lunedì 1 aprile 2013
Speranze e illusioni
"Se strappi all'uomo comune le illusioni, con lo stesso colpo gli strappi anche la felicità" diceva Henrik Hibsen. In effetti le illusioni sono i desideri che ciascuno di noi pensa di realizzare: la felicità, l'amore, la salute, la ricchezza, la fama, una vita tranquilla, l'immortalità dopo la morte e così via. Viviamo per raggiungere questi obiettivi, che in un certo senso ci riscaldano il cuore. Anche se a poco a poco molte di queste speranze si infrangono (siamo infelici, veniamo abbandonati da chi amiamo, ci ammaliamo, perdiamo persone care, non ci arricchiamo, ecc.), le illusioni non cessano fino all'ultimo momento… Potremmo sempre risvegliarci dopo la morte in un altro mondo, dove saremo amati incondizionatamente, dove non dovremo faticare per vivere, dove tutti ci saranno amici, ecc.
Le illusioni non ci abbandonano mai; sono la meta che non smettiamo mai di inseguire, ci danno un senso nella vita, ci fanno sperare che un giorno le cose cambieranno. È difficile definire la differenza tra illusione e speranza: l'illusione è una speranza che non si realizza mai. Ma come saperlo in anticipo? Chi mi impedisce di arricchirmi di colpo, di trovare il vero amore o di guarire da una grave malattia? In questo mondo succede di tutto. Quando la speranza ci abbandona davvero, quando capiamo che non ce la faremo mai, quando ci rendiamo conto che non guariremo mai, che siamo condannati a vivere sempre nel grigiore e nell'indigenza, allora subiamo un trauma – e qualcuno può suicidarsi. Fine della speranza? Non proprio: si spera comunque che la sofferenza cessi.
Ci sono religioni, però, che ci dicono che bisogna liberarsi di queste illusioni, anzi che sono proprio queste illusioni, questi desideri che alimentano – attraverso il meccanismo della delusione – la nostra sofferenza. In Oriente, dove si crede alla reincarnazione, si dice addirittura che la sofferenza non cessa neppure con la morte, perché prima o poi seguirà una nuova vita dove dovremo fare i conti con ciò che abbiamo fatto nella precedente. Ma anche nelle altre religioni, dove non si crede alla reincarnazione, si crede comunque a paradisi, inferni e purgatori, che sono pur sempre la stessa cosa. L'unica vera fine della sofferenza – ci dice il buddhismo – sarebbe l'estinzione totale. E, da un punto di vista logico, non si può dargli torto. Finché esiste un ego cosciente, esisteranno illusioni e sofferenze, esisteranno desideri e sconfitte – nonché i loro contrari.
Noi uomini sappiamo, consapevolmente o inconsciamente, tutte queste cose. Sappiamo che la vita sarà dura, sappiamo che dovremo soffrire. Ma non arriviamo a conclusioni definitive, come si fa in Oriente. Pensiamo che alla fine si faranno i conti, e speriamo (o ci illudiamo) che le cose positive saranno superiori a quelle negative – e tanto ci basta.
Ma che cosa succederà se il bilancio sarà in rosso? Nell'ultimo momento sapremo. Già… ma non saremo più in grado di rimediare. Questo ragionamento ci suggerisce di farci un'opinione finché siamo in tempo. Non si tratta solo di esaminare quello che hanno detto gli altri uomini - pensatori, filosofi, religiosi, ecc. -, ma anche di raggiungere dentro di noi, per quanto possibile, una chiarezza mentale in cui le cose appaiono per quelle che sono e non per quello che vorremmo. Diceva Seneca: “Sarai tu stesso a procurarti motivi di affanno, ora affidandoti alla speranza, ora abbandonandoti alla disperazione? Se sei saggio unisci una cosa all'altra: non sperare senza disperazione e non disperare senza speranza”.
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Salve, la seguo da tempo e non posso fare a meno di esprimerle la mia ammirazione per la profonda cultura e l'arguta capacità di analisi. Con stima Marco Ferrari
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