sabato 31 agosto 2013

Morale ed evasione fiscale

In questo paese di ipocriti, il "buon esempio" viene sempre dall'alto. Non solo abbiamo un ex Presidente del Consiglio condannato per evasione fiscale, il quale tutti i giorni minaccia di far cadere il governo se non troveranno il modo di cancellargli la condanna, ma abbiamo anche un Papa, che compare ossessivamente tutti i giorni in televisione a fare grandi discorsi di morale, ma che non paga un euro di tasse per tutte le attività commerciali della Chiesa. Quando questa gente compare in televisione, bisognerebbe mettergli una sovrascritta: "Evasore fiscale". Vi immaginate se in America si scoprisse che Obama ha evaso milioni di tasse? Ma da noi tutti è possibile, proprio perché siamo stati allevati nella morale cattolica, che se ne è sempre fregata dello Stato, cioè del prossimo. Chissà con quale coerenza un governo appoggiato o diretto da Berlusconi potrebbe combattere l'evasione fiscale.
Fra l'altro, l'evasione fiscale è un reato proprio contro la collettività, perché, se i ricchi non pagano, i poveri dovranno pagare molto di più.
Questo principio sfugge sia agli elettori di Berlusconi sia agli adoratori del Papa, il quale avrà certamente consigliato al democristiano Letta di lasciar perdere questa brutta storia dell'Imu. Così, come avevo previsto, la Chiesa non pagherà mai niente nemmeno per quest'anno di evasione. Non a caso le erano già stati dati altri cinque anni di tempo per mettersi a posto. Ma potete essere certi: non pagherà mai.
Altro che Chiesa dei poveri! Questa è il paese dei ricchi protervi che fanno pagare le tasse solo ai poveri.

mercoledì 28 agosto 2013

Il lavoro della meditazione

Il lavoro compiuto in meditazione è in realtà un lavoro compiuto da una persona e da tutto ciò che lo circonda: gli altri esseri, il mondo intero.
L'io che pratica, la pratica stessa e la meta non sono tre, ma un tutt'uno. In quel momento è l'essere stesso che prende coscienza di sé.

Chi si illumina?

Diciamo che vogliamo essere illuminati o realizzati. Ma l'errore è credere che un io possa "diventare" illuminato o realizzato. Presupponiamo una separazione che in realtà non c'è. Quell'io è una parte del tutto. Non è l'io che s'illumina, ma il tutto.
L'attività di sedere in meditazione non è "compiuta" da un io, non deve essere lo sforzo di un io.
Più "io" mi sforzo, più mi allontano dalla meta - che è riconoscere che l'io è parte del tutto.
Non devo sentirmi come un io che cerca di raggiungere un obiettivo - dunque un ego separato -, ma come il sé che cerca di reintegrarsi nella propria natura originaria, unitaria.
Ecco perché la meditazione è far cessare lo sforzo per essere quel che si è già. Devo arretrare sul mio sé originario, anziché protendermi verso una meta. È come sciogliersi su di sé, invece di raggrumarsi sempre di più.

Dimorare nella calma

Forse chi resta deluso dalla meditazione si aspettava qualcosa di irreale. Spesso l'errore viene dal cercare stati alterati di coscienza, esperienze sconvolgenti o soprannaturali: samadhi, satori, rivelazioni... Proviamo piuttosto a impegnarci a rimanere calmi - ma veramente calmi, in ogni circostanza. Proviamo a permanere nella calma. Per farlo, dobbiamo imporci un'attenta osservazione dei nostri stati d'animo, in rapporto a quel che ci capita: accorgerci quando si avvicinano turbamenti, quali risentimento, ira, preoccupazione, antipatia, gelosia, ecc. Pare poco. Ma è il punto di partenza della meditazione, che è anche un importante punto di arrivo. Dimorare nella calma, qualsiasi cosa succeda. Non è una conquista soprannaturale, ma straordinaria, sì.
Dimorare nella calma è la prima parte di un processo che ci permetterà in seguito di affrontare indagini  ancora più avanzate. Scoprire come è fatto il mondo - e noi stessi. Vedere l'inconsistenza di tanta agitazione. Identificare le motivazioni umane. Svelare la natura del mondo. È l'inizio.

