venerdì 28 ottobre 2011
Stranieri nel mondo
Nei campi di concentramento nazisti sopravviveva solo chi si sentiva al di fuori, al di sopra di quella situazione terribile, solo chi non si identificava con l'odio, con la violenza e con lo stato di costrizione che venivano imposti su tutti, solo chi riusciva a vedere uno sprazzo di cielo pur in mezzo a quelle tenebre, solo che aveva la capacità di sognare, di sperare, di astrarsi o di mirare in alto... nonostante tutto. Ma lo stesso succede nel mondo che in fondo è un campo di concentramento solo più grande, solo più confortevole. Ad esso sopravviverà chi si sente al di sopra, chi non smette di tendere ad un'altra dimensione, chi percepisce di vivere nel mondo ma di non essere del mondo, chi sa di essere qualcosa di più, chi cura la propria anima e la consolida. Non a caso Platone pensava nel mito della caverna che gli uomini vivessero in una specie di prigione nella quale potevano vedere solo ombre della realtà. Comunque, a poco a poco, ci si può avvicinare all'uscita della caverna, rivedere la luce e contemplare il cielo... purché si mantenga viva la capacità di vedere al di sopra e al di fuori della prigione e ci si alleni a disidentificarsi da questi quattro muri. La meditazione ha proprio questo scopo: percepire che si è qualcosa di più, che al proprio centro c'è il centro dell'essere e che è possibile uscire dalla prigionia mantenendo desta l'attenzione. Non c'è altra via. Non c'è nessun salvatore. Ci siamo solo noi.
lunedì 24 ottobre 2011
Viva la Grecia
Faccio un discorso culturale, non economico. Non è possibile che la Grecia sia buttata fuori dall'Europa. Gli ometti e le donnette che governano l'Europa lo sanno questo? Sanno che senza la Grecia non ci sarebbe stata l'Europa? Ho l'impressione che l'attuale crisi mondiale sia provocata dall'aver dato la supremazia al denaro. Il Dio denaro. Ormai i valori di questo capitalismo selvaggio e autodistruttivo sono solo valori numerari. Se vogliamo superare la crisi, buttiamo fuori piuttosto gli economisti e i finanzieri e mettiamo al loro posto gli uomini di cultura.
Le radici della felicità
Le radici della felicità non sono fuori di noi, negli avvenimenti fortunati che possono capitarci. Perché per un po' potremo gioire, ma poi nuovi avvenimenti, ci riporteranno in basso. Le difficoltà non mancheranno mai. Se dunque faremo affidamento sulle cose esterne, dovremo vivere sempre come in un'altalena, e certe avversità potrebbero distruggerci. Tutta la saggezza del mondo converge su un unico punto: la fonte della felicità, che nessun avvenimento esterno potrà cancellare, è dentro di noi, nel profondo del nostro essere. E' questa fonte che dobbiamo scoprire e curare; su di essa potremo avere il controllo. Ecco perché meditare.
domenica 23 ottobre 2011
Come foglie
Morto Gheddafi. Non aveva neanche tentato di fuggire dal suo paese. Pensava di essere insostituibile e invincibile; non aveva consapevolezza che la cosa più importante è la vita, non il potere. Il meno che si possa dire è che aveva presunto troppo da se stesso. Non si rendeva conto di essere lui il più grande ostacolo allo sviluppo del suo paese. Che sia di lezione ai palloni gonfiati di casa nostra, che si credono insostituibili, uomini della Provvidenza, unti da Dio. Nei nostri ruoli sociali, tutti siamo sostituibili. Solo il nucleo dell'essere personale è individuale e unico. Anche il più grande potente è importante quanto una foglia.
venerdì 21 ottobre 2011
Perché meditare?
