinquanta milioni di euro per la semplice assistenza alle anime negli ospedali. Forse vi illudevate che questo servizio facesse parte della loro missione, o che bastasse il miliardo e passa di euro che già la Chiesa riceve con l'otto per mille. Nient'affatto; se, quando siete gravemente ammalati in un ospedale, avete bisogno del conforto di un prete, sappiate che dovete pagare o che la Regione paga per voi - che è poi lo stesso.
Lasciate dunque perdere queste religioni affamate di denaro. Datevi alla meditazione, che non costa nulla, che non vi assoggetta a nessuno, che non ricorre a discorsi stereotipati e che vi prepara ai momenti peggiori. Quale altro assistente cercate oltre a quello che avete già dentro di voi? Credete che un prete possa placare i vostri tormenti o togliervi il peso di ciò che avete o non avete fatto? Quello neppure Dio può farlo. Ormai fa parte del vostro karma, del vostro destino, e vi seguirà dappertutto.
La cura dell'anima affidatela... all'anima. Lei sa già ciò di cui avete bisogno.
Lasciate dunque perdere queste religioni affamate di denaro. Datevi alla meditazione, che non costa nulla, che non vi assoggetta a nessuno, che non ricorre a discorsi stereotipati e che vi prepara ai momenti peggiori. Quale altro assistente cercate oltre a quello che avete già dentro di voi? Credete che un prete possa placare i vostri tormenti o togliervi il peso di ciò che avete o non avete fatto? Quello neppure Dio può farlo. Ormai fa parte del vostro karma, del vostro destino, e vi seguirà dappertutto.
La cura dell'anima affidatela... all'anima. Lei sa già ciò di cui avete bisogno.
mercoledì 19 febbraio 2014
Scendere nel profondo
Se cerchiamo la felicità nelle cose di questo mondo, forse per un po' la troveremo. Ma, ben presto, la perderemo, perché nella natura delle cose c'è il cambiamento incessante: nessuno stato d'animo può durare a lungo.
Se vogliamo quindi una felicità più duratura, dobbiamo rivolgerci a qualcosa che sia sempre in nostro possesso, dentro di noi.
Con la meditazione cerchiamo di scendere sempre più in fondo per raggiungere quello stato di consapevolezza che è sostanziato di benessere. Dobbiamo scendere oltre gli strati superficiali della mente, oltre i pensieri e le sensazioni abituali, oltre la coscienza condizionata, per arrivare ad una consapevolezza che non ha né soggetto né oggetto.
Non ha soggetto perché non è un prodotto della mente razionale, della volontà, dell'io o di qualsiasi operazione mentale. Infatti, consiste nel lasciar andare tutti gli stati mentali. Ed essendo pura testimonianza, non può essere neppure un oggetto.
Scendendo in profondità, arriviamo al punto in cui restiamo consapevoli dell'essere consapevoli, e questo ci dona gioia. Ci ritiriamo per così dire nello stato primario della mente, la pura consapevolezza o testimonianza di sé.
Questa discesa è accompagnata da modificazioni fisiologiche, come il rallentamento del battito cardiaco, l'abbassamento della pressione sanguigna e la diminuzione del tasso metabolico. Negli antichi testi delle Upanishad si parla di "quarto stato", al di là dei tre stati di veglia, di sogno e di sonno senza sogni. Tale condizione è una forma di riposo e di rilassamento profondo. Ed è accompagnata da una grande chiarezza mentale.
Vi si può arrivare attraverso varie vie: seguire il respiro, fissare lo sguardo, ripetere un mantra (prodotto da noi o anche registrato) o semplicemente ripiegandosi su di sé per "guardare sempre più in fondo", verso strati sempre più "sottili". Basta sedersi in modo comodo e rilassato e stare a lungo fermi, seguendo qualche immagine piacevole, qualche suono o niente del tutto. A poco a poco, la mente rallenterà la sua attività, producendo i fenomeni fisiologici di cui parlavamo. Se ci addormenteremo per qualche minuto, niente di male; al risveglio saremo più calmi e lucidi, due condizioni che favoriscono la meditazione.
Se a questo punto rallenteremo o sospenderemo la respirazione, schiacceremo la lingua contro la volta del palato, chiuderemo gli occhi e ci concentreremo su un punto davanti a noi verso la punta del naso (magari in un punto luminoso centrale ( chiamato "bindu"), potremo trovare quello stato d'animo che è fatto di calma, di chiarezza e di consapevolezza.
Quando torneremo alle attività abituali, saremo più riposati, lucidi ed efficienti.
Questa immersione quotidiana nella nostra interiorità più profonda è come un bagno ristoratore e ci dà un'idea di che cosa sia lo stato ultimo (o primo) di consapevolezza pura - l'origine di tutto. Usciamo dalle beghe, dai rumori e dalle miserie della vita ed entriamo nel regno del silenzio, della pace e della gioia.
Se vogliamo quindi una felicità più duratura, dobbiamo rivolgerci a qualcosa che sia sempre in nostro possesso, dentro di noi.
Con la meditazione cerchiamo di scendere sempre più in fondo per raggiungere quello stato di consapevolezza che è sostanziato di benessere. Dobbiamo scendere oltre gli strati superficiali della mente, oltre i pensieri e le sensazioni abituali, oltre la coscienza condizionata, per arrivare ad una consapevolezza che non ha né soggetto né oggetto.
Non ha soggetto perché non è un prodotto della mente razionale, della volontà, dell'io o di qualsiasi operazione mentale. Infatti, consiste nel lasciar andare tutti gli stati mentali. Ed essendo pura testimonianza, non può essere neppure un oggetto.
Scendendo in profondità, arriviamo al punto in cui restiamo consapevoli dell'essere consapevoli, e questo ci dona gioia. Ci ritiriamo per così dire nello stato primario della mente, la pura consapevolezza o testimonianza di sé.
Questa discesa è accompagnata da modificazioni fisiologiche, come il rallentamento del battito cardiaco, l'abbassamento della pressione sanguigna e la diminuzione del tasso metabolico. Negli antichi testi delle Upanishad si parla di "quarto stato", al di là dei tre stati di veglia, di sogno e di sonno senza sogni. Tale condizione è una forma di riposo e di rilassamento profondo. Ed è accompagnata da una grande chiarezza mentale.