La religione dei figli

La religione convenzionale, istituzionale, va bene per individui che non sono mai diventati autonomi, che non sono mai nati a se stessi. E che non vogliono esserlo. Che si sentono "figli". Che hanno bisogno di un Padre e di una gerarchia.
Ecco il successo del cristianesimo, la religione del "figlio".
Ed ecco perché queste religioni sono un grosso ostacolo sulla via dell'evoluzione spirituale: bloccano lo sviluppo individuale, l'assunzione di responsabilità.

martedì 27 agosto 2013

Religione e intelligenza


Un recente studio, pubblicato il 6 agosto sulla "Personality and Social Psichology Review" da Miron Zuckerman Jordan Silberman e Judith A. Hall, dell'Università di Rochester, dimostra che più uno è religioso più è stupido. Lo sospettavamo. Credere in un Dio a misura d'uomo, che interviene nel mondo (contro tutte le evidenze), che invia profeti o Messia e che sceglie una religione (fra le tante) è certamente il segno di una scarsa intelligenza. E che dire di coloro che credono ciecamente in qualche libro sacro - scritto direttamente su ispirazione divina - e che sostengono che il mondo è stato creato in sette giorni e che non esiste nessuna evoluzione? Diciamo che sono tutte persone prive di senso critico e di cultura, che si affidano senza ragionare alla prima fede disponibile. Non a caso, le religioni sono in regresso nelle società più sviluppate e hanno un grande successo nei paesi del terzo mondo.
Le persone intelligenti ragionano con la loro testa, sono meno conformiste e non accettano dogmi religiosi del tutto infondati e irrazionali. Gli stupidi, invece, non aspettano altro che trovare un "pastore" che li guidi come pecore, che dica loro che cosa è bene e che cosa è male e che li assoggetti con rituali. L'uomo religioso non vuole avere dubbi: vuole spiegazioni semplici su come è fatto il mondo. Ed è un conservatore nato.
Naturalmente non bisogna credere ciecamente neppure a questo tipo di ricerche statistiche. Semmai, è bene distinguere tra religiosità come ricerca spirituale, basata comunque sempre sull'esperienza personale, e religiosità come semplice adeguamento alle credenze date. È giusto porsi degli interrogativi sul senso della vita e della morte. Ma è stupido credere che le risposte possano essere racchiuse in una religione, in un credo o in una setta.

mercoledì 21 agosto 2013

Gli inchini di Rimini

Stavolta devo dare ragione a Grillo. Come mai tutti gli anni politici e imprenditori devono riunirsi al meeting di Comunione e Liberazione? E perché la televisione ce ne parla tanto?
Che cosa rappresenta questo sedicente movimento ecclesiale, se non il volto affaristico del cattolicesimo? Forse è per questo che assistiamo a tanti omaggi, a tante presenze?
Recentemente un parroco del bresciano ha lasciato in eredità 800.000 euro alla badante moldava - nonché una montagna di debiti per ristrutturazioni. La parrocchia ha impugnato il testamento. Vuole vederci chiaro.
Anche noi vorremmo vederci chiaro nelle ricchezze di tanti preti, della Chiesa e di vari movimenti ecclesiali. Verrebbe fuori il vero volto del cattolicesimo italiano - non quello favolistico di cui parla il Papa.

La postura in meditazione

Se avete la fortuna in questo periodo di poter vivere a contatto con un ambiente naturale - e non avete mai fatto meditazione - ecco alcuni suggerimenti. Trovatevi un posto tranquillo e assumete la seguente postura:

1) Sedetevi con le gambe incrociate
2) Tenete la spina dorsale diritta ma non rigida
3) Allineate le spalle alle anche e mantenetele rilassate
4) La testa leggermente inclinata in avanti; il mento allineato con l'ombelico
5) Le mani posate a palme verso l'alto l'una sull'altra, i pollici in contatto
6) La punta della lingua tocca il palato superiore
7) Gli occhi semichiusi, rivolti a circa un metro davanti a voi.

