martedì 31 gennaio 2012

Il centro dell'anima

Al centro del nostro essere, in fondo, nascosto da strati di varie attività mentali, esiste un nucleo di serenità e di pace, lontano dagli eventi del mondo, dagli alti e dai bassi del nostro carattere, dagli antagonismi e dalle competizioni di questo mondo. Trovatelo dentro di voi, identificatelo... disidentificandovi dall'ego consueto, con tutti i suoi eccessi e le sue contrapposizioni. Cercate di insediarvici permanentemente o comunque il più possibile. E ritornateci ogni volta che la vita vi mette in crisi. È come un porto, al sicuro da tutte le tempeste. È un luogo silenzioso, dove arriva attutito il rumore del mondo, un posto da cui si può contemplare ogni cosa serenamente.

Il dolore del saggio

I dolori fisici, le malattie, le perdite, la vecchiaia, la morte... tutto ciò può capitare a chiunque, anche ai santi, ai giusti e agli illuminati. Ma, mentre per l'uomo comune si tratta di condizioni che non può accettare, che non capisce e per cui soffre tremendamente, per il saggio, che ha sempre presente che tutto cambia e che tutto può decadere, simili colpi diventano strumenti per approfondire la sua spiritualità.

La felicità duratura

La felicità che viene dagli oggetti e dall'esterno è superficiale e destinata a sparire presto. Per esempio, io sono felice perché sono giovane e bello. Ma arriverà il momento in cui non sarò più né giovane né bello... allora che fare? Mi suiciderò? Sarò sempre infelice da quel momento?
È evidente che la fonte della felicità non può risiedere nelle cose esterne, ma soltanto in qualcosa di interiore - questo è il messaggio di tutti i saggi del mondo. Solo ciò che viene dal nostro stesso essere non dipende dai cambiamenti esterni e dunque può essere duraturo. Questo è il motivo in cui bisogna scavare dentro di noi, alla ricerca del centro di quiete. Da lì viene la gioia, più che la comune felicità.

lunedì 30 gennaio 2012

La terapia della presenza mentale

La mente nevrotica ha due metodi raffinati per aumentare la sofferenza dell'individuo: ritornare al passato e pensare al futuro. Nel primo caso, si mette a rivangare gli avvenimenti passati provocando un'infinità di rimorsi e di rimpianti: "Se non avessi fatto quello... se avessi fatto quell'altro...". Ed è una tortura, perché ciò che è stato fatto o non fatto non può più essere cambiato.
Nel secondo caso, si mette a pensare al futuro, prevedendo ogni genere di sventura: "Potrei rimanere senza soldi... potrei prendermi una malattia... potrei essere tradito... potrei essere lasciato, ecc., ecc. Oppure si mette a pensare a quali condizioni dovranno crearsi perché un giorno sia possibile la felicità, la soddisfazione. Ed è anche questa una tortura.
Oltretutto, mentre la mente va nel passato o nel futuro, l'individuo non è nel presente e perde le occasioni che gli si possono offrire o comunque perde il gusto della vita attuale.
Ecco perché la meditazione consiglia in questi casi di focalizzarsi sul presente, di guardare bene chi ci sta di fronte, di mettersi in movimento, di concentrarsi sul respiro, ecc. Tutte tecniche che riportano la mente a ciò che succede qui e ora. Ed è come un risveglio, un risveglio dai sogni negativi , dagli incubi, dalle fantasticherie, dai ricordi, dalle ossessioni della mente.