Vi si può arrivare attraverso varie vie: seguire il respiro, fissare lo sguardo, ripetere un mantra (prodotto da noi o anche registrato) o semplicemente ripiegandosi su di sé per "guardare sempre più in fondo", verso strati sempre più "sottili". Basta sedersi in modo comodo e rilassato e stare a lungo fermi, seguendo qualche immagine piacevole, qualche suono o niente del tutto. A poco a poco, la mente rallenterà la sua attività, producendo i fenomeni fisiologici di cui parlavamo. Se ci addormenteremo per qualche minuto, niente di male; al risveglio saremo più calmi e lucidi, due condizioni che favoriscono la meditazione.
Se a questo punto rallenteremo o sospenderemo la respirazione, schiacceremo la lingua contro la volta del palato, chiuderemo gli occhi e ci concentreremo su un punto davanti a noi verso la punta del naso (magari in un punto luminoso centrale ( chiamato "bindu"), potremo trovare quello stato d'animo che è fatto di calma, di chiarezza e di consapevolezza.
Quando torneremo alle attività abituali, saremo più riposati, lucidi ed efficienti.
Questa immersione quotidiana nella nostra interiorità più profonda è come un bagno ristoratore e ci dà un'idea di che cosa sia lo stato ultimo (o primo) di consapevolezza pura - l'origine di tutto. Usciamo dalle beghe, dai rumori e dalle miserie della vita ed entriamo nel regno del silenzio, della pace e della gioia.
martedì 18 febbraio 2014
Le dipendenze
Sentivo che c'è allarme per un ritorno dell'eroina. Si pensava che questa sostanza ormai fosse desueta e che fosse stata sostituita dalla cocaina, una droga senza buchi e più adatta allo stile di vita moderno, cioè all'esaltazione senza distinzioni dell'ego e dell'attivismo frenetico. Ma, in realtà, è stato fatto notare che non è tanto in aumento l'uso dell'eroina quanto la dipendenza in generale. Ecco il punto.
Pare che la società postmoderna sia intrisa di dipendenza, perché porta irresistibilmente a consumi patologici e a cercare sostegno in qualcosa o in qualcuno. La triste realtà è che le dipendenze sono tutte in aumento, senza distinzioni. Prendiamo per esempio il gioco d’azzardo, che nell'agenda mediatica ha soppiantato le “vecchie” sostanze stupefacenti.
Aggiungerei anche la religione, veicolata senza soste dalla televisione di Stato e, ovviamente, la ricerca del leader, del "salvatore della patria".
La nostra società è "postmoderna" nel senso che ritorna all'antico. Pochi ricchi e sterminate plebi di miserabili. E dappertutto il bisogno di attaccarsi o a sostanze che stordiscono la mente o a figure carismatiche che facciano sognare un cambiamento.
Allora, il problema è proprio questo: insegnare alla gente ad essere liberi ed autonomi, e a non dipendere sempre dagli altri.
Pare che la società postmoderna sia intrisa di dipendenza, perché porta irresistibilmente a consumi patologici e a cercare sostegno in qualcosa o in qualcuno. La triste realtà è che le dipendenze sono tutte in aumento, senza distinzioni. Prendiamo per esempio il gioco d’azzardo, che nell'agenda mediatica ha soppiantato le “vecchie” sostanze stupefacenti.
Aggiungerei anche la religione, veicolata senza soste dalla televisione di Stato e, ovviamente, la ricerca del leader, del "salvatore della patria".
La nostra società è "postmoderna" nel senso che ritorna all'antico. Pochi ricchi e sterminate plebi di miserabili. E dappertutto il bisogno di attaccarsi o a sostanze che stordiscono la mente o a figure carismatiche che facciano sognare un cambiamento.
Allora, il problema è proprio questo: insegnare alla gente ad essere liberi ed autonomi, e a non dipendere sempre dagli altri.
lunedì 17 febbraio 2014
Il volto nudo
Nelle nostre società tutti indossano una maschera, dietro la quale nascondono la loro vera natura - talvolta ignota a loro stessi: non sanno chi sono e si affidano ad un ruolo per illudersi di avere un'identità. Ora, chi fa meditazione deve capire una cosa: che può prendere in giro chiunque, ma non se stesso. Non è insomma un prete o un monaco che si presentano come tali solo perché indossano una tonaca o parlano in un certo modo. Ma che cosa c'è sotto quella tonaca e quelle parole?
Chi fa meditazione non deve portare nessun vestito esteriore, nessun segno di riconoscimento, perché non deve comunicare con altri, ma solo con se stesso. Non può fare l'ipocrita, come tanti religiosi, a meno che non voglia auto-ingannarsi. E, se inganna se stesso, semplicemente fallisce nella sua pratica. Se non è autentico, in meditazione non ottiene nulla.
Chi fa meditazione non deve convincere nessuno, non deve vendere nulla, non deve predicare nulla. È scoperto, nudo, se la vede solo con se stesso. E, se ha qualche paludamento, lo deve gettare via. O è autentico o non è nulla. Finché si recita una parte, sia pure quella dell'uomo spirituale, non si sta meditando.
E la pratica meditativa consiste proprio in questo: liberarsi dei ruoli e delle maschere - e ritrovare la propria vera natura.
Chi fa meditazione non deve portare nessun vestito esteriore, nessun segno di riconoscimento, perché non deve comunicare con altri, ma solo con se stesso. Non può fare l'ipocrita, come tanti religiosi, a meno che non voglia auto-ingannarsi. E, se inganna se stesso, semplicemente fallisce nella sua pratica. Se non è autentico, in meditazione non ottiene nulla.
Chi fa meditazione non deve convincere nessuno, non deve vendere nulla, non deve predicare nulla. È scoperto, nudo, se la vede solo con se stesso. E, se ha qualche paludamento, lo deve gettare via. O è autentico o non è nulla. Finché si recita una parte, sia pure quella dell'uomo spirituale, non si sta meditando.
E la pratica meditativa consiste proprio in questo: liberarsi dei ruoli e delle maschere - e ritrovare la propria vera natura.
domenica 16 febbraio 2014
Divismo religioso
Ormai un uomo pubblico deve essere un divo televisivo e deve assoggettarsi alle regole dei mass media, non importa in quale campo operi. Recentemente, Papa Ratzinger, al momento di dimettersi, confessò due cose: primo, che non ce la faceva più con le forze e, secondo, che il suo impegno non gli permetteva più un po' di intimità, di privacy. Ecco il punto. Dalla politica alla religione, per essere dei leader, bisogna diventare degli uomini di comunicazione, passando da un discorso a una manifestazione, da un meeting a una cerimonia.
Si viene investiti da una grande pubblicità e anche la vita privata diventa pubblica. I giornali e le televisioni fanno a gara a immortalare e dunque a spiare ogni attimo della giornata di un leader, e vanno a scavare ogni elemento del passato. Per Papa Francesco sono andati a scovare anche la vecchia fidanzatina.