In realtà la posizione degli occhi è molto importante. Infatti non devono guardare qualcosa, non devono focalizzarsi su niente. Ad un certo punto è meglio chiuderli. Esistono però vari modi di chiuderli. Non si tratta di chiuderli come possiamo fare normalmente; e neppure di mettersi a fissare la punta del naso o il centro fra le sopracciglia, così come ci suggeriscono certi manuali. Si tratta di chiuderli per non guardare niente e, soprattutto, per interrompere ogni pensiero.
Provate varie posizioni degli occhi finché non capite quale sia la loro posizione che corrisponde ad un'interruzione o comunque ad un rallentamento dell'attività mentale. Bisogna provare: non si può descrivere a parole.
In realtà nessun processo di meditazione può essere descritto a parole... dato che il suo scopo è uscire dal mondo delle parole e dei concetti.
In questa posizione provate, a polmoni vuoti, cioè dopo un'espirazione, a interrompere il respiro... con lo scopo ovviamente di interrompere l'attività mentale.
Perché interrompere l'attività mentale? Perché la nostra mente ricostruisce e interpreta il mondo secondo categorie prestabilite, utili certo, ma comunque non oggettive. La realtà ultima è un'altra cosa.
Come si capisce, la postura della meditazione è essenzialmente una postura psico-fisica. Ci si mette seduti in un certo modo per assumere una certa postura della mente. Ma, naturalmente, nessuna di queste indicazioni è coercitiva. Quando avrete trovato la posizione «mentale», potrete anche stare seduti su una sedia, su una poltrona, su uno sgabello, in piedi o in qualunque altra posizione. Anche l'ambiente naturale non è indispensabile. Si tratta di espedienti, non di conditio sine qua non. All'inizio, però, è bene trovare una postura che contraddistingua la posizione meditativa da qualunque altra posizione, in modo da staccarsi da ogni abitudine consolidata.
In meditazione vale più una prova pratica di mille parole.

domenica 18 agosto 2013

L'occhio della mente

L'uomo è l'essere che può contemplare con un unico sguardo d'insieme la propria vita e la propria morte.
Contemplare non è solo pensare. Pensare è concepire in termini concettuali; contemplare è vedere con l'occhio della mente.
Non è un caso che il nostro passatempo preferito sia guardare immagini che scorrono su uno schermo (del cinema, della televisione, di un computer...). La mente svolge sempre questo lavoro, anche nella cosiddetta realtà. Tutto non è che immagine, apparenza, gioco di luci, di ombre, di colori, di suoni, di odori, di sapori...
Ma ogni percezione è in realtà vuota: persiste un momento e poi scompare dallo schermo. Il "momento" può durare un istante o cento anni, però è pur sempre temporaneo.

sabato 17 agosto 2013

Dio e famiglia

In questo mondo esistono anche società matriarcali. Per esempio, in Cina, vivono i Mosuo in cui gli uomini e le donne abitano insieme nella casa della matriarca. Qui non ci sono le cause di tutti i conflitti: i matrimoni. Quando la ragazza raggiunge la maggiore età ha diritto ad avere una camera tutta sua, in cui potrà ricevere l'uomo che le piace. In questa società non esistono neppure le parole "padre" e "marito".
Anche in Giappone esistono capifamiglia donne, per esempio le famose pescatrici Ama, che riescono a immergersi in mare fino a ottanta anni. Sono forti e indipendenti, e il loro nome deriva dalla dea Amatarasu.
Ovviamente, società matriarcali come queste non adorano divinità maschili, non hanno nessuna idea che Dio sia un Padre. Il che dimostra che i nostri concetti di una famiglia patriarcale e di un Dio Padre sono strettamente collegati e che la nostra idea di divinità è sempre condizionata dalla società in cui viviamo.
Si pensi dunque a quante idee di Dio (e di famiglia) si possono avere e a quanto sbaglino le maggiori religioni quando concepiscono l'Assoluto in termini maschili. Si tratta di semplici convenzioni, di proiezioni mentali e culturali. Si può benissimo concepire l'Assoluto non in termini di persona (che finisce per dover essere o maschile o femminile), ma in termini di realtà ultima e di trascendenza. Che c'entrano i padri e le madri di una determinata società?
Quando preghiamo Dio a chi ci rivolgiamo? A un'idea della nostra mente su ciò che dovrebbe essere Dio.
Solo nell'assenza di concetti ci possiamo avvicinare a questa realtà ultima.

venerdì 16 agosto 2013

La "fortunata nascita umana"

