Di solito il problema dell'aldilà viene posto in termini secchi: o si crede in qualche religione che ce lo promette o si pensa che tutto finisca con la morte. Il presupposto di queste posizioni estreme è ritenere che l'esistenza di un io, di una coscienza, di un'anima, sia il bene massimo - quello a cui tutti aspiriamo. Chi non vorrebbe continuare a vivere in un altro pianeta o in un'altra dimensione?
C'è solo il buddhismo che mette in discussione questo assunto. La prima cosa che dice è che non esiste un'anima, un ego autonomo, a sé stante, perché tutti gli enti sono interdipendenti. Cioè, esistono non di per sé, ma come parti di un tutto. Non esiste un sé permanente.
Ma allora dopo la morte c'è il nulla? No, dice il Buddha, perché rimangono tendenze e predisposizioni karmiche che, affamate di vita come sono, finiscono per reincarnarsi. Insomma, anche se non c'è un sé permanente, esiste qualcosa che si reincarna. Dunque, il sé non sarà eterno, ma permane a lungo, attraverso varie esistenze.
Il problema per il Buddha è che questo sé non eterno, ma a lungo permanente, è sostanziato di sofferenza. Che lui vorrebbe eliminare. Perché solo eliminando il sé, si elimina la sofferenza.
Ma eliminare la sofferenza non significa buttar via il bambino con l'acqua sporca? Certo, se non c'è il sé, non ci sarà dolore. Ma a che serve, se finisce tutto? Non è meglio vivere con il dolore anziché non vivere affatto?
Però, attenzione: il Buddha è contrario tanto al nichilismo quanto all'eternalismo, che vede come ideologia contrapposte ed altrettanto sbagliate. Perché il Nirvana, da lui cercato, non è certo il nulla: rimane qualcosa. Che cosa? Qualcosa che la nostra mente non può concepire, perché "non è né un venire, né un andare, né uno star fermi, né un recedere, né uno scendere, né un salire". E comunque è qualcosa di "non-nato, non-divenuto, non-creato, non composto". Che cosa è?
Non si può dire, non si può pensare. Ma esiste.
Dunque, chi dice che dopo la vita non c'è nulla o che la fine del sé significa sparire nel nulla, o viceversa chi dice che tutto è eterno, si limita a non capire il problema. E continua ad applicare categorie mentali duali, contrapposte. Dovrebbe rendersi conto che è meglio lasciar perdere queste antinomie di una logica che non è in grado di comprendere l'aldilà. Sbaglia tanto chi dice che la vita è eterna, quanto chi dice che dopo la morte non c'è nulla. Meglio sospendere i giudizi e riorientare il problema a livello mentale.
La verità è che è sbagliata o insufficiente l'impostazione antinomica della domanda - e quindi le risposte sono sbagliate o insufficienti.
Nessun commento:
Posta un commento