Ma questa sovraesposizione mediatica porta a una paradosso: che i leader politici e religiosi devono diventare grandi attori, per non dire grandi ipocriti, dal momento che devono recitare in continuazione una parte. Il che porta ad una grave conseguenza: che per essere eletti a queste cariche bisogna essere, non bravi politici o uomini di meditazione, ma uomini di spettacolo. E quindi chi verrà eletto sarà il meno adatto ad essere una persona autentica e ad affrontare problemi reali: la sua funzione si ridurrà a rappresentare più che ad essere.
Un esempio tipico di individui di questo genere fu Papa Woytila, che era istintivamente un attore, un uomo di spettacolo, e stava volentieri di fronte alle telecamere. Di conseguenza era un uomo privo di interiorità e di riflessione. E infatti il suo papato, al di là dei fasti mediatici, è stato uno dei più dannosi.
Ratzinger in fondo va rivalutato. Ha saputo riscattarsi come uomo e ha messo in evidenza questa contraddizione, particolarmente grave per un uomo di religione che dovrebbe avere un minimo di interiorità. Il nuovo Papa, invece, ritorna ad essere un uomo di spettacolo, e si capisce che vive di apparizioni e di dichiarazioni, ma che ha poca sostanza spirituale.
Certo, se siamo ridotti ad eleggere attori anziché autentici politici o uomini spirituali, poi non ci lamentiamo della decadenza.
Si viene investiti da una grande pubblicità e anche la vita privata diventa pubblica. I giornali e le televisioni fanno a gara a immortalare e dunque a spiare ogni attimo della giornata di un leader, e vanno a scavare ogni elemento del passato. Per Papa Francesco sono andati a scovare anche la vecchia fidanzatina.
Ma questa sovraesposizione mediatica porta a una paradosso: che i leader politici e religiosi devono diventare grandi attori, per non dire grandi ipocriti, dal momento che devono recitare in continuazione una parte. Il che porta ad una grave conseguenza: che per essere eletti a queste cariche bisogna essere, non bravi politici o uomini di meditazione, ma uomini di spettacolo. E quindi chi verrà eletto sarà il meno adatto ad essere una persona autentica e ad affrontare problemi reali: la sua funzione si ridurrà a rappresentare più che ad essere.
Un esempio tipico di individui di questo genere fu Papa Woytila, che era istintivamente un attore, un uomo di spettacolo, e stava volentieri di fronte alle telecamere. Di conseguenza era un uomo privo di interiorità e di riflessione. E infatti il suo papato, al di là dei fasti mediatici, è stato uno dei più dannosi.
Ratzinger in fondo va rivalutato. Ha saputo riscattarsi come uomo e ha messo in evidenza questa contraddizione, particolarmente grave per un uomo di religione che dovrebbe avere un minimo di interiorità. Il nuovo Papa, invece, ritorna ad essere un uomo di spettacolo, e si capisce che vive di apparizioni e di dichiarazioni, ma che ha poca sostanza spirituale.
Certo, se siamo ridotti ad eleggere attori anziché autentici politici o uomini spirituali, poi non ci lamentiamo della decadenza.
giovedì 13 febbraio 2014
Vincere lo stress
Regola prima per combattere lo stress: considerare il mondo, la vita, noi stessi, come un film, uno spettacolo, una rappresentazione, in modo da prenderne le distanze. In fondo siamo tutti apparenze, brevi riunioni di atomi che ben presto si dissolveranno. Ciò che viviamo dipende dal modo in cui lo viviamo: se ci crediamo seriamente, pesantemente, letteralmente, se crediamo che tutto sia reale, saremo soggetti ad alti e bassi continui, a continui traumi e tensioni. Se invece lo considereremo come uno spettacolo di cui noi siamo spettatori - anche quando ci riguarda direttamente! - prenderemo tutto con distacco e con filosofia, e non permetteremo agli eventi di trascinarci su e giù a loro piacimento. Non saremo più marionette i cui fili sono tirati dagli altri, in balìa del mondo e del destino. Distacco, dunque.
Lo so che talvolta la vita diventa drammatica - ma lo è nei limiti in cui le permettiamo di incidere così su di noi. Se continueremo a considerare tutto una specie di film, una specie di commedia, niente sarà più così drammatico.
In fondo, il peggio che possa capitarci è di morire. Ma anche la morte non è che una rappresentazione. Nessuno di noi nasce veramente e nessuno di noi muore veramente... vivere e morire sono soltanto apparenze, balletti, danze, commedie sul grande schermo dell'universo. Quando moriamo, usciamo finalmente dallo schermo e ci vediamo per quello che siamo.
Lo so che talvolta la vita diventa drammatica - ma lo è nei limiti in cui le permettiamo di incidere così su di noi. Se continueremo a considerare tutto una specie di film, una specie di commedia, niente sarà più così drammatico.
In fondo, il peggio che possa capitarci è di morire. Ma anche la morte non è che una rappresentazione. Nessuno di noi nasce veramente e nessuno di noi muore veramente... vivere e morire sono soltanto apparenze, balletti, danze, commedie sul grande schermo dell'universo. Quando moriamo, usciamo finalmente dallo schermo e ci vediamo per quello che siamo.
Il filosofo e il saggio
In Occidente c'è stata, purtroppo, una totale divaricazione tra filosofia e saggezza - anche se, all'inizio, per esempio tra i presocratici, non era così (Eraclito, per esempio, era anche un saggio). Per noi un filosofo è un pensatore che cerca la verità con l'uso della ragione. Così abbiamo la possibilità che un uomo del genere riesca a capire qualcosa di importante sul funzionamento del mondo o sulla struttura dell'uomo, ma che non sia affatto un saggio.
Il saggio, infatti, non disprezza la ragione e può anche condurre ricerche razionali, ma sa anche che, per raggiungere la verità-realtà, per comprendere la natura ultima delle cose, bisogna ottenere un certo stato d'animo, fatto di calma, di distacco dalle beghe del mondo, di equanimità e di equilibrio. La verità ultima si rivela non tanto all'uomo che cerca di razionalizzarla e di cercarla con il pensiero, quanto all'uomo che raggiunge in sé una certa condizione psico-fisica. La verità non è un fatto mentale, ma uno stato di tutto l'essere; in tal senso, il pensiero razionale, con le sue categorie dualistiche e reificanti, con la sua tensione e con le sue limitazioni linguistiche, con le sue metafore astratte, con il suo inquadramento logico-grammaticale, è qualcosa che allontana dalla verità-realtà. È soltanto nel silenzio della mente che si affaccia "ciò che è".
