giovedì 21 dicembre 2023

Il gioco degli opposti

 

I due poli opposti e complementari sono necessari per esistere, perché esistano – come il maschio e la femmina, l’inspirazione e l’espirazione. La coppia antinomica è il modello di base di tutto l’universo, sia materiale sia mentale (altra antinomia). L’uno è necessario all’altro ed entrambi formano un ciclo completo.

L’universo è fatto da questi processi dinamici che lo fanno funzionare ininterrottamente, che lo animano. Perché è stata scelta questa forma? Perché, per esserci una cosa, deve esserci il suo contrario? Perché è la forma più economica e funzionale. L’universo tende al risparmio (massimo risultato con minimo sforzo), come nel caso del bambino maschio o del bambino femmina che all’inizio utilizzano lo stesso schema. Ed ecco perché anche nei maschi esistono i seni.

Questo ci fa pensare che il tre sarebbe troppo e l’uno sarebbe troppo poco. Mentre il due è il numero perfetto per mettere in moto tutto.

Il pieno che noi esperiamo non può che venire da un vuoto, perché, se c’è un vuoto, necessariamente vien fuori un pieno. È così che si forma l’universo: per contrasti e antinomie complementari. Se si partisse dal pieno, necessariamente si formerebbe il vuoto. Quindi non ha importanza da quale polo si parte: alla fine avremo lo stesso equilibrio dinamico e contraddittorio. In realtà, i due poli si creano contemporaneamente e co-evolvono. Come l’uovo e la gallina, nessuno dei due nasce prima, ma nascono insieme.

Ora domandiamoci: potremmo utilizzare questo meccanismo-processo per dar vita a qualcosa di nuovo? Niente ce lo impedirebbe. Dato e conosciuto il polo A, si genererebbe necessariamente il polo antinomico B. Ma come facciamo a trovare un polo A? E questo può avvenire nel pensiero, nella materia e negli eventi?

Sì. Nel primo caso, a livello mentale, se penso al paradiso, devo pensare all’inferno; se penso a Dio, devo pensare a Satana, eccetera, senza che questo tocchi la realtà della materia o degli eventi. La nostra mente è completamente dominata dall’antagonismo e dall’oscillazione dei concetti, dei sentimenti, delle emozioni e delle sensazioni. Se quindi voglio rendere reale qualcosa, devo puntare sul polo della coppia che conosciamo per esperienza. Nel secondo caso, è proprio la natura che crea oggetti antinomici (particelle e  antiparticelle, ecc.). Quanto agli oggetti macroscopici, è chiaro che sono singolari e non duali. Facciamo il caso della plastica: abbiamo prodotto un materiale che non esisteva in natura e che non aveva nessun anti-oggetto  – con il  risultato che questo materiale ci ha creato problemi a non finire perché, non avendo antagonista complementare, non può essere distrutto.

Nel terzo caso, gli eventi, sembra che accadano a casaccio, senza che noi possiamo influenzarli. Ma, attenzione, già la terza legge di Newton ci dice che ad ogni azione corrisponde un’azione uguale e contraria. Questa è una legge della fisica, espressa in termini matematici, ma in realtà si può applicare a qualunque evento, a qualunque azione. E non è questa la legge del karma? E non è rappresentata plasticamente dal simbolo taoista dello yang-yin? Ma soprattutto si viene a precisare che una forza non ha senso di per sé, perché le forze vanno sempre in coppia.

Ecco una legge fondamentale; anche se non riusciamo a calcolare l’impatto preciso di ciò che stiamo facendo, questo impatto c’è sempre. Il mondo è duale, a livello fisico, psichico e  delle azioni, ed è collegato da una rete di antinomie

Allora non è vero che noi non possiamo influenzare gli eventi. Anzi, diciamo che gli eventi che ci capitano sono quelli che abbiamo suscitato agendo in un certo modo. Ogni nostra azione provoca una reazione uguale e contraria che ricade nel campo degli eventi di tutto il mondo.

È proprio vero che un battito  di farfalla può provocare un uragano dall’altra parte del mondo – solo che, superficiali come siamo, non ce ne rendiamo conto.

Ma è possibile prevedere, calcolare e stimare a livello individuale le conseguenze delle nostre azioni, in modo da propiziarci un destino migliore? Qui, però, arriviamo a un paradosso: ciò che provochiamo è sì di uguale intensità, ma di verso contrario. Il meccanismo è contro intuitivo, ma ferreo.

