giovedì 18 ottobre 2012

Samsara


Dovremmo tutti chiudere gli occhi per l'ultima volta con una sensazione di soddisfazione e di sazietà, dovremmo arrivare alla fine dell'esistenza dopo aver provato tutto, dopo aver esaurito ogni possibilità... proprio come ci si alza da tavola dopo aver mangiato in abbondanza. Ma le cose non vanno così: la maggior parte delle persone è infelice, è insoddisfatta, è piena di pentimenti e di rimorsi, e muore con il desiderio di avere quel che non ha avuto, di rifarsi delle privazioni e delle sconfitte, o di ripetere e amplificare i piaceri provati. Questo stato d'animo fa sì che la vita non possa essere lasciata con serenità, con la determinazione di passare oltre, di saltare su un altro piano; e fa sì che la vita non possa essere lasciata cadere, così come la farfalla lascia cadere la pupa e diventa un altro essere E dunque viene posta in essere una spinta profonda, inconscia, che informa di sé quel ciclo delle nascite e della morti, delle felicità e delle infelicità, che in Oriente si chiama Samsara. Cedendo a questa spinta noi veniamo in essere con l'illusione di potere essere sempre felici, escludendo la sofferenza. E in tal modo alimentiamo un mondo di infelicità.
Dobbiamo dunque lavorare sui nostri desideri insoddisfatti, dobbiamo portare la forza della consapevolezza su questa spinta prepotente, disinnescando il suo inganno. Dobbiamo lasciare l'esistenza con la convinzione di aver esaurito le nostre potenzialità e di non aver perso niente di importante. Questo fa l'uomo saggio, ormai distaccato.

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