Dunque, qualunque tecnica volta a calmare la mente ci predispone a comprendere la verità meglio di tanti sillogismi logici.
Questo non significa che la logica o la conoscenza filosofica siano insignificanti. No, prima bisogna conoscere tutto ciò che gli uomini hanno pensato; ma, poi, bisogna avere la saggezza di metterlo da parte. E di percorrere la via della realtà in prima persona, senza troppi pesi intellettuali che ci ostacolino il cammino. Leggeri, silenziosi, attenti, sensibili.
Il saggio, infatti, non disprezza la ragione e può anche condurre ricerche razionali, ma sa anche che, per raggiungere la verità-realtà, per comprendere la natura ultima delle cose, bisogna ottenere un certo stato d'animo, fatto di calma, di distacco dalle beghe del mondo, di equanimità e di equilibrio. La verità ultima si rivela non tanto all'uomo che cerca di razionalizzarla e di cercarla con il pensiero, quanto all'uomo che raggiunge in sé una certa condizione psico-fisica. La verità non è un fatto mentale, ma uno stato di tutto l'essere; in tal senso, il pensiero razionale, con le sue categorie dualistiche e reificanti, con la sua tensione e con le sue limitazioni linguistiche, con le sue metafore astratte, con il suo inquadramento logico-grammaticale, è qualcosa che allontana dalla verità-realtà. È soltanto nel silenzio della mente che si affaccia "ciò che è".
Dunque, qualunque tecnica volta a calmare la mente ci predispone a comprendere la verità meglio di tanti sillogismi logici.
Questo non significa che la logica o la conoscenza filosofica siano insignificanti. No, prima bisogna conoscere tutto ciò che gli uomini hanno pensato; ma, poi, bisogna avere la saggezza di metterlo da parte. E di percorrere la via della realtà in prima persona, senza troppi pesi intellettuali che ci ostacolino il cammino. Leggeri, silenziosi, attenti, sensibili.
Atei
Per dichiararsi atei, bisogna prima chiedersi a quale immagine di Dio non si crede. Perché si può non credere ad una certa immagine di Dio e credere ad un'altra. Se qualcuno ci domanda: "Credi in Dio?", è bene rispondere: "Spiegami prima che cos'è Dio per te". E se ci viene detto: "Dio è il creatore", possiamo rispondere: "Se il mondo è eterno, non c'è bisogno di credere né ad un creatore né ad un inizio".
"Credi allora all'unità di tutte le cose?"
A questo possiamo credere, dato che corrisponde ad una nostra esperienza e alla logica delle cose. E possiamo anche chiamarlo Dio. Ma non è più il Dio di prima: è un'altra immagine - Dio come unità, come Uno.
Però, poi, credere che questo Uno abbia mandato un profeta o un Messia a rappresentarlo e che abbia voluto istituire una certa religione, be' questo è infantilismo teologico - e nessuno potrà mai dimostrare che è vero.
Nel campo della fede, si può credere a qualunque cosa e si è creduto a qualunque cosa. Perché a questo serve la fede: a credere in ciò che non si può dimostrare. E qui siamo su un piano scivoloso, dove chiunque può fare affermazioni senza provare nulla o sparare qualunque idiozia. Allora, diffidare è un dovere.
Ecco dunque un'importante distinzione: un conto è spingere a credere in qualcosa di indimostrabile e un altro conto è spingere a pensare con la propria testa e a fare le proprie esperienze. Questo vale sia che si parli di Dio, sia che si parli di illuminati. Tutto va verificato di persona, e, se non può essere verificato, non può che restare dubbio. Nessuno può costringerci a credere.
Ma si può verificare di persona che Dio esista? Ecco il punto. Se ci immaginiamo che Dio sia qualcosa di esterno a noi, come uno degli Dei o una Persona divina, non è possibile verificarlo. Ma se pensiamo che Dio sia qualcosa di interiore, allora dobbiamo.
"Credi allora all'unità di tutte le cose?"
A questo possiamo credere, dato che corrisponde ad una nostra esperienza e alla logica delle cose. E possiamo anche chiamarlo Dio. Ma non è più il Dio di prima: è un'altra immagine - Dio come unità, come Uno.
Però, poi, credere che questo Uno abbia mandato un profeta o un Messia a rappresentarlo e che abbia voluto istituire una certa religione, be' questo è infantilismo teologico - e nessuno potrà mai dimostrare che è vero.
Nel campo della fede, si può credere a qualunque cosa e si è creduto a qualunque cosa. Perché a questo serve la fede: a credere in ciò che non si può dimostrare. E qui siamo su un piano scivoloso, dove chiunque può fare affermazioni senza provare nulla o sparare qualunque idiozia. Allora, diffidare è un dovere.
Ecco dunque un'importante distinzione: un conto è spingere a credere in qualcosa di indimostrabile e un altro conto è spingere a pensare con la propria testa e a fare le proprie esperienze. Questo vale sia che si parli di Dio, sia che si parli di illuminati. Tutto va verificato di persona, e, se non può essere verificato, non può che restare dubbio. Nessuno può costringerci a credere.
Ma si può verificare di persona che Dio esista? Ecco il punto. Se ci immaginiamo che Dio sia qualcosa di esterno a noi, come uno degli Dei o una Persona divina, non è possibile verificarlo. Ma se pensiamo che Dio sia qualcosa di interiore, allora dobbiamo.
mercoledì 12 febbraio 2014
La saggezza del mondo
Che pena vedere i grandi leader del mondo, con un enorme potere politico e militare, intenti ad accumulare ricchezze personali e ad accoppiarsi con il maggior numero possibile di femmine, proprio come i loro antenati di 3000 o 30000 anni fa. Che pena ascoltare i loro discorsi pervasi di valori convenzionali e nazionali, di logiche economiche e di schemi di potere.
Che pena vedere i potenti mezzi tecnologici (radio, televisioni, computer, cellulari, ecc) adibiti a veicolare chiacchiere fasulle, volgarità e luoghi comuni: i discorsi senza importanza di tanti ominicchi.
Che pena vedere le grandi culture del mondo ridotte ad esaltare l'aggressività, la competitività, la concorrenza, il consumismo e il valore del mercato: l'unico vero Dio rimasto.
Che pena vedere tanti uomini, anche intelligenti, impegnati a gonfiare il loro ego ipertrofico, senza mai riconoscere che siamo tutti interdipendenti.
Che pena scoprire che nel mondo vengono esaltati i valori del denaro, della conquista e della celebrità.
