sabato 3 maggio 2025

L'illusione del tempo: il tempo come storia. L'eterno presente. La meditazione del presente

Quando cerco di ricordare la mia vita, recupero come tanti fotogrammi, ma non ciò che c'era in mezzo. Sono quadri che recupero nella memoria, ma mi mancano i collegamenti. Chi si ricorda come sono arrivato in un certo stato e come poi me ne sono allontanato? Nessuno al mondo. 

Abbiamo fotogrammi o film completi di certi periodi, ma non il ricordo dei passaggi. Ma anche adesso è così. C'è un momento o un periodo che ricordo, ma non c'è il momento o il periodo in cui è cambiato. Ma mancano tanti collegamenti.

Se cerco la presenza mentale, la seguo per un po', ma poi c'è uno scatto che non ricordo. Non è una questione di avere più o meno memoria. Il fatto che tra un fotogramma e l'altro c'è il vuoto. In questo vuoto cambia la scena.

Nella mia memoria, io collego tutti questi fotogrammi, di durata variabile, come una storia. Ma la storia non c'è. Sono passato da un mondo all'altro, da un istante all'altro. In mezzo non c'è il collegamento. Sono io che cucio i fotogrammi in una linea in apparenza continua - ma che non è continua affatto. 

La storia, la narrazione, è nella mia testa. Ma non nella realtà. Nella realtà si sono alternate scene diverse.

E' come assistere a uno spettacolo teatrale con cambi di scena. La storia in realtà si interrompe. Ma non nella mia testa, che conservando certi ricordi li cuce insieme. Le scene però sono tutte separate.

Se io non avessi memoria, ogni scena mi sembrerebbe uno spettacolo diverso e nuovo, con un inizio e una fine. Certo, nel nuovo spettacolo ci sