La meditazione è un percorso senza fine. E bisogna percorrerlo in prima persona. Ci sono stati grandi maestri che hanno lasciato insegnamenti preziosi. Ma non bastano: ognuno è un caso particolare, ognuno deve procedere da solo e imparare da solo. Perché l'unico vero maestro è dentro di noi.
Non bisogna illudersi che basti ripetere un mantra o imparare una tecnica per avere la strada aperta. E bisogna ridimensionare termini come "illuminazione" e "liberazione". Tutti siamo illuminati e tutti siamo ignoranti: dipende dalle circostanze e dai momenti.
La cosa essenziale è stare in silenzio, è stare in ascolto, è osservare, è percepire, è apprendere di continuo, è acuire la sensibilità e l'intelligenza. Ed ogni fatto dell'esistenza, anche il più piccolo, è lì ad insegnarci. Come dicono gli Yogasutra di Patanjali, "l'esercizio ininterrotto della consapevolezza del reale è il mezzo per la dispersione dell'ignoranza".
Dunque il mezzo fondamentale della meditazione è questo: "l'esercizio ininterrotto della consapevolezza", non una tecnica particolare. Ascoltare, osservare, percepire, capire ciò che ci succede personalmente e ciò che riguarda il mondo intero.
Ma, per far questo, ci vuole tempo e silenzio, ci vuole la capacità di starsene soli a contemplare, ci vuole la capacità di interrompere l'incessante dialogo interiore, il fantasticare, il divagare, il pensare a casaccio, le opinioni altrui, le conoscenze acquisite, la cultura appresa ma non sperimentata personalmente.
Basta una finestra aperta davanti ai nostri occhi, basta una passeggiata in campagna.
Concentrarsi, isolarsi, ascoltare. E' possibile nelle nostre vite, nelle nostre città, nelle nostre famiglie trovare questo spazio? Il presupposto per meditare è tutto qui. Poi ci vogliono concentrazione ed acuità "visiva": guardare senza l'interferenza dei pensieri estranei. E, a poco a poco, il nostro sguardo si farà più chiaro.