Che pena veder riconosciuti solo i bisogni commerciali, e non quelli della psiche o dello spirito.
Che pena vedere tanta gente che commisera i poveri e magari fa un po' di beneficenza, ma che non ha nessuna vera empatia, nessuna vera compassione con chi soffre.
Che pena vedere queste scimmie poco evolute darsi tanto da fare per combattersi a vicenda, parlare in continuazione e saltellare da un ramo all'altro, divorando la terra.
Che pena trovare tanti uomini potenti che non hanno la minima saggezza.
Che pena vedere i potenti mezzi tecnologici (radio, televisioni, computer, cellulari, ecc) adibiti a veicolare chiacchiere fasulle, volgarità e luoghi comuni: i discorsi senza importanza di tanti ominicchi.
Che pena vedere le grandi culture del mondo ridotte ad esaltare l'aggressività, la competitività, la concorrenza, il consumismo e il valore del mercato: l'unico vero Dio rimasto.
Che pena vedere tanti uomini, anche intelligenti, impegnati a gonfiare il loro ego ipertrofico, senza mai riconoscere che siamo tutti interdipendenti.
Che pena scoprire che nel mondo vengono esaltati i valori del denaro, della conquista e della celebrità.
Che pena veder riconosciuti solo i bisogni commerciali, e non quelli della psiche o dello spirito.
Che pena vedere tanta gente che commisera i poveri e magari fa un po' di beneficenza, ma che non ha nessuna vera empatia, nessuna vera compassione con chi soffre.
Che pena vedere queste scimmie poco evolute darsi tanto da fare per combattersi a vicenda, parlare in continuazione e saltellare da un ramo all'altro, divorando la terra.
Che pena trovare tanti uomini potenti che non hanno la minima saggezza.
Saper meditare
Meditazione avanzata significa prima comprendere a fondo che soggetto e oggetto, io e altro, osservatore e osservato, sono interdipendenti, strettamente collegati fra loro, coemergenti, e poi porsi concretamente in una posizione meditativa più arretrata rispetto all'ego: non sono io che osservo, ma c'è un'osservazione, una presa di coscienza. Diventare meno ego-centrati, meno interessati allo sviluppo del proprio sé, per ricuperare il rapporto il più possibile originario con l'oggetto conosciuto. Arretrare la consapevolezza egoica per rientrare di più nella consapevolezza interattiva, quella che è all'origine del processo dualistico di separazione fra soggetto ed oggetto.
martedì 11 febbraio 2014
Il processo di cambiamento
Se una mattina, dopo vari giorni di pioggia, mi sveglio e trovo il sole, il cuore si allarga, mi sento felice e vedo le cose con occhio diverso. Mutando il mio stato d'animo, cambia il modo in cui vedo tutto intorno a me. D'accordo, ma sono solo io che sono cambiato o le cose sono veramente cambiate? Cambiando io, non cambiano anche le cose? I due poli - soggetto e oggetto - non sono connessi? Anche le piante, anche gli animali, anche gli uccelli... tutto intorno a me è in realtà cambiato.
Si dirà che cambia solo lo stato d'animo. Ma Il fatto è che, cambiando lo stato d'animo, le cose percepite cambiano davvero anche loro.
Si dirà che questo vale solo per gli esseri animati, ma non per le cose inanimate, per esempio un sasso. Eppure, anche il sasso avrà subito un cambiamento passando dalla pioggia la sole: anche le montagne cambiano così. E loro non hanno sentimenti.
Dunque, con la pioggia o con il sole, quelle cose sono cambiate e anch'io sono cambiato: insomma siamo cambiati insieme. Infatti, poiché coemergiamo insieme, cambiamo insieme.
Si dirà che le cose che non vedo - un stella lontana - non sono cambiate. Ma nel momento in cui le vedrò, cambieranno o saranno cambiate anche loro.
Si dirà che questa matita non è cambiata. Eppure, al sole la sto guardando sotto un'altra luce... qualcosa è cambiato anche in lei.
Certo, i cambiamenti sono talvolta quasi impercettibili, e non cambia per esempio la forma di questa matita... tutt'al più il colore...
Ma, se la matita mi si spezza in mano, sarò io a cambiare, magari per il fastidio... seppure impercettibilmente.
Le cose cambiano e si influenzano tutte, sia che il cambiamento parta dall'oggetto sia che parta dal soggetto. Perché in realtà è la mia mente che distingue i due poli, ma loro sono interdipendenti, sono un tutt'uno, abitano uno spazio che li accomuna tutti. Ed è questo "spazio" che cambia, mutando l'uno e l'altro.
Non ce ne rendiamo conto, ma cambiamo proprio mentre cambiano le cose. E ci è impossibile dire se cambiamo perché cambiano le cose o se le cose cambiano perché mutano con noi, o se cambiamo entrambi. Resta il fatto che ogni cosa cambia perché fa parte di un contesto, di uno spazio-tempo, che muta di continuo. Come un tappeto o una rete che scorrano trascinando tutti i loro nodi.
Noi crediamo di “fare” un’esperienza. In realtà l’esperienza avviene. Siamo noi che poi distinguiamo un soggetto dall’oggetto.
Questo per dire che possiamo impegnarci a cambiare le cose - oggetti e avvenimenti - cambiando noi stessi.
domenica 9 febbraio 2014
La meditazione avanzata
Noi crediamo di essere soggetti che osservano ciò che appare. Ed è parzialmente vero. Ma dobbiamo tener conto che la mente che osserva e i fenomeni osservati sono interdipendenti, ossia emergono contemporaneamente influenzandosi a vicenda.
Ecco perché la pratica della meditazione avanzata consiste nel superamento di una simile visione, nell'abbandono di ogni intenzionalità e nel considerare o contemplare se stessi come parti di un processo unitario che produce da una parte il soggetto e dall'altra i fenomeni.
C'è un osservare, ma non c'è né chi osservi né chi sia osservato.
Non bisogna dunque meditare con l'intenzione di rinforzare una posizione egoica ("io sono l'osservatore che osserva i fenomeni"), ma esattamente il contrario: c'è un processo di osservazione da cui emergono tanto un soggetto quanto uno o più oggetti. Qui si entra nella non-mente, nella non-meditazione (tradizionale o preliminare), cioè in una posizione in cui "si" osserva la coemergenza di soggetto ed oggetto.
Più che cercare qualcosa, si "cerca" di disfare ogni esperienza convenzionale. Allora c'è una decostruzione esistenziale, anche di se stessi, che avviene in uno spazio privo di elaborazione concettuale. La mente compie un passo indietro e dimora con gioia, chiarezza e assenza di pensieri nell'apertura da cui emergono sia il soggetto sia l'oggetto.