Il buddhismo sostiene che esistono sei regni in cui si può rinascere: il regno degli dei, il regno degli dei gelosi, il regno umano, il regno animale,il regno degli spiriti affamati e il regno infernale. Detto così, sembra di parlare di paradisi, purgatori e inferni in versione orientale. E in parte è vero. Ma non bisogna dimenticare che queste situazioni non sono tanto luoghi fisici, quanto stati psicologici. Non solo: sono anche sempre presenti in questo mondo.
Infatti, il regno degli dei è sì caratterizzato da una lunga e felice vita, ma anche da un grave difetto: l'orgoglio, la presunzione. Gli dei si sentono così a loro agio che s'illudono di non dover più cercare nulla, di essere già individui realizzati. E, anche se vivono a lungo, non sono affatto immortali. Di conseguenza, quando moriranno, soffriranno anche loro e, alla fine, avranno perduto la loro occasione.
Nel secondo regno, ci sono dei che sono gelosi dei primi, e quindi sono dominati dalla competizione e dall'invidia.
Il regno degli esseri umani è dominato dal desiderio, dalla passione, dall'attaccamento, dalla brama e, ovviamente, da una insopprimibile insoddisfazione.
Il regno degli animali è caratterizzato dalla stupidità, dalla incapacità di riflettere e dagli istinti.
Il regno degli spiriti affamati è caratterizzato dall'avidità, dall'avarizia e perciò da un appetito insaziabile, in ogni senso.
Infine il regno infernale è dominato da rabbia, paura, avversione, odio e, quindi, da sofferenza.
Come si vede, tutti questi stati si trovano anche nel nostro mondo. Chi non conosce i ricchi e i potenti che si credono superiori a tutti, gli uomini dominati dalla competizione e dall'invidia, gli individui dominati dalla passione e dall'attaccamento, le persone incapaci di pensare con la loro testa e gli uomini in preda all'avidità? E chi non riconosce anche in se stesso queste tendenze, queste caratteristiche psicologiche?
Ma resta il fatto che proprio gli uomini si trovano in una condizione mediana che è più favorevole ad una presa di coscienza e ad un risveglio spirituale. Per questo si parla di una "fortunata nascita umana".

mercoledì 14 agosto 2013

La caduta degli dei

Secondo il buddhismo, dopo la morte possiamo rinascere - in base al nostro karma, ossia in base al nostro grado di evoluzione spirituale - in sei regni: il regno degli dei, il regno degli dei gelosi, il regno umano, il regno degli animali, il regno degli spiriti affamati e il regno infernale. Ora, il regno degli dei è caratterizzato da una grande gioia e da una lunga vita. Andrebbe dunque tutto bene... se non fosse che anche questo regno ha un grosso limite. Gli dei infatti sono dominati dall'orgoglio, credono di aver raggiunto l'apice dell'esistenza e pensano di non aver più nulla da conquistare. Errore catastrofico, perché prima o poi il loro karma positivo si esaurirà e anche loro moriranno - e dovranno reincarnarsi.
Forse la stessa cosa è capitata ai nostri dei che si sono creduti onnipotenti e realizzati, ma che alla fine si sono estinti, passando di colpo dalla soddisfazione alla disperazione. Ed eccolo il nostro mondo, pieno di dei, ma sempre infelice.
Poiché questi sei regni sono in realtà stati psicologici, sono presenti anche in questa vita. L'orgoglio degli dei è la presunzione dei ricchi e dei potenti, che si credono padroni di tutto. Ma essere padroni del mondo e degli uomini non significa avanzare sul cammino spirituale; anzi, significa spesso un blocco di ogni ricerca, di ogni saggezza.
Ecco perché tutti - poveri o ricchi, potenti o miserabili, felici o infelici - dovrebbero considerare la loro vita nient'altro che un intervallo, nient'altro che un sogno, di cui dovrebbero approfittare per acquisire un po' di sapienza.