Ogni tanto qualche lettore mi domanda: ma a che cosa serve la meditazione? Ed evidentemente non ha mai provato a meditare o si aspettava risultati miracolistici. Ora, al di là dei benefici spirituali (che però non interessano tutti), la risposta terra terra è la seguente: serve a potenziare calma e chiarezza . Non costa nulla, non ha bisogno di nessun maestro e non porta via molto tempo. La calma nasce dalla posizione ferma che si deve assumere nella meditazione e dalla necessità di tranquillizzare il corpo e la mente; e la chiarezza della mente nasce dallo scopo dichiato della meditazione: l'illuminazione. Lasciando perdere la mitologia e la mistica, il termine "illuminazione" sta a indicare proprio lo schiarimento della mente, il vedere le cose come in una mattina serena, l'improvvisa liberazione del cielo dalle nuvole che lo coprivano. Si ottiene allora uno stato di benessere. Calma, chiarezza e benessere permettono di vivere meglio e soprattutto di capire più se stessi, gli altri e il mondo; sono fattori che sviluppano la consapevolezza.
domenica 16 ottobre 2011
Gli effetti nefasti della Chiesa
Hans Kung, nel suo ultimo libro Salviamo la Chiesa (Rizzoli), sostiene che la Chiesa cattolica sta attraversando la sua crisi più grave dai tempi della Riforma luterana; e il motivo è la sua struttura monarchica, che impedisce ogni rinnovamento. Infatti, dopo aver affossato il Concilio, i due ultimi papi si sono arroccati nei dogmi e nella tradizioni più oscurantiste senza più tener conto delle esigenze dei fedeli e nascondendo deliberatamente scandali come quello della pedofilia. Concordo e aggiungo che sull'Italia - l'unico paese al mondo che ha ceduto parte della sua sovranità alla Chiesa - questa Controriforma di sapore medievale ha avuto effetti nefasti, non solo sulle innumerevoli leggi sociali che sono state stoppate e che avrebbero ammodernato il paese, ma anche sull'ultimo regime politico, che dalla Chiesa prende esempio per esercitare impunemente forme di neofascismo, in dispregio anch'essi delle esigenze dei cittadini. Proprio come nel ventennio fascista, nel ventennio berlusconiano la Chiesa ha benedetto e appoggiato il regime, e ha osannato l'uomo della Provvidenza. Uno di questi osannatori era don Verzé, un altro uomo della Provvidenza che è finito fallito. Più volte ha dichiarato la sua amicizia e il suo appoggio a Berlusconi. Io però, a differenza di Hans Kung, ritengo che questa sia semplicemente la Chiesa cattolica, un'istituzione che non può essere in nessun modo salvata. Il suo autoritarismo, il suo totalitarismo è costituzionale. Non è bastato un papa come Giovanni XXIII a salvarla. E infatti lui è stato subito dimenticato. Era l'eccezione, non la regola.
sabato 15 ottobre 2011
Respiro e spirito
Di solito quando si incomincia a meditare si parte dalla consapevolezza del respiro. Il respiro infatti ci accompagna tutta la vita e, quando siamo morti, si dice che siamo "spirati". Il respiro è vita, quando si ferma è morte. Inoltre segue tutte le nostre emozioni: se siamo agitati è agitato; se siamo tranquilli è calmo; se siamo nervosi è irregolare; se siamo ansiosi ci stringe il petto; se siamo gioiosi si allarga, e così via. Portare l'attenzione al respiro è dunque un modo per diventare consapevoli dei nostri stati d'animo. E calmare il respiro, renderlo lento, regolare e profondo, quasi impercettibile, significa portare la mente nel suo stato più meditativo. Un piccolo trucco: prima di mettervi a osservare il respiro, fate qualche movimento di ginnastica o muovetevi un po', in modo da accelerarlo. A quel punto fermatevi e seguite il processo con cui il respiro si calma. Vedrete che anche la mente si calmerà. Quando la mente-respiro si sarà calmata, la vostra visione delle cose sarà più chiara... il che è una forma di piccola illuminazione.
Non ci dimentichiamo che le parole "respiro" e "spirito" hanno la stessa origine etimologica. In altri termini si è sempre saputo istintivamente che l'essenza della vita è nello stesso tempo il respiro e lo spirito. In India si chiama prana. Chi dunque affonda nelle profondità del respiro affonda nelle profondità dello spirito.