In pratica, il meditante prende le distanze dal mondo duale, vive distaccato dai ruoli sociali (per quanto possibile), osserva il mondo e se stesso come se guardasse uno spettacolo teatrale, un sogno o un film, e cerca di sradicare le strutture profonde della mente umana che portano ad una visione convenzionale e distorta della realtà.
Ecco perché la pratica della meditazione avanzata consiste nel superamento di una simile visione, nell'abbandono di ogni intenzionalità e nel considerare o contemplare se stessi come parti di un processo unitario che produce da una parte il soggetto e dall'altra i fenomeni.
C'è un osservare, ma non c'è né chi osservi né chi sia osservato.
Non bisogna dunque meditare con l'intenzione di rinforzare una posizione egoica ("io sono l'osservatore che osserva i fenomeni"), ma esattamente il contrario: c'è un processo di osservazione da cui emergono tanto un soggetto quanto uno o più oggetti. Qui si entra nella non-mente, nella non-meditazione (tradizionale o preliminare), cioè in una posizione in cui "si" osserva la coemergenza di soggetto ed oggetto.
Più che cercare qualcosa, si "cerca" di disfare ogni esperienza convenzionale. Allora c'è una decostruzione esistenziale, anche di se stessi, che avviene in uno spazio privo di elaborazione concettuale. La mente compie un passo indietro e dimora con gioia, chiarezza e assenza di pensieri nell'apertura da cui emergono sia il soggetto sia l'oggetto.
In pratica, il meditante prende le distanze dal mondo duale, vive distaccato dai ruoli sociali (per quanto possibile), osserva il mondo e se stesso come se guardasse uno spettacolo teatrale, un sogno o un film, e cerca di sradicare le strutture profonde della mente umana che portano ad una visione convenzionale e distorta della realtà.
venerdì 7 febbraio 2014
La favola cristiana
Una frase attribuita falsamente a Papa Leone X dice: "La storia ci ha insegnato quanto quella favola riguardo a Cristo ci abbia giovato".
In realtà, conoscendo la corruzione della Chiesa, potremmo correggerla così: "La storia ci ha insegnato quanto quella favola riguardo a Cristo ci abbia nuociuto".
E non mi riferisco solo ai noti delitti della Chiesa (l'antisemitismo, le persecuzioni religiose, le guerre "sante", il colonialismo, la collusione con il fascismo, l'aiuto dato ai criminali nazisti, la pedofilia, la persecuzione degli omosessuali, l'antifemminismo, le posizioni sbagliate sulla contraccezione, ecc.), e neppure alle continue interferenze sulla politica italiana, causa principale della nostra arretratezza culturale e sociale, ma alle idee vecchie e superate su Dio stesso. In fondo, il cristianesimo è il massimo tentativo, nella storia umana, di antropomorfizzare il divino - un errore che ha creato nella mente dei credenti una distorsione insuperabile.
E, poi, raccontare favole non fa mai bene. Si falsifica la realtà e si fonda una religione sulla menzogna. I frutti sono sotto gli occhi di tutti.
La religione deve guardare in faccia la realtà, non cercare di fabbricare miti o di ottundere la mente per tenere calmi gli animi.
In realtà, conoscendo la corruzione della Chiesa, potremmo correggerla così: "La storia ci ha insegnato quanto quella favola riguardo a Cristo ci abbia nuociuto".
E non mi riferisco solo ai noti delitti della Chiesa (l'antisemitismo, le persecuzioni religiose, le guerre "sante", il colonialismo, la collusione con il fascismo, l'aiuto dato ai criminali nazisti, la pedofilia, la persecuzione degli omosessuali, l'antifemminismo, le posizioni sbagliate sulla contraccezione, ecc.), e neppure alle continue interferenze sulla politica italiana, causa principale della nostra arretratezza culturale e sociale, ma alle idee vecchie e superate su Dio stesso. In fondo, il cristianesimo è il massimo tentativo, nella storia umana, di antropomorfizzare il divino - un errore che ha creato nella mente dei credenti una distorsione insuperabile.
E, poi, raccontare favole non fa mai bene. Si falsifica la realtà e si fonda una religione sulla menzogna. I frutti sono sotto gli occhi di tutti.
La religione deve guardare in faccia la realtà, non cercare di fabbricare miti o di ottundere la mente per tenere calmi gli animi.
giovedì 6 febbraio 2014
La "chiara luce"
Alla base della mente si trova una consapevolezza pura - priva di elaborazioni concettuali - di ciò che è, ossia del fondamento di tutte le cose. Questa consapevolezza è simile ad una chiara luce, in quanto fa vedere ciò che abitualmente viene oscurato dalle varie attività mentali. Ed è evidente che, per arrivarci, bisogna svuotare la mente da pensieri, immagini, fantasie e discriminazioni.
In questo vuoto o silenzio mentale, rifulge la "chiara luce", che, proprio come un cielo sgombro di nuvole, ci mostra cosa sia la realtà originale.
La "chiara luce" permette una visione limpida e distaccata delle cose, degli avvenimenti, delle persone e di se stessi. Ed è uno dei grandi prodotti della meditazione.
In questo vuoto o silenzio mentale, rifulge la "chiara luce", che, proprio come un cielo sgombro di nuvole, ci mostra cosa sia la realtà originale.
La "chiara luce" permette una visione limpida e distaccata delle cose, degli avvenimenti, delle persone e di se stessi. Ed è uno dei grandi prodotti della meditazione.
mercoledì 5 febbraio 2014
La donna nella religione
Non è giusto mettere sullo stesso piano aborto ed eutanasia. Non è giusto preoccuparsi soltanto dell'inizio e della fine della vita dimenticandosi quello che c'è in mezzo; lo dice perfino il neosegretario della Conferenza episcopale italiana, Nunzio Galantino: "La vita va difesa in tutta la sua interezza, non dicendo solo no all'aborto o all'eutanasia". Alleluia! E aggiunge anche che non ha senso dare soldi alla scuola privata se si tolgono alla scuola pubblica. Alleluia!
Se non si opera a favore di una famiglia agevolata nei vari servizi sociali, se non ci si preoccupa delle condizioni del lavoro, che senso ha gettare la croce (è proprio il caso di dirlo) su una povera donna che non se la sente di portare avanti una gravidanza o che magari è stata violentata?
Che cos'è la donna? Un contenitore vuoto che deve accettare qualunque cosa, una macchina riproduttiva senza anima? È questa l'idea che ha la Chiesa della donna? Un'idea equiparabile a quella dei tanti autori di femminicidi e di violenze fisiche sul corpo femminile.