martedì 13 agosto 2013

Dopo la morte

Dopo la morte ci ritroveremo a tu per tu, soli, con il potere proiettivo della nostra mente. Senza più un ancoraggio al corpo fisico, tutto ciò che penseremo si avvererà immediatamente. Se vorremo volare, voleremo. Se vorremo andare sulla luna, ci saremo in un attimo. Se vorremo mille donne, le avremo. Se vorremo abitare in un palazzo principesco, esso comparirà istantaneamente davanti a noi. Se vorremo rivedere le persone care, le rivedremo... Ma ci renderemo anche conto che si tratta di creazioni mentali, senza consistenza, di pure apparenze. E sarà quindi molto importante riconoscere che ciò che vediamo è esattamente ciò che pensiamo, ciò che noi stessi proiettiamo.
Ci potranno anche apparire figure religiose cui siamo particolarmente legati (Gesù, Maometto, Mosè, Buddha...) e ci sembreranno reali come le immagini sacre che abbiamo visto in vita. Ma anch'esse non saranno che... immagini - immagini proiettate dalla nostra mente.
Si apriranno allora le porte dell'inconscio e tutte le nostre pulsioni, positive e negative, salteranno fuori e ci possiederanno. Ci faranno agitare come marionette, come piume trascinate dal vento. Dopo aver soddisfatto immaginariamente i nostri desideri repressi per tutta la vita, ci ritroveremo a fare i conti con le nostre paure, con i nostri incubi, anche questi mai risolti. Figure terrorizzanti ci appariranno davanti e noi non sapremo come difenderci.
Solo se ci renderemo conto che si tratta di nostre proiezioni, potremo cercare di calmare la mente e scacciare ciò che ci terrorizza. E solo se avremo addestrato la mente a rimanere calma e serena, potremo alla fine liberarci di tutte le apparenze e incamminarci verso mondi migliori.
Ma già oggi è così. Ecco perché è così importante addestrarci fin da subito a riconoscere il potere della mente e a calmarlo per dedicarci alla nostra liberazione.

lunedì 12 agosto 2013

L'età degli dei

Vi ricordate quante erano le divinità greco-romane? Decine e decine. Ad esse venivano eretti templi giganteschi, la gente vi si recava per chiedere grazie, il loro culto era sostenuto da classi di sacerdoti e molti uomini e donne credevano ciecamente a questi dei. Dove sono finiti? Ovviamente i templi sono crollati, i culti sono cambiati, le divinità hanno un altro nome, nuove classi di sacerdoti si sono affermate e tutto è diverso - o forse uguale. Non sono cambiate le caratteristiche umane, come la saggezza, la bontà, l'amore, la potenza, l'intelligenza, la bellezza, la bellicosità, ecc., nonché i loro contrari, di cui quegli dei erano rappresentazioni.
Pensiamo anche alle divinità dei maya o degli antichi egizi. Ad esse erano stati eretti templi, venivano dedicati sacrifici e classi di sacerdoti facevano da mediatori e da interpreti. La gente, come la solito, ci credeva, e prendeva tutto per vero, anche quando le lotte di potere tra sacerdoti e re portavano a cambiare i nomi e a sostituire un culto con un altro.
Oggi tutto è cambiato, ma in un certo senso tutto è rimasto uguale. Un dio si è sostituito a un altro. I templi e i rituali ci sono ancora. I sacerdoti sono ancora presenti e lottano sempre per il potere.
Nell'India antica, le classi sacerdotali (i brahmani) erano così potenti da sostenere che, senza di loro, neppure gli dei potevano operare.
Nel cristianesimo è cambiato poco. Le chiese si sono sostituite ai templi, e la casta sacerdotale è sempre presente e lotta per il potere. La gente in parte crede e in parte no. Ma partecipa ai rituali e adora sempre questa o quella divinità. Si dice che al culto degli dei si sia sostituito il monoteismo. Ma non è vero. Esistono almeno quattro dei maggiori: il padre, il figlio (identificato in un uomo), lo Spirito santo e la Madonna, che è l'aspetto femminile del divino. E poi ci sono un'infinità di pseudo-divinità di origine umana: i santi, tutti con il loro culto e i loro fedeli.
In Tibet, si credeva e si crede in quarantadue divinità "pacifiche" e in cinquantotto divinità "irate", tutte identificate da forme, colori, suoni, qualità, ecc, con le loro controparti femminili.
Insomma l'età degli dei non è mai finita, perché la mente umana è quella che è e ha ancora bisogno di credere a simili rappresentazioni. Ma quello che è certo è che, fra mille anni, ci saranno altri dei. altre altre chiese, altri sacerdoti, altri rituali e alti credenti.
Gli uomini non sono ancora maturi per superare simili credenze, e per arrivare a convincersi - come d'altronde si afferma in Tibet - che tutte queste divinità non sono altro che proiezioni della mente umana.