Non ci dimentichiamo che le parole "respiro" e "spirito" hanno la stessa origine etimologica. In altri termini si è sempre saputo istintivamente che l'essenza della vita è nello stesso tempo il respiro e lo spirito. In India si chiama prana. Chi dunque affonda nelle profondità del respiro affonda nelle profondità dello spirito.
venerdì 14 ottobre 2011
Il peccato del cristianesimo
Come raccontano gli Atti degli apostoli, quando san Paolo arrivò ad Atene cercò di diffondere la sua fede discutendo anche con filosofi epicurei e stoici, e fu invitato ad esporre la sua dottrina all'Areopago. Qui trovò un'ara con l'iscrizione "Al Dio ignoto" e subito si lanciò a proclamare che lui Dio lo conosceva e sapeva chi era - era un uomo, morto sulla croce. Gli intellettuali dell'epoca si misero a deriderlo e lo presero per un ciarlatano. Come poteva Dio, che è infinito e inconoscibile, presentarsi sotto forma di uomo? Era certamente un'assurdità. Ma non potevano prevedere che quell'assurdità sarebbe prevalsa sull'idea di un Dio trascendente. Come mai? In effetti si trattava di una riduzione antropomorfa, ovvero di un desiderio di deificarsi - se Dio si fa uomo, l'uomo è Dio. Ebbe così inizio la grande opera di distruzione della trascenza operata dal cristianesimo. E ormai oggi, nei popoli cristiani o ex-cristiani, non è più possibile pensare a Dio. La teologia stessa è incapace di concepire la trascendenza. In verità, quel "Dio ignoto" era tale solo perché veniva considerato inconoscibile. Era una forma di rispetto per Dio stesso. Ma la mente ristretta di san Paolo non poteva capirlo. Lui non poteva concepire niente al di là dei suoi piccoli limiti. La volgarità teologica avrebbe avuto la prevalenza. La moneta cattiva avrebbe cacciato la moneta buona.
Felicità e serenità
Un mio libro che è stato scritto nel 1997 e che continua a essere ristampato s'intitola L'arte della serenità. Insomma non un best-seller ma un long-seller, come dice l'Editore. L'avevo intitolato così, e non L'arte della felicità, perché mi pareva troppo pretenzioso voler scrivere addirittura un manuale sul come essere felici. Chi può darci dei consigli sul come essere felici? E come fare a essere felici senza essere anche infelici? La saggezza infatti ci spinge a cercare, più che un sentimento passionale come la felicità, uno stato d'animo più pacato, la serenità. La felicità non è controllabile e dipende in gran parte da circostanze esterne. La serenità invece è qualcosa su cui si può lavorare. Inoltre, quando le cose ci vanno male, è possibile essere sereni, ma non è possibile essere felici. Forse la serenità è un poco più grigia, ma in tempi duri è un bene prezioso. Certo, la felicità è un'altra cosa, però ha un grande difetto. Quando se ne va - e in genere dura poco - lascia una grande sofferenza. Nel mondo duale in cui viviamo raggiungere un picco significa prima o poi dover discendere in un baratro. Meglio allora tenersi a mezza altezza, né troppo esaltati né troppo depressi. Una via di mezzo. Questa è la serenità: la capacità di barcamenarsi tra gli opposti, mantenere l'equilibrio. Il che non significa respingere la felicità quando arriva; significa piuttosto non perdere il senso della realtà. E già questo è uno strumento per non perdersi.
domenica 9 ottobre 2011
Spaccio legale
Domenica mattina. Alla radio, prima le omelie papali e poi lo sport. Insomma, l'oppio dei popoli nelle sue due versioni: religiosa e laica. La legge se la prende con la droga distribuita nelle strade e si dimentica di questo duplice oppio, ben più pericoloso, perché instupidisce senza farsene accorgere. E così il gregge segue mansueto: ha assicurato il divertimento su questa terra e la sopravvivenza nell'aldilà. Non deve più preoccuparsi di niente: basta che segua i pastori della Chiesa e dello Stato. Nessuno deve fare più il minimo sforzo, nessuno deve più pensare, nessuno deve più cercare; basta che segua la corrente - il rincretinimento è sicuro. Lo sfruttamento anche. In tal modo la gente perde la sua occasione, l'unica che ha per essere se stessa.
venerdì 7 ottobre 2011
La saggezza di Steve Jobs
Del fondatore della Apple, morto ieri, ricordo alcune frasi di un discorso tenuto nel 2005 all'Università di Stanford che risentono della cultura orientale degli anni '70. Sono in realtà i principi da seguire in ogni tempo per una vita realizzata:
"Il vostro tempo è limitato, ragion per cui non lo sprecate vivendo la vita di qualcun altro. Non fatevi intrappolare dai dogmi, il che vuol dire vivere seguendo i risultati del pensiero di altre persone. Non lasciate che il rumore delle opinioni altrui offuschi la vostra vita interiore. E, cosa più importante di tutti, abbiate il coraggio di seguire il vostro cuore e la vostra intuizione. In qualche modo loro sanno che cosa volete realmente diventare. Tutto il resto è secondario."