D'altronde, se la donna è considerata un essere inferiore, qual è la responsabilità della Chiesa? Perché ancora oggi i Papi si ostinano ad escluderla dal sacerdozio? Perché continuano a concepire Dio come un Padre, cioè un maschio? Se questa è la mentalità della Chiesa, figuriamoci quella del popolo.
Diciamoci la verità: nella nostra società maschilista, Gesù non avrebbe mai potuto essere una donna! Il Salvatore doveva essere un maschio. E qui c'è tutta l'arretratezza culturale e morale di queste antiche ed antiquate religioni che continuano purtroppo a dominare le menti della maggior parte degli uomini.
Se non si opera a favore di una famiglia agevolata nei vari servizi sociali, se non ci si preoccupa delle condizioni del lavoro, che senso ha gettare la croce (è proprio il caso di dirlo) su una povera donna che non se la sente di portare avanti una gravidanza o che magari è stata violentata?
Che cos'è la donna? Un contenitore vuoto che deve accettare qualunque cosa, una macchina riproduttiva senza anima? È questa l'idea che ha la Chiesa della donna? Un'idea equiparabile a quella dei tanti autori di femminicidi e di violenze fisiche sul corpo femminile.
D'altronde, se la donna è considerata un essere inferiore, qual è la responsabilità della Chiesa? Perché ancora oggi i Papi si ostinano ad escluderla dal sacerdozio? Perché continuano a concepire Dio come un Padre, cioè un maschio? Se questa è la mentalità della Chiesa, figuriamoci quella del popolo.
Diciamoci la verità: nella nostra società maschilista, Gesù non avrebbe mai potuto essere una donna! Il Salvatore doveva essere un maschio. E qui c'è tutta l'arretratezza culturale e morale di queste antiche ed antiquate religioni che continuano purtroppo a dominare le menti della maggior parte degli uomini.
martedì 4 febbraio 2014
Cambiare il mondo
Soggetto e oggetto nascono insieme, sono come le due facce di una stessa medaglia: sono due poli inestricabili. Se cambia l'uno, cambia anche l'altro.
Mente e mondo, interno ed esterno, conoscente e conosciuto, sono da una parte distinti, ma dall'altra complementari. L'uno non potrebbe esistere senza l'altro. L'uno determina l'altro.
Ciò significa che, nel momento in cui si conosce, si pone sia l'oggetto sia il soggetto. Il soggetto, nel conoscere, pone in essere l'oggetto; e l'oggetto, nel momento in cui è conosciuto, pone in essere il soggetto.
Per cambiare il mondo, devo dunque cambiare me stesso; e, per cambiare me stesso, devo cambiare il mondo che mi circonda. In genere, noi, per cambiare le cose, partiamo dal cambiare il mondo, l'ambiente, l'esterno... in modo che questo si rifletta su di noi. Ma si può partire anche dall'altra estremità: il soggetto. Se cambiamo il soggetto, cioè noi stessi, cambieremo il mondo.
Cambiando il nostro stato d'animo, la nostra esperienza interiore,cambieremo concretamente l'esterno, ciò che ci circonda.
Questo è un invito a cambiare se stessi per cambiare il mondo.
Mente e mondo, interno ed esterno, conoscente e conosciuto, sono da una parte distinti, ma dall'altra complementari. L'uno non potrebbe esistere senza l'altro. L'uno determina l'altro.
Ciò significa che, nel momento in cui si conosce, si pone sia l'oggetto sia il soggetto. Il soggetto, nel conoscere, pone in essere l'oggetto; e l'oggetto, nel momento in cui è conosciuto, pone in essere il soggetto.
Per cambiare il mondo, devo dunque cambiare me stesso; e, per cambiare me stesso, devo cambiare il mondo che mi circonda. In genere, noi, per cambiare le cose, partiamo dal cambiare il mondo, l'ambiente, l'esterno... in modo che questo si rifletta su di noi. Ma si può partire anche dall'altra estremità: il soggetto. Se cambiamo il soggetto, cioè noi stessi, cambieremo il mondo.
Cambiando il nostro stato d'animo, la nostra esperienza interiore,cambieremo concretamente l'esterno, ciò che ci circonda.
Questo è un invito a cambiare se stessi per cambiare il mondo.
domenica 2 febbraio 2014
Sulla calma
Il nostro mondo non capisce il valore della calma - e del suo corollario: la gentilezza. È convinto che l'uomo dia il meglio di sé nella passione; c'è perfino una "passione di Cristo"...
E così, senza accorgersene, contribuisce a rendere se stesso un luogo infernale, dominato da lotte, guerre e contrapposizioni continue. "Crescete e moltiplicatevi!" ecco il comandamento del Dio passionale; crescete, aumentate, espandetevi, conquistate e guadagnate... sempre di più.
Ma fino a quando? Fino a dove? Il nostro pianeta non è un ambiente limitato? Ma, certo, ci sono gli altri pianete da colonizzare!
Se questa è la mentalità aggressiva e competitiva che ispira l'uomo, non ci meravigliamo se viviamo in un mondo di sofferenze.
Verrà mai un tempo in cui la calma, la tranquillità e la contemplazione verranno considerati valori primari? Certo, un'utopia. Le masse devono vivere di passioni tanto travolgenti quanto transitorie, di un attivismo confuso e predatorio, di espansioni egoiche... Io, io, io... Che cosa dice il Dio biblico non appena apre bocca? "Io sono colui che è... Io..."
L'io è la più grande passione del mondo, la sua frenesia.
E, allora, avanti così! Quale sarà la prossima guerra? Quale sarà la prossima competizione? Quale sarà la prossima crisi? Tanti "io" in lotta...
E così, senza accorgersene, contribuisce a rendere se stesso un luogo infernale, dominato da lotte, guerre e contrapposizioni continue. "Crescete e moltiplicatevi!" ecco il comandamento del Dio passionale; crescete, aumentate, espandetevi, conquistate e guadagnate... sempre di più.
Ma fino a quando? Fino a dove? Il nostro pianeta non è un ambiente limitato? Ma, certo, ci sono gli altri pianete da colonizzare!
Se questa è la mentalità aggressiva e competitiva che ispira l'uomo, non ci meravigliamo se viviamo in un mondo di sofferenze.
Verrà mai un tempo in cui la calma, la tranquillità e la contemplazione verranno considerati valori primari? Certo, un'utopia. Le masse devono vivere di passioni tanto travolgenti quanto transitorie, di un attivismo confuso e predatorio, di espansioni egoiche... Io, io, io... Che cosa dice il Dio biblico non appena apre bocca? "Io sono colui che è... Io..."