sabato 10 agosto 2013

Sogno e realtà

Non c'è una differenza sostanziale tra sogno e realtà. Anche nel sogno notturno crediamo che tutto sia vero e soffriamo o godiamo. La differenza è nella durata: un sogno dura poco, la vita dura qualche decina d'anni.
Perché allora li distinguiamo? Perché dal sogno ci svegliamo e scopriamo che è stata tutta un'illusione, una costruzione mentale. Ma anche dal sogno di questa vita un giorno ci risveglieremo e scopriremo che è stata tutta una proiezione della mente. Le nascite, le morti, le passioni, gli amori, le guerre, gli odi, gli dei, le religioni... tutto non è stato che un lungo sogno.
Ci sveglieremo e ci renderemo conto che si era trattato di proiezioni mentali.
Ma dove ci troveremo, allora? Sempre qui, ma in un altro sogno. Perché i sogni sono infiniti, l'uno dentro l'altro - come gli universi, come le bambole russe. A meno che...
... a meno che non ci si svegli definitivamente dal sogno della vita, della crescita e della morte, dal sogno dell'essere, del non essere e del divenire. E a questo si può provvedere già fin da ora, osservando.

mercoledì 7 agosto 2013

La Chiesa povera

Papa Bergoglio non perde occasione per rilanciare l'idea di una Chiesa povera. Ma che cosa significa veramente? In duemila anni non c'è mai stata una Chiesa povera, né mai ci sarà. Povertà significa rinunciare all'istituzione, alla gerarchia, al potere. Invece la "forza" della Chiesa sta proprio nel potere, nell'istituzione, nella gerarchia. Il popolo non ha mai contato niente: tutto è stato deciso dai papi e dai vescovi, in maniera verticale, non orizzontale. D'altronde, anche per aiutare i poveri ci vogliono soldi, gerarchie e organizzazioni.
Tutto questo, ovviamente, perché la Chiesa è soltanto una creazione umana - altrimenti, che bisogno ci sarebbe di tutto questo potere temporale? La ricerca del potere terreno è in diretta connessione con la mancanza del potere spirituale.

martedì 6 agosto 2013

La natura ultima della mente

Se viviamo forti emozioni, non sprechiamo la loro energia. Semplicemente osserviamo la mente e calmiamola a poco a poco. La natura di quella mente placata è la natura ultima della realtà, presente in ogni istante, anche se momentaneamente oscurata.
Se siamo tranquilli, non sprechiamo quella calma. Ma dimoriamo in essa assaporandola, abbandonandoci. La natura ultima della realtà è quella calma consapevole, che in realtà non vuole essere niente di particolare ma si accontenta di essere.
Rendiamoci conto che la natura ultima della realtà è quella calma raccolta che permane al di sotto di ogni ondata emotiva, al di là del desiderio di essere questo o quello, al di là della tensione di essere un ego, al di là di ogni pensiero.
A volte c'è un solo momento in una giornata adatto alla meditazione: non lasciamolo perdere.

domenica 4 agosto 2013

Il costo del bigottismo

È stato calcolato in 800 milioni di euro il costo dei viaggi all'estero di italiani alla ricerca della fecondazione assistita. Se aggiungiamo il miliardo di euro che ci costa mantenere il Vaticano e il mancato introito di tasse che sarebbe possibile incassare dalle professioniste del sesso (in Germania, per esempio, sono legalizzate), quanto ci costa questo ipocrita moralismo cattolico?

sabato 3 agosto 2013

Priebke

La storia di Priebke, il nazista che è responsabile, insieme a Kappler, dell'uccisione di 335 italiani alle Fosse Ardeatine, segna la sconfitta di ogni illusione sulla possibilità di una giustizia sulla Terra. Sì, quest'uomo che non ha mai dimostrato il minimo pentimento né il minimo rimorso, ha raggiunto i cento anni d'età in buona salute. Ed è ancora lì che festeggia. Il che dimostra in modo inequivocabile che nel mondo non c'è nessuna legge retributiva, nessun intervento di un Dio etico. L'assassino senza coscienza può vivere più a lungo dell'uomo sensibile e coscienzioso. Naturalmente lo sapevamo, ma  lo ripetiamo perché qualcuno si ostina a ripetere che c'è stato un intervento di Dio nel mondo.
Il fatto è che il mondo è il luogo dell'ingiustizia, della violenza, dell'ignoranza e della confusione. E non c'è nessun Dio che possa redimerlo. Il karma deve fare il suo corso.
Dopo la morte, potrà salvarsi solo chi ha almeno un briciolo di coscienza e chi l'ha addestrata. Certo, tutto è rinviato ad un'altra vita, perché per questa non c'è nessuna speranza.