"Il vostro tempo è limitato, ragion per cui non lo sprecate vivendo la vita di qualcun altro. Non fatevi intrappolare dai dogmi, il che vuol dire vivere seguendo i risultati del pensiero di altre persone. Non lasciate che il rumore delle opinioni altrui offuschi la vostra vita interiore. E, cosa più importante di tutti, abbiate il coraggio di seguire il vostro cuore e la vostra intuizione. In qualche modo loro sanno che cosa volete realmente diventare. Tutto il resto è secondario."
L'arte della felicità
Scrive il Dalai Lama: "Per essere veramente felici in modo duraturo è necessario riconoscere innanzi tutto la realtà della sofferenza. Forse all'inizio è deprimente, ma alla lunga ci si guadagna" (OM, Mondadori, 20009). E' dunque necessario partire col piede giusto: non pretendere che un qualsiasi stato d'animo sia durevole, nel bene e nel male. Ma poi bisogna intervenire attivamente per evitare di cadere in balia di stati depressivi o comunque negativi. C'è gente infatti che - incredibile a dirsi - si coltiva con costanza la sofferenza; vuole in un certo senso soffrire più del necessario.
Bisogna infatti rendersi conto che gran parte della nostra infelicità nasce dalla mente. Al di là dei desideri fondamentali (il cibo, il sesso, ecc.), esistono numerosi desideri che sono semplicemente indotti da ambizioni inutili o sbagliate. Pensate all'uomo più ricco d'Italia che avrebbe tutto per godersi la vita, ma che vuole essere un grande statista e che, per questo motivo, si amarreggia la vita tutti i giorni. Forse quest'uomo è convinto che la felicità sia nel potere, nel dominio, nel far fare agli altri quel che vuole lui. Poveretto - intanto anche lui è schiavo della sua smania di potere, e sta male.
No, c'è una felicità elementare, comune a tutti, al ricco e al povero, che consiste nell'assaporare la gioia fondamentale del vivere che è dato da cose semplici e alla portata di tutti, come una giornata di sole dopo un periodo di maltempo, superare una malattia, scampare a un pericolo, essere sani, un'alba, un tramonto, una pioggia dopo la siccità, amare, crescere, imparare, leggere un bel libro, vedere un bel film, dormire quando si è stanchi, bere acqua quando si è assetati, fare un bagno in mare, passeggiare in un bosco, ecc.
Anche nella meditazione c'è al fondo una felicità: essere consapevoli di essere. Infatti nella teologia orientale, il principio di tutto viene definito sat-cit-ananda, ch significa "essere-coscienza-gioia". Il fondamento è dunque un'inestricabile connessione tra l'essere, l'essere consapevoli e l'essere felici. L'essere è di per sé una gioia, e chiunque ne sia consapevole viene inestito da questa luce.
Bisogna infatti rendersi conto che gran parte della nostra infelicità nasce dalla mente. Al di là dei desideri fondamentali (il cibo, il sesso, ecc.), esistono numerosi desideri che sono semplicemente indotti da ambizioni inutili o sbagliate. Pensate all'uomo più ricco d'Italia che avrebbe tutto per godersi la vita, ma che vuole essere un grande statista e che, per questo motivo, si amarreggia la vita tutti i giorni. Forse quest'uomo è convinto che la felicità sia nel potere, nel dominio, nel far fare agli altri quel che vuole lui. Poveretto - intanto anche lui è schiavo della sua smania di potere, e sta male.