L'io è la più grande passione del mondo, la sua frenesia.
E, allora, avanti così! Quale sarà la prossima guerra? Quale sarà la prossima competizione? Quale sarà la prossima crisi? Tanti "io" in lotta...
La vacuità
Vacuità significa che tutte le cose non hanno una natura indipendente, poiché dipendono le une dalle altre. Questo non significa che le cose non esistano. Esistono, ma non esistono di per sé. Sono come i nodi di un'unica rete. Il che mi sembra evidente.
Siccome dentro di noi conosciamo questa verità, la nostra più grande paura è di non essere... di non essere proprio nulla. E non abbiamo tutti i torti.
Ora, nulla non siamo. Qualcosa siamo. Siamo apparenze, immagini, fenomeni energetici, elettrici, magnetici... appariamo per un attimo e poi svaniamo. Non ci inganni l'apparente solidità della carne o della terra. Sappiamo che al fondo si tratta di particelle fatte di... cariche elettriche?
La rete che connette tutto è come un film dalle mille trame e dalle mille immagini; e noi siamo quelle trame e quelle immagini. Basta che manchi la luce e noi spariamo tutti.
L'idea della rete rende bene l'idea del vuoto che esiste tra una maglia e l'altra. Proprio come un film è fatto di luci e di ombre e come la musica è fatta di di suoni e di silenzi, noi siamo sostanziati di vuoto, noi abbiamo bisogno del vuoto per essere.
Al nostro fondo, c'è un immenso vuoto, una vacuità densa di tutte le possibilità.
Se vogliamo ritrovare il nostro essere più profondo, dobbiamo cercare di raggiungere questo vuoto. E, magari, ricostruire tutto da capo... possibilmente meglio.
Siccome dentro di noi conosciamo questa verità, la nostra più grande paura è di non essere... di non essere proprio nulla. E non abbiamo tutti i torti.
Ora, nulla non siamo. Qualcosa siamo. Siamo apparenze, immagini, fenomeni energetici, elettrici, magnetici... appariamo per un attimo e poi svaniamo. Non ci inganni l'apparente solidità della carne o della terra. Sappiamo che al fondo si tratta di particelle fatte di... cariche elettriche?
La rete che connette tutto è come un film dalle mille trame e dalle mille immagini; e noi siamo quelle trame e quelle immagini. Basta che manchi la luce e noi spariamo tutti.
L'idea della rete rende bene l'idea del vuoto che esiste tra una maglia e l'altra. Proprio come un film è fatto di luci e di ombre e come la musica è fatta di di suoni e di silenzi, noi siamo sostanziati di vuoto, noi abbiamo bisogno del vuoto per essere.
Al nostro fondo, c'è un immenso vuoto, una vacuità densa di tutte le possibilità.
Se vogliamo ritrovare il nostro essere più profondo, dobbiamo cercare di raggiungere questo vuoto. E, magari, ricostruire tutto da capo... possibilmente meglio.
Il Grande Elemosiniere
Che bello! È tornata la miseria, quella vera, quella con i mendicanti per le strade. Finalmente il cattolico può dimostrare la sua carità. Finalmente il Papa può girare accompagnato dal suo Grande Elemosiniere, che elargisce denaro ai bisognosi. Con quale criterio? Nessuno - a capocchia. Chi riesce a farsi sentire, a farsi raccomandare, chi ha buone conoscenze, chi si umilia davanti al potente riceverà qualche spicciolo. Ma vuoi mettere come si sente gratificato chi fa la carità?
D'altronde, anche Gesù faceva lo stesso: compiva miracoli con amici, parenti, raccomandati e con chi si prostrava davanti a lui riconoscendone il potere. Se non lo chiamavano, se non lo imploravano, non interveniva. Per chi non lo conosceva, non faceva niente.
Quando è stato eletto Papa Francesco, lo Spirito Santo aveva capito che si stava diffondendo la povertà in Europa ed è andato a scegliere un Papa argentino... in modo che anche l'Italia potesse diventare come uno dei paesi sudamericani, sempre sull'orlo della bancarotta e pieno zeppo di plebi immiserite e senza diritti, in balia dei pochi ricchi.
Per fortuna ci sono le televisioni che ci trasmettono insulsi filmetti su preti e suore buonissimi e generosissimi. Questi sì che sono buoni esempi! E i dirigenti delle reti, sempre sorvegliati dalle associazioni cattoliche, possono dormire sonni tranquilli. Tutto le altre realtà - i preti pedofili, la banca del Vaticano che ricicla denaro sporco e le immense ricchezze del Papa - devono essere censurate.
Dunque, il Medioevo avanza, e la Chiesa, sempre all'avanguardia nella reazione, è in prima fila con la sua eterna Controriforma. Siate poveri e guadagnerete il regno dei cieli!
Distrutto lo Stato sociale, dove venivano riconosciuti i diritti di tutti, ecco che ritorniamo allo Stato feudale, dove esistono solo i privilegi di pochi. Ma in grazia di Dio!
D'altronde, anche Gesù faceva lo stesso: compiva miracoli con amici, parenti, raccomandati e con chi si prostrava davanti a lui riconoscendone il potere. Se non lo chiamavano, se non lo imploravano, non interveniva. Per chi non lo conosceva, non faceva niente.
Quando è stato eletto Papa Francesco, lo Spirito Santo aveva capito che si stava diffondendo la povertà in Europa ed è andato a scegliere un Papa argentino... in modo che anche l'Italia potesse diventare come uno dei paesi sudamericani, sempre sull'orlo della bancarotta e pieno zeppo di plebi immiserite e senza diritti, in balia dei pochi ricchi.
Per fortuna ci sono le televisioni che ci trasmettono insulsi filmetti su preti e suore buonissimi e generosissimi. Questi sì che sono buoni esempi! E i dirigenti delle reti, sempre sorvegliati dalle associazioni cattoliche, possono dormire sonni tranquilli. Tutto le altre realtà - i preti pedofili, la banca del Vaticano che ricicla denaro sporco e le immense ricchezze del Papa - devono essere censurate.
Dunque, il Medioevo avanza, e la Chiesa, sempre all'avanguardia nella reazione, è in prima fila con la sua eterna Controriforma. Siate poveri e guadagnerete il regno dei cieli!
Distrutto lo Stato sociale, dove venivano riconosciuti i diritti di tutti, ecco che ritorniamo allo Stato feudale, dove esistono solo i privilegi di pochi. Ma in grazia di Dio!
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