La felicità interiore

Se vogliamo un minimo di felicità nella vita, dobbiamo ridimensionare cose ed eventi cui diamo troppa importanza. È la scala dei valori che va cambiata. Il successo e il ruolo sociale non sono affatto così importanti, non aggiungono niente a ciò che siamo. Questo è il punto: dobbiamo sapere chi siamo e che cosa vogliamo. Capita continuamente di leggere di persone di successo, di persone ricche, di persone famose, che si riducono a vivere di tranquillanti e stimolanti, di droghe di ogni genere. Dunque, non era il successo, non era la ricchezza, non era la fama ciò che veramente cercavano. Cercavano come tutti un po' di felicità, un po' di quiete, un po' di equilibrio, un po' di amore, perché alla fine tutte queste cose - veramente basilari - non si basano affatto né sul successo sociale né sul denaro. La serenità non dipende dai beni esteriori e non dipende nemmeno dal giudizio degli altri. Dipende da ciò che noi siamo interiormente, dipende da ciò che ci sentiamo dentro - non da altro.
Non lasciatevi dunque fuorviare dai valori che sembrano prevalere nelle nostre società; si tratta di falsità messe in giro da persone ignoranti che non hanno capito niente della natura umana e dei suoi veri bisogni. Ricordatevi sempre che siamo qui per breve tempo, che siamo qui di passaggio, che non potremo portarci via i beni esteriori accumulati, i quali saranno presi da altri o mangiati dalla ruggine e dalle tignole. Le Ferrari o i lingotti d'oro non servono a niente: sono giocattoli per passare il tempo. Ma alla fine sarete voi di fronte a voi stessi. Questa è l'unica cosa che conta. Questa è l'unica cose che potrete portarvi dietro.
Se non riuscite a stare soli con voi stessi, se non riuscite ad essere sereni in compagnia di voi stessi, come pensate di trovare un po' di felicità qui in questa vita e in ogni altro luogo? Se non sarò me stesso, chi lo sarà per me? E, se non ora, quando?

venerdì 27 gennaio 2012

Il senso della vita

Cogliere il momento presente, ritornare al qui e ora, rientrare in contatto con la realtà attuale, non vuol dire cercare di censurare il passato, ma uscire dalle nebbie, dai condizionamenti e dalle sofferenze della mente, che vive sempre di memorie e di speranze, sempre dislocata, sempre altrove, sempre alienata. Significa dunque uscire dal mondo delle interpretazioni per ritrovare il senso della vita.
Il senso della vita è qualcosa di vivo e di attuale, qualcosa che è sempre presente adesso, non un ricordo e neppure un progetto.

Curare il corpo dall'interno

Finché viviamo su questa terra, dobbiamo fare i conti con il nostro corpo: tutte le esperienze sono infatti filtrate da esso e hanno su di esso un'influenza. È dunque molto importante curare il corpo, ma non nel modo consueto - guardandosi allo specchio oppure andando dall'estetista o dal chirurgo plastico, bensì dall'interno. Il corpo fisico infatti non è che un'espressione di un corpo energetico che non è visibile ma che opera incessantemente. Se si chiudono gli occhi e si prende coscienza di questo corpo energetico, si avranno molti benefici, tra cui un potenziamento del sistema immunitario. Come fare? Per esempio, la mattina prima di alzarsi o la sera prima di addormentarsi, si può portare l'attenzione su ogni parte del corpo (piedi, gambe, bacino, tronco, addome, braccia, cuore, collo e cervello) e poi su tutto il corpo, oppure seguire la respirazione attraverso il passaggio dell'aria nelle narici o attraverso i movimenti dell'addome. Si può anche visualizzare il corpo come una sostanza luminosa. Questo semplice metodo, che consiste nel comunicare con il campo di energia che è in noi, rallenta anche l'invecchiamento e protegge dalle malattie. Se poi si tiene puntata l'attenzione sul nostro corpo energetico si può comunicare con gli altri, sentendo il loro campo energetico, al di là delle parole, al di là dei pensieri. E questo acuisce la sensibilità
Il corpo infatti non nasce direttamente da ciò che i fisici chiamano "campo energetico unificato", ma da strutture energetiche intermedie.
Noi tutti conosciamo il potere negativo della mente sull'organismo, per esempio a causa dello stress o delle preoccupazioni. Ma, incredibilmente, non conosciamo il potere positivo - la possibilità di influire beneficamente sul fisico attraverso appositi esercizi che partono dalla mente o, per meglio dire, dallo spirito stesso.
In meditazione non bisogna credere a qualcosa sulla fiducia o sulla fede, come nelle religioni, ma bisogna provare. Se funziona, bene; se non funziona, lasciamo perdere. In ogni caso, le pratiche meditative, creando quiete e serenità, sono salutari.

Il cattivo karma dell'Italia

Le nazioni hanno un karma, esattamente come gli individui. E karma significa che si raccoglie ciò che si semina. Negli ultimi decenni l'Italia ha accumulato un karma negativo non solo attraverso la corruzione e le ingiustizie, ma soprattutto attraverso una forma di inconsapevolezza. Gli italiani hanno delegato il potere a gruppi di incapaci o di corrotti che hanno fatto solo il loro interesse, fregandosene del bene comune, fregandosene dell'equità. Ed ecco i risultati che si abbattono su tutti noi: non solo l'impoverimento generale, ma anche le alluvioni, i terremoti e perfino i naufragi insensati. È il clima di inconsapevolezza che crea tutto questo. E l'unico modo di uscirne è aumentare il nostro livello di consapevolezza, tutti.
Se non credete al karma, siete come un ragazzo che oggi avesse diciotto anni: non si renderebbe conto di cò che è stato seminato in tutti questi decenni. Ma per chi ha la memoria più lunga...

Il potere malefico delle religioni

Ogni volta che si commemora la Shoah, c'è come un senso di incompletezza: sembra che la persecuzione contro gli ebrei sia nata per caso dalla mente di un folle dittatore. Ma in realtà il folle dittatore aveva preso questa idea da secoli di odio anti-ebraico, alimentato prima dai Vangeli, in cui al popolo ebraico si fa gridare: "Il suo sangue ricada sopra di noi e sopra i nostri figli" (Matteo 27, 25), e poi da innumerevoli Padri della Chiesa, tra cui alcuni venerati come "santi". Le persecuzioni antiebraiche e i pogrom proseguirono in tutto il Medioevo, provocate proprio dal fanatismo cristiano. E il primo ghetto fu costruito a Venezia.
Quando dunque Hitler rispolverò e attuò l'antica idea di annientare gli ebrei, fu l'inconsapevole esecutore del desiderio di distruggere il popolo che aveva rifiutato di riconoscere in Gesù, nell'ebreo Gesù, il Messia. Questo è sempre stato il punto debole del cristianesimo: il fatto cioè che Gesù fosse semplicemente un ebreo che non si sognava minimamente di fondare un'altra religione, un ebreo che non aveva mai disconosciuto la sua religione d'origine. Se non fosse nata una Chiesa, la sua predicazione sarebbe rimasta confinata nell'ambito dei vari filoni dell'ebraismo, che non è mai stato una religione unitaria.
È da qui che nasce il complesso di inferiorità del cristianesimo, il suo complesso edipico, la volontà di distruggere quel popolo che dimostra le vere origini storiche e culturali del messaggio di Gesù. Si voleva cancellare in realtà il semplice fatto che Gesù era un ebreo, che il cristianesimo non era una dottrina inusitata, un intervento divino, ma un'interpretazione nuova di una vecchia religione. Si volevano estirpare le radici ebraiche.
Non a caso, la Chiesa non disse una parola a difesa degli ebrei e benedisse fascismo e nazismo. Se ne stette zitta sperando in cuor suo che il folle dittatore eseguisse quello sporco lavoro che essa aveva iniziato ma che non aveva avuto il coraggio di compiere. Tant'è vero che molti criminali nazisti riuscirono a fuggire all'estero con un passaporto del Vaticano.
D'altronde, la connessione fra nazifascismo e antisemitismo continua fino ai nostri tempi, in cui esistono ancora gruppi di oltranzisti cristiani che inneggiano al nazifascismo e che non perdono l'occasione per esprimere il loro odio verso gli ebrei. Questo è successo pochi giorni fa nelle manifestazioni contro l'opera teatrale "Sul concetto di volto nel figlio di Dio", dove si sono riuniti gruppetti di fascisti cristiani, che subito hanno ingiuriato la direttrice del teatro Parenti, un'ebrea. E la Chiesa che cosa ha detto? Manifestate, sì, ma senza violenza. Bontà sua!
Come mai la Chiesa non scomunica questi suoi fedeli? Forse perché il suo capo attuale è un tedesco che fu iscritto alla "Gioventù hitleriana"?

lunedì 23 gennaio 2012

L'arte di passeggiare

Guardate come vanno in giro le persone. Tutte prese dai loro pensieri, non vedono niente. È come se seguissero un film che scorre nella loro mente. Voi non imitatele; anzi, fate del passeggio un'occasione per meditare. In che modo? Rendetevi conto del film che scorre nella vostra mente e guardatevi attentamente intorno. La meditazione è l'arte dell'osservazione. Passeggiate osservando le persone e le cose, come se cercaste un tesoro nascosto. Fate conto di cercare una busta di denaro che qualcun altro - il solito distratto - ha dimenticato. Liberatevi di ogni altro pensiero e state attenti!
Dove si vede che la meditazione non ha niente a che fare con la riflessione, anzi è il suo contrario. La riflessione deve avvenire prima e dopo, ma mai durante.

Fede e illuminazione

Di solito, chi ha una fede, chi crede cioè in un complesso di credenze, è il più lontano dall'illuminazione. Infatti, tutto ciò che vede, lo vede attraverso le categorie mentali della sua fede.
Bisogna liberarsi di ogni credenza preconcetta per ritrovare il contatto con la realtà. Questo è il principio fondamentale.

La chiara visione

Illuminazione è l'uscita improvvisa dalle attività di filtraggio e di interpretazione della mente, il recupero del rapporto diretto con la realtà e la scoperta della vividezza delle cose, non più appannate dalla mediazione mentale.
Si chiama illuminazione proprio perché è un vedere con più chiarezza. Ma non bisogna mitizzarla. Ogni volta che ci sgraviamo da un peso, ogni volta che proviamo un grande sollievo, ecco una piccola illuminazione, ecco una piccola liberazione.
Naturalmente esistono gradi e livelli differenti di illuminazione, della "chiara visione".
Per liberarsi dalla vischiosità delle attività mentali e delle loro sovrastrutture è molto comune mettersi a seguire il respiro (all'altezza delle narici o dell'addome) perché il respiro avviene sempre qui e ora; è dunque un metodo per disidentificarsi dalla mente e per rinforzare la presenza mentale. In realtà, ciò che opera lo spostamento è l'osservazione, rivolta a qualcosa di concreto e attuale. Primo, prendo coscienza che sono trascinato dagli schemi mentali; e, secondo, prendo da esse le giuste distanze.
Questo spostamento, questa presa di coscienza, va ripetuta di continuo durante la giornata. Ci permette di uscire o di allontanarci dalle nebbie mentali (ricordi, anticipazioni, rimorsi, rimpianti, paure, credenze, fedi, riflessioni, fantasie, ecc.) per avvicinarci al nostro più autentico essere.
La mente è un insieme di meravigliose facoltà, ma ha il difetto di trasportarci in mondi virtuali allontanandoci dalla realtà. Con la meditazione la resettiamo e riprendiamo il contatto con il vero sé.
Non credete a coloro che vi riferiscono di visioni, magari di angeli o di santi. Quelle visioni sono proiezioni mentali, che sono l'esatto contrario dell'illuminazione.

domenica 22 gennaio 2012

Il potere dell'attenzione

Fateci caso: c'è solo l'attenzione che è capace di farci uscire dalla prigionia della mente. Siamo lì che fantastichiamo, pensiamo, ricordiamo il passato, cerchiamo di immaginarci il futuro, e naturalmente ci preoccupiamo, abbiamo rimpianti, proviamo paura, proviamo rabbia, proviamo nostalgia, conversiamo con noi stessi... insomma siamo immersi nel solito dialogo interiore, divisi a metà, alienati dalla realtà che ci circonda - ed ecco che all'improvviso un uccello si posa sul nostro balcone, una donna si mette a cantare, udiamo uno scontro in strada, sbattiamo con lo stinco contro un mobile, ci casca in testa un ragno, entra nella stanza una bella ragazza, eccetera eccetera, e noi ritroviamo la presenza mentale: interrompiamo il chiacchiericcio interiore, ci concentriamo, prestiamo attenzione e i nostri sensi sono all'erta. Così, per un istante, usciamo dalla gabbia dei nostri pensieri e dei nostri stati d'animo abituali, annulliamo il nostro io diviso, ci riunifichiamo e siamo attenti e vigili... Ma, l'istante dopo, rientrano le interpretazioni mentali, le emozioni, i ragionamenti, i calcoli, i ricordi, i confronti, le previsioni, ecc., e quindi rientra in azione la mente con tutto il suo pesante bagaglio di condizionamenti.
C'è un solo istante in cui possiamo essere liberi - è una questione di psicologia elementare. Lì bisogna entrare, lì è la porta. Dobbiamo cercare di dilatare quel momento. Questa è la meditazione, una pratica che ci rende liberi, lucidi e pronti. E che ci riporta alla realtà.