No, c'è una felicità elementare, comune a tutti, al ricco e al povero, che consiste nell'assaporare la gioia fondamentale del vivere che è dato da cose semplici e alla portata di tutti, come una giornata di sole dopo un periodo di maltempo, superare una malattia, scampare a un pericolo, essere sani, un'alba, un tramonto, una pioggia dopo la siccità, amare, crescere, imparare, leggere un bel libro, vedere un bel film, dormire quando si è stanchi, bere acqua quando si è assetati, fare un bagno in mare, passeggiare in un bosco, ecc.
Anche nella meditazione c'è al fondo una felicità: essere consapevoli di essere. Infatti nella teologia orientale, il principio di tutto viene definito sat-cit-ananda, ch significa "essere-coscienza-gioia". Il fondamento è dunque un'inestricabile connessione tra l'essere, l'essere consapevoli e l'essere felici. L'essere è di per sé una gioia, e chiunque ne sia consapevole viene inestito da questa luce.
mercoledì 5 ottobre 2011
Meditazione e benessere
Ormai anche la scienza dimostra l'effetto positivo che le emozioni hanno sulla mente e sul corpo, nonché l'inestricabile connessione tra i due. Così qualunque cosa, anche un bicchiere di acqua zuccherata, può diventare un principio di benessere e di guarigione. Anche un canto, un suono o un simbolo possono diventare catalizzatori delle nostre energie - cosa che gli sciamani di un tempo sapevano molto bene. Ecco perché è bene coltivare le emozioni o le passioni positive. Una volta si parlava di "pensiero positivo", ma il termine pensiero non rende l'idea. Non è la mente razionale che deve lavorare: è tutto il nostro essere. Non basta ripetersi delle frasi positive; bisogna saper utilizzare le emozioni più interiori.
Tutto sommato, la meditazione, in quanto sviluppo della consapevolezza, al di fuori della mente razionale, segue lo stesso percorso. La consapevolezza infatti di cui parliamo è una forma di concentrazione o di attenzione verso quell'essere profondo che è la fonte del benessere e della gioia. Se così non fosse, l'essere, e quindi la vita, non esisterebbero... perché non avrebbero alcun vantaggio ad esistere. Con questo si risponde ad un'antica domanda della filosofia: perché c'è l'essere? perché il mondo esiste?
Ma noi non facciamo filosofia. Noi cerchiamo stati d'animo profondi che coincidono con le motivazioni fondamentali della vita... e della morte.
Tutto sommato, la meditazione, in quanto sviluppo della consapevolezza, al di fuori della mente razionale, segue lo stesso percorso. La consapevolezza infatti di cui parliamo è una forma di concentrazione o di attenzione verso quell'essere profondo che è la fonte del benessere e della gioia. Se così non fosse, l'essere, e quindi la vita, non esisterebbero... perché non avrebbero alcun vantaggio ad esistere. Con questo si risponde ad un'antica domanda della filosofia: perché c'è l'essere? perché il mondo esiste?
Ma noi non facciamo filosofia. Noi cerchiamo stati d'animo profondi che coincidono con le motivazioni fondamentali della vita... e della morte.
domenica 2 ottobre 2011
Le sette
Quando sento parlare di sette, mi colpisce sempre il gran numero di persone che sono pronte a farsi plagiare: evidentemente alleviamo un gran numero di psicolabili che sono disponibili a seguire il primo imbonitore che passa. E mi viene in mente che non esiste una differenza tra piccole sette e grandi sette: tutte hanno il loro santone, tutte predicano l'obbedienza,la fede e la sottomissione e tutte spillano soldi in una maniera o nell'altra. Certi movimenti ecclesiali o certi ordini religiosi della "setta maggiore", la Chiesa cristiana, si comportano esattamente come le sette minori: fanno di tutto per condizionare i loro adepti e farsi finanziare da loro. Il fatto è che non c'è da noi l'esaltazione del valore dell'autonomia mentale, la rivendicazione orgogliosa delle libertà di coscienza, l'abitudine a pensare con la propria testa e l'addestramento a giudicare da soli. C'è invece l'esaltazione dei valori del gregge: seguire il capo, il leader (anche politico), fidarsi ciecamente di lui, sacrificarsi per lui e non fare mai domande scomode. C'è dunque tutto un sistema educativo che spinge molte, troppe persone, a consegnarsi nella mani degli sfruttatori.
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