venerdì 6 luglio 2012
Le particelle di Dio
Pare che sia stata scovata "la particella di Dio", il bosone di Higgs, che darebbe una massa a tutte le altre particelle. La sua importanza deriva dal fatto che costringerebbe le componenti della materia ad aggregarsi e a interagire fra loro; si tratterebbe perciò di una specie di colla universale. Sarebbe apparsa un nanosecondo dopo il Big Bang, circa 14 miliardi di anni fa. Le stelle, i pianeti e gli esseri viventi devono la loro esistenza a questa particella. Sembrerebbe dunque che Dio sia un grande fisico, che prima ha calcolato un piano perfetto e poi ha sparato il suo unico colpo. Da quel momento tutto si sarebbe svolto secondo un programma preordinato che ha portato la creazione ad essere ciò che vediamo. Ma, in questa concezione scientifica, non si scorge nessun altro intervento - Dio c'è stato all'inizio e poi si è ritirato. E, soprattutto, non si vede ombra di un qualche interessamento a ciò che è stato creato. Come un maschio irresponsabile, Dio ha sparato la propria energia e poi è fuggito da ogni responsabilità. Indifferente agli immani cataclismi della creazione e alla sorte delle creature.
Da questo Dio dei fisici non viene un'immagine rassicurante: più che altro un bombarolo, amante degli esplosivi. Una mente gelida, lontanissima da quel che ci aspettiamo da un Dio Padre o Madre. Un universo desolatamente vuoto dell'elemento divino.
Tra il gelido Dio dei fisici e l'infantile Dio delle religioni, con i suoi profeti, i suoi salvatori, i suoi libri sacri, i suoi preti, i suoi paradisi, i suoi inferni e la sua immancabile assenza, c'è una terza via.
L'osservazione e la riflessione ci dicono che Dio, in quanto energia creatrice, è volontà di vita - di vita e di morte. Morte per vivere e per rinnovarsi. Potente spinta all'affermazione e al rinnovamento della vita, in tutte le forme possibili. Non soltanto qualcosa che sta all'inizio e poi si ritira, ma una Forza che continua ad essere e a frammentarsi. Il divino in tal senso è dappertutto, dalle prime particelle agli esseri pensanti.
La vita infatti non è fine a se stessa, non è qualcosa di concluso e di fisso. La vita è cambiamento, processo ed evoluzione. Non basta quello che siamo e quello che abbiamo raggiunto; dobbiamo andare avanti, dobbiamo essere sempre di più e meglio. Se la coscienza è un punto di svolta, la sua progressione non è finita.
La spinta prepotente della creazione non lascia immobile nessuna cosa. Tutto deve trasformarsi e crescere. Siamo sospinti dalla forza di questo immenso fiume.
Forse, ogni tanto, vorremmo resistere e fermarci. Ma ormai la spinta è dentro di noi, è... noi. Anche se ci rintaniamo in una caverna o in monastero, essa non molla la pressione e ci fa andare avanti, verso il prossimo stadio. Si chiama tempo, si chiama vita-e-morte, si chiama evoluzione. Non possiamo bloccarci, non possiamo tornare indietro, non possiamo opporci - siamo tutti particelle di Dio. Ecco perché, invece di invocare un salvatore esterno, è meglio far appello alla spinta divina che è già in noi. Guardiamo bene in fondo a noi.
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