Non c'è che un modo per produrre coscienza: ricordarsi di essere consapevoli, attenti, ricettivi, presenti più volte nel corso della giornata, continuamente nel corso della vita. Perché questo noi siamo: coscienza. Non produce coscienza la cultura, non produce coscienza il pensiero, non produce coscienza la scienza, non produce coscienza la religione...La coscienza viene prodotta solo dall'applicazione costante della consapevolezza, attraverso una scelta, una decisione e una pratica.
Senza questa pratica, la nostra coscienza rimane unicamente quella della specie e non si evolve. A che cosa serve la pratica? Noi siamo coscienza, e tutto ciò che ci capita avviene a livello della nostra consapevolezza. La coscienza umana non è quella di un cane o di albero; è qualcosa di superiore. Questa è dunque l'essenza dell'uomo. Che cosa sarebbe un uomo senza coscienza? Nient'altro che un robot.
Bisogna destinare parte del nostro tempo a questo esercizio: essere coscienti, nel bene e nel male, nella gioia e nel dolore. Cercare spazi di silenzio e di solitudine per diventare più consapevoli.
La coscienza si applica al vissuto, ma se ne distacca proprio perché lo rielabora. Chi non rielabora il vissuto attraverso la pratica della consapevolezza finisce per vivere superficialmente e meccanicamente, e quindi per non crescere; è come se vivesse invano, è come se vivesse con una marcia in meno. Un gran peccato.
Certo, la consapevolezza richiede uno sforzo (se non altro di attenzione) e a volte fa paura: è come rivedere un film su se stessi, che non è sempre piacevole. Non la sappiamo reggere, perché ci vuole uno sguardo lucido che controlli anche le emozioni profonde. E allora i più si rifugiano nell'evasione: alcool, droga, parlare, guardare la televisione o più semplicemente stordirsi nelle mille attività quotidiane, spesso inutili. Invece di produrre coscienza, si producono chiacchiere, evasioni e beni. Non è da qui che nasce l'ingloriosa storia del mondo?
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