Allorché san Paolo scrive spontaneamente, senza ipocrisie: “Quando voglio fare il bene, il male è accanto a me”! rivela la verità della legge dei contrari complementari. Se vogliamo fare del bene, metteremo con ciò stesso il male al mondo.  Cioè, l’azione-intenzione attiva inevitabilmente il suo contrario. Quello che ha sempre detto il Tao. Troppo assurdo?

Dobbiamo allora fare il male per mettere al mondo il bene?

In realtà non dobbiamo far nulla, perché l’antinomia bene/male esiste già in noi e con noi. E quindi, qualunque cosa si faccia, non potremo uscire dalla morsa che ci stritola. E oscilleremo un po’ avanti e un po’ indietro. L’unica cosa da fare è non-fare, metterci al di fuori del ciclo tutto intero. Quindi, non voler fare né il bene né il male. E nessun’altra antinomia.

Mi spiego: se salvo un bambino caduto in acqua e lo tiro fuori, non lo faccio certo per fare del bene. Lo faccio perché è nella mia natura e alla mia portata. Quindi non provoco nessuna reazione negativa. Ma, se sono un ricco che fa beneficienza per “accumulare meriti” in terra o in cielo oppure per sentirmi “buono”, metto in azione il polo opposto. Dunque è l’intenzione che fa la differenza.

E se voglio propiziarmi qualcosa – che posso fare? Non avere intenzioni? Ma se sono un poveraccio che ha l’occasione di migliorare la sua vita, non devo fare nulla? Siamo soltanto palline da biliardo spinte da forze che non controllano?

No, perché siamo anche le stecche, il braccio del giocatore, il cervello del giocatore e… tutto il mondo. Insomma, nessuno è proprio nulla, nessuno è privo di potere. Come sfuggire allora alla reazione avversa? Non possiamo certo metterci a fare il male deliberatamente… per ottenere del bene.

Ma possiamo non volere ciò che vogliamo – per averlo? Possiamo non desiderare ciò che desideriamo – per ottenerlo? Dobbiamo ingannare noi stessi? Tutto ciò è perfettamente contraddittorio.

Già, non è una novità: la realtà è perfettamente contraddittoria. Se faccio del bene, mi attiro il male. Se faccio del male per ottenere del bene, faccio comunque del male.

La situazione mi ricorda quella di un uomo che vuole liberare una tigre rimasta intrappolata. Se non fa nulla, la tigre morirà. Se fa qualcosa, la tigre lo azzannerà. Dunque, deve cercare di distrarla o di addormentarla, perché la tigre non capisce che l’uomo vuole farle del bene.

La tigre è ciò che noi siamo: siamo sia la tigre sia il soccorritore, perché siamo divisi in due parti che si scontrano. Vogliamo farci del bene, senza ferirci, senza danneggiarci o danneggiare altri.

La situazione è quella di due persone che si amano, ma continuano a danneggiarsi a vicenda: proprio non si capiscono. Non capiscono che il bene sta nell’aiutarsi a vicenda e non nel combattersi. Ma chi fa il primo passo, spogliandosi della propria aggressività o della propria corazza?

Questo è un problema metafisico, perché riguarda il nodo e il modo di come si è formato l’uomo, per inimicizia, per contrasto, verso gli altri e verso sé.

L’armonia è sempre contrapposta al dissidio, la paura al coraggio, l’apparenza alla sostanza, la conciliazione alla lotta, il visibile all’invisibile, il sentimento alla ragione, la coscienza all’istinto, il maschile al femminile, l’unione alla divisione, l’avvicinamento all’allontanamento, la distanza alla prossimità… e tutti i contrasti possibili e immaginabili.

Dobbiamo capire bene questo meccanismo universale, altrimenti continueremo a girare a vuoto. E, per non produrre un’azione di segno contrario mentre facciamo qualcosa, dobbiamo esserne consapevoli. La consapevolezza ha questa capacità di annullare gli effetti automatici delle azioni.

Tutte le azioni eseguite inconsapevolmente portano con sé effetti negativi, ma, se vi applichiamo la consapevolezza del dualismo degli eventi, ci rendiamo conto che si tratta soltanto di un gioco della coscienza, cui possiamo togliere la nostra adesione! E, togliendo l’adesione, il gioco finisce.

Se capisco che mi trovo in un gioco di cui conosco le regole, posso uscirne o mettere nuove regole. Non ci sto più. Il gioco cambia.

 

 

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