Tempo e presenza mentale

"Che ora è?"
"È proprio ora!"
Lo so, siamo abituati a rispondere guardando l'orologio. Ma in realtà è sempre e soltanto ora, è l'istante che viviamo - nessun altro. Il tempo è una convenzione umana, un'invenzione della mente. C'è sì qualcosa che scorre, ma sono i nostri processi di pensiero, l'abitudine che abbiamo di passare dal passato al futuro, senza mai soffermarci sull'adesso. Adesso che ora è? È esattamente questo istante. Tuttavia non ce la facciamo neppure a identificare, a cogliere questo istante. Perché abbiamo la mente che non riesce a concentrarsi e a svuotarsi, perché non stiamo attenti. Dobbiamo rimuginare dentro di noi pensieri ed emozioni, che formano come una barriera invisibile tra il nostro essere e l'istante presente - là dove s'interpone l'io.
Alleniamoci dunque ad essere presenti. La presenza mentale ci fa tornare sull'istante, ci fa essere attenti a ciò che succede adesso. Così facendo, usciremo dalla nebbia mentale, dal chicchiericco della mente, dal rumore, dalla confusione e ritorneremo al presente. Mettiamo un contaminuti o una qualunque sveglia, e, quando suona, ricordiamoci di essere attenti al presente.
Che istante è questo? Che cosa occupava la mia mente? Quali pensieri mi allontanavano dal presente?
Ma non mettiamoci a ricordare o cadremo nella solita trappola. Piuttosto rivolgiamo l'attenzione al presente, a un colore, a un suono, a un oggetto, a una persona, a un animale, a una sensazione... a qualunque cosa sia qui in questo momento. È così che interrompiamo l'incessante fiume mentale che ci trascina avanti e indietro nel nostro tempo soggettivo.
Solo l'attenzione, solo la consapevolezza, ci possono guarire dalla malattia del tempo.

sabato 21 gennaio 2012

L'illuminazione


Illuminazione è distensione, non concentrazione. O, per meglio dire, è una distensione che segue una intensa tensione. Un po' come succede per un orgasmo. La tensione è data o da una ricerca deliberata o dalla vita stessa, che produce inevitabilmente uno stress, una sofferenza. Quando la tensione mentale lascia di colpo la presa e si ha una forte distensione, ecco che si verifica l'illuminazione, il risveglio, il satori. Il periodo di sofferenza è la "notte oscura" dell'anima.
Un altro aspetto dell'illuminazione è la sua forza unitiva; in altre parole, si tratta di un'esperienza di unione, di un superamento improvviso di una divisione (ritorna l'analogia con l'orgasmo sessuale). In questo caso la divisione è quella provocata dall'emergere dell'ego, che crea una separazione dall'essere. L'individuazione infatti ha un prezzo alto, in quanto la coscienza è costretta a isolarsi per definirsi.
L'illuminazione è la perdita dell'identificazione con l'ego e il recupero dell'identità originaria. Una fusione che è avvertita come un ritorno. Tutte le cose appaiono interdipendenti, vive e significative.
Pur essendo un'esperienza rara, l'illuminazione può accadere a tutti. E piccole illuminazione accadono davvero a tutti, se ci stiamo attenti. Quando la tensione-sofferenza di uno stato d'animo lascia di colpo il posto ad una distensione, si ha una sensazione di gioia, di estasi, di sollievo, di liberazione. Ecco perché si parla anche di liberazione e di risveglio.
L'illuminazione può essere di durata variabile, ma alla fine, come tutte le esperienze, finisce. Rimane un ricordo o comunque un riflesso, che può anche essere riattivato.
L'illuminazione è una grande esperienza, e dà una nuova visione della vita, ma non risolve i problemi dell'esistenza, che sono legati non a stati d'animo bensì alla durezza delle condizioni di vita. Comunque, dà una forza e una chiarezza che possono essere utilizzate per risolvere questi problemi.

