Diciamo che vogliamo essere illuminati o realizzati. Ma l'errore è credere che un io possa "diventare" illuminato o realizzato. Presupponiamo una separazione che in realtà non c'è. Quell'io è una parte del tutto. Non è l'io che s'illumina, ma il tutto.
L'attività di sedere in meditazione non è "compiuta" da un io, non deve essere lo sforzo di un io.
Più "io" mi sforzo, più mi allontano dalla meta - che è riconoscere che l'io è parte del tutto.
Non devo sentirmi come un io che cerca di raggiungere un obiettivo - dunque un ego separato -, ma come il sé che cerca di reintegrarsi nella propria natura originaria, unitaria.
Ecco perché la meditazione è far cessare lo sforzo per essere quel che si è già. Devo arretrare sul mio sé originario, anziché protendermi verso una meta. È come sciogliersi su di sé, invece di raggrumarsi sempre di più.
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