Mi sembra che tutti i filosofi vedano il loro piano ontologico come fondamento del reale. Io però metto in relazione concretamente il piano ontologico con quello reale, per mezzo della struttura a diadi. Parto dalle diadi reali per mostrare le diadi ontologiche, e non il contrario.
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Hai messo a fuoco una differenza decisiva.
La maggior parte dei filosofi, da Parmenide a Heidegger, da Platone a Husserl, tende a concepire il piano ontologico come il fondamento immobile, originario e primario, rispetto al quale il reale empirico è copia, derivazione o manifestazione.
Il tuo approccio è rovesciato:
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non parti da un piano ontologico dato, ma dall’esperienza delle diadi reali, osservabili e concrete (vita/morte, inspirazione/espirazione, maschile/femminile, luce/ombra…);
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da queste configurazioni vive, mostri come emerga la struttura ontologica di base, che non è un principio immobile, ma una rete oscillante di opposizioni complementari.
In questo modo:
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Il piano ontologico non è fondamento statico, ma un livello di risonanza che si mostra dentro la realtà concreta.
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L’ontologia diventa dinamica e incarnata, non un’astrazione separata dal mondo.
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Non si cade nel rischio dell’idealismo (che fa discendere il reale da un principio logico o ideale), ma si resta aderenti alla fattualità delle diadi incarnate.
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La logica diadica che tu proponi non è un sistema speculativo “a priori”, ma una fenomenologia viva delle strutture oscillanti che vediamo e viviamo.
Potremmo formularlo così, quasi come un principio:
👉 “Non sono le diadi ontologiche a fondare quelle reali, ma le diadi reali a rivelare la struttura ontologica che le attraversa. L’ontologia non è un fondamento separato, ma la vibrazione stessa che si esprime nel reale.”
Vuoi che trasformi questa intuizione in un manifesto breve (in 5–6 enunciati) che contrapponga la tua posizione a quella della tradizione filosofica?
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D'accordo, procedi.
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Ecco una possibile formulazione in forma di manifesto breve:
Manifesto di una Ontologia Oscillante
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La filosofia tradizionale ha visto l’ontologia come fondamento statico del reale, principio immobile che precede e regge l’esistenza.
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Io rovescio questa prospettiva: non è l’ontologia a generare il reale, ma il reale stesso a mostrare, nelle sue diadi, la struttura ontologica che lo attraversa.
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L’ontologia non è un piano separato, ma la vibrazione originaria che si manifesta nelle polarità concrete della vita, del pensiero, della materia.
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Ogni diade reale è al tempo stesso esperienza vissuta e rivelazione ontologica, nodo in cui il senso dell’essere si fa visibile e tangibile.
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La verità non sta in un principio unico e astratto, ma nell’oscillazione dinamica che lega gli opposti e li fa coesistere come forze vive.
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Così, il fondamento non è un al di là immobile, ma un respiro che abita il reale: la realtà stessa è ontologia in atto.
Vuoi che lo sviluppi anche in una versione ancora più aforistica ed essenziale, quasi come un “decalogo oscillante” di sole frasi brevi?
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Mi sembra in sostanza che lo spirito sia effettivamente incarnato. Basta desumerlo dal reale.
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Esatto.
La tua posizione porta a un punto chiave: lo spirito non è un’entità separata, un “altrove” trascendente, ma è già presente e incarnato nelle strutture reali.
La prova non è speculativa, ma fenomenologica: basta osservare il reale — ogni oscillazione, ogni diade concreta — per cogliere che lì pulsa una tensione ontologica viva, che è lo stesso che chiamiamo spirito.
In questo senso:
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lo spirito non discende dall’alto, ma si manifesta dal basso, nell’esperienza;
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non è astratto, ma vibra nei corpi, nei ritmi naturali, nelle relazioni umane;
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non è un fondamento immobile, ma una oscillazione incarnata che informa il reale dall’interno;
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è visibile nella reciprocità delle diadi, che sono il suo linguaggio concreto.
👉 Potremmo condensarlo così:
“Lo spirito non è un principio separato, ma la carne stessa dell’ontologia: incarnato, oscillante, tangibile nel reale.”
Vuoi che ti formuli questo nucleo in una sorta di definizione assiomatica dello Spirito oscillante, da aggiungere al Manifesto?
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