venerdì 20 gennaio 2012

Censure religiose

Ci risiamo con il vecchio vizio della censura preventiva voluta dalla Chiesa. A Milano si vuole fermare lo spettacolo "Sul concetto di volto nel figlio di Dio" perché sarebbe blasfemo. Ancora una volta la Chiesa e gli oltranzisti cattolici vorrebbero impedire la libera manifestazione del pensiero altrui. Non è una reazione molto dissimile da quella tenuta dai musulmani in occasione delle vignette satiriche su Maometto. A dimostrazione che le religioni sono tutte fatte della stessa pasta: vogliono la libertà per sé ma vogliono negare quella degli altri.

In medio stat virtus

Anche la troppa felicità può essere dannosa. Per esempio, quando diventiamo euforici, ci buttiamo in un'impresa senza riflettere e, a quel punto, le cose ci vanno male.
Se dunque da una parte non dobbiamo cedere allo scoraggiamento o allo sconforto, dall'altra parte non dobbiamo cedere all'euforia. Entrambi gli estremi sono dannosi. Anche la felicità può darci alla testa e farci sbagliare. Anche la felicità può far male.
Ecco perché è meglio calmare la mente, meglio evitare gli estremi. Meglio la serenità della felicità.

Umano, troppo umano

Un Dio che crea il mondo, lo custodisce, lo guida, interviene, parteggia, risponde alle preghiere, giudica, premia o punisce non è la Trascendenza - è l'idea di un padrone, di un potente terreno elevato all'ennesima potenza. È dunque la proiezione di un'idea umana.
Trascendenza significa ciò che oltrepassa le nostre capacità di pensare, mentre questa idea di Dio è l'evidente parto di una mente che non riesce a uscire dai propri limiti.
Il Dio delle religioni è dunque un prodotto di scarto. - Ma come? Un Dio venerato da miliardi di esseri umani sarebbe un prodotto di scarto?
Sì, come tutti i prodotti di massa.
Non c'è che un modo per avvicinarsi alla Trascendenza - far tacere la mente.

giovedì 19 gennaio 2012

Esercizi di attenzione

Gli attenti ottengono l'immortalità; i disattenti sono come già morti - dice il Dhammapada. Ci siamo dimenticati di queste antiche massime e abbiamo costruito sistemi sociali basati sulla disattenzione. Pare che ormai l'uomo moderno non possa rimanere attento per più di pochi minuti. Il risultato è che viviamo come sonnambuli, senza essere veramente presenti in ciò che facciamo. Siamo distratti da mille attività e ci sembra così di vivere più intensamente. Ma possiamo passare davanti a una persona senza neppure vederla, come se non esistesse.
In realtà perdiamo di vista l'essenza delle cose e ci sfugge la trama profonda del mondo, degli uomini e di noi stessi. Siamo confusi: ci muoviamo come automi o marionette.
La meditazione si presenta allora come un esercizio di attenzione. Perché il mondo, sia quello esteriore sia quello interiore, è ciò che noi percepiamo, rappresentiamo e interpretiamo.
Stare attenti ci permette di prendere le distanze dalla nostra mente, di interpretare diversamente o di smettere di interpretare gli eventi.
Facciamo dunque continui esercizi di attenzione, non in astratto ma nelle varie situazioni concrete dell'esistenza. Osserviamo noi stessi, osserviamo le persone; notiamo ciò che gli altri non vedono. Il tempo è fatto di istanti successivi, e ad ogni istante si apre un nuovo universo. Sta a noi in quei momenti imboccare una via anziché un'altra.
Tutto avviene nel momento presente - anche la memoria di eventi passati è qui e ora. E se il tempo è una successione di istanti, come i fotogrammi di un film, è la nostra mente che lo fa scorrere. Con l'attenzione possiamo far scorrere la nostra vita in una direzione piuttosto che in un'altra.

