lunedì 4 novembre 2013

Utilizzare la stanchezza

In tempi di crisi, può sembrare che la meditazione sia una pratica da accantonare, in quanto urgono problemi pratici. Niente di più sbagliato. La nostra società è più ansiogena che mai, e più ti preoccupi più stai male e meno combini.
La gente non sa rilassarsi, questo è il problema. Detto così, sembra una scemenza. Ma sotto questa frase c'è uno dei segreti della vita.
La vita, infatti, come la corrente elettrica, ha una propria tensione, che in tempi di crisi può diventare talmente forte da minare il corpo e la mente, facendoci perdere la salute. Più stress, più tensione; più tensione, meno salute, meno equilibrio, meno lucidità di mente e più problemi.
Come fare a uscirne, a riprendere in mano il bandolo della matassa? Riposandosi. Più ci si riposa, più migliora la salute psico-fisica, e più migliora la salute psico-fisica, più diventiamo lucidi e più riusciamo a risolvere i nostri problemi. Ma qui c'è un grosso scoglio. Noi siamo abituati a far tutto con uno sforzo di volontà. Invece, per rilassarsi, bisogna lasciar perdere ogni sforzo.
Più mi sforzo, più mi stresso. Non posso ottenere lo stato meditativo con uno sforzo di volontà: è un controsenso.
Com'è possibile allora "volere" il riposo? Sfruttando i cicli vitali (circadiani) che già ci offrono periodi di attivismo alternati a periodi di rilassamento.
Questo tipo di riposo può non aver niente a che fare con il riposo notturno, in cui la mente (inconscia) rimane comunque in azione con tutte le sue ansie e le sue preoccupazioni.
Il riposo meditativo di cui parliamo è un sono senza sogni, un sonno in cui la mente si ferma. Il vuoto della mente, la non-mente, è possibile. Noi possiamo appurarlo.
Dopo ogni pasto, per esempio, ci sono due periodi favorevoli, in cui il corpo e la mente si rilassano. Utilizziamoli fino in fondo. Saltiamo su questa barca che passa e mettiamoci comodi.
Utilizziamo la stanchezza come un saggio consiglio della natura, come un invito a lasciarsi andare.
La parola d'ordine dovrebbe essere "lasciar andare", "lasciar cadere", ma sono parole. Non possiamo lasciar cadere impegnandoci, concentrandoci e sforzando la volontà. Dobbiamo ottenere il riposo senza sforzare la volontà, altrimenti ricadiamo nello stess: questo è il paradosso.
Nel momento in cui sentiamo che l'organismo psico-fisico tende a mollare, tende a rilassarci, non contrastiamolo. Inseriamoci in questo andamento lasciandoci andare ancora di più, rallentando mente e corpo. Può darsi che ci si addormenti per un po'. Lasciamo pur stare. Ci accorgeremo che dormiremo senza sogni, senza immagini, senza pensieri - ecco un esempio di non-mente. Quando ci risveglieremo, saremo più freschi e lucidi di prima, molto più capaci di affrontare le sfide della vita.
La meditazione serve alla vita di tutti i giorni, tanto più nei momenti di crisi.
Però, nel riposo c'è anche la spiritualità. Non si parla, per esempio, di "riposo eterno"? Certo, è la morte, ma una morte in cui ci risvegliamo dal sogno della vita.
In meditazione, dobbiamo morire a noi stessi. E il sonno senza sogni, il rilassamento è quanto di più vicino ci sia a questo stato.

"Né Apollo sta sempre con l'arco teso"
Orazio, Odi

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