lunedì 16 gennaio 2012

Un minuto di raccoglimento

Quando nei campi di calcio si vuole onorare qualcuno, si decide un minuto di raccoglimento, e spesso i soliti imbecilli battono la mani. Ma qualche volta succede davvero: migliaia di persone si alzano e stanno in silenzio, pensando alla persona scomparsa.
Saremmo una società migliore se prendessimo l'abitudine di tenere un minuto (o più) di raccoglimento prima di ogni avvenimento importante, per esempio prima di un incontro sportivo, prima di una lezione scolastica, prima di un pranzo, prima di addormentarsi o comunque prima di fondamentali attività quotidiane. Lo scopo sarebbe quello di far concentrare i partecipanti sul significato di ciò che si stanno apprestando a fare.
Sarebbe un principio di meditazione, che correggerebbe i nostri peggiori difetti: soprattutto l'incoscienza, la superficialità. Niente comunque ci vieta di farlo individualmente. Provate, e la vostra vità acquisterà più spessore. Sarà il primo passo per uscire dallo stato di sonnambulismo in cui viviamo abitualmente e acquisire una dimensione spirituale.

giovedì 12 gennaio 2012

Valori e valuta

Un tempo per indicare il valore di un uomo si parlava delle sue qualità, delle sue virtù. Si diceva per esempio che era generoso o umile. Oggi il metro di misura è quanto guadagna. Tant'è vero che quando si deve risarcire la morte di qualcuno si fa un calcolo non delle qualità dell'uomo ma di ciò che guadagnava o che avrebbe potuto guadagnare. Insomma il valore è diventato solo quello del reddito, del denaro. Neppure l'umiltà è più un valore; ciò che si esalta è il suo contrario: l'arroganza. Ed eccoci al mondo moderno, dove ogni valore è ridotto a pura valuta. Ma, così facendo, anche l'uomo è diventato un numero, una merce, qualcosa da comprare o da vendere, una somma di denaro. Tu quanto vali? Ossia, quanto guadagni?
Sta a noi riportare i valori al loro contenuto etico, psicologico e spirituale, e cacciare l'economia dall'anima umana.
Ma è molto difficile, dato che anche le religioni rientrano nella categoria economico-finanziaria. L'aldilà viene visto addirittura come un buon investimento; mi devo comportare in un certo modo in questo mondo per ottenere in cambio qualcosa nell'altro mondo. Si tratta dunque di essere degli accorti investitori.
Non c'è niente da fare: se non ci liberiamo delle categorie mentali, vedremo tutto nella loro ottica deformante. Ecco perché le fantasie su paradisi, inferni e purgatori rispondono sempre a questa logica mentale, alla logica terrena. Ecco perché non riusciamo a pensare la trascendenza, ossia almeno a un livello superiore a quello cui siamo abituati.

domenica 8 gennaio 2012

Stato sociale

Se il messaggio cristiano era di amare e di aiutare il prossimo, si stava concretizzando nella costruzione di uno stato sociale, dove a tutti fossero garantite la scuola, la sopravvivenza e la sanità. Ma oggi hanno scoperto che costa troppo, che non possiamo permettercelo. E i cristiani fondamentalisti sono all'avanguardia in quest'opera di demolizione. Se crolla lo stato sociale, crolla anche il cristianesimo. Come mai la Chiesa non se ne accorge?

sabato 7 gennaio 2012

Paganesimo cristiano

Ripeto spesso che il cristianesimo è l'ultimo atto del paganesimo. E mi riferisco non solo alla venerazione di luoghi dove sarebbero apparse Madonne varie, non solo al culto dei santi, non solo alla trasformazione di Dio in essere umano (alla maniera degli dei antichi), ma anche al culto delle statue. Per esempio, don Verzè, ha speso 200 milioni di euro per innalzare quella mastondontica cupola che sovrasta il suo ospedale a Milano. Soldi buttati via per un'opera di cattivo gusto - soldi che hanno aggravato i debiti dell'ospedale. Dunque, duecento milioni di euro buttati via per rendere omaggio ad una figura mitologica. Follie della mente umana.
Sarà possibile mettere in vendita la cupola e il suo angelone per evitare il fallimento dell'ospedale?
Strana poi questa morte in perfetto orario, proprio il giorno in cui scadono le offerte migliorative per acquisto dell'ospedale. Ira divina o crisi di coscienza? Certo è facile chiedere perdono a Dio; molto più difficile è riconciliarsi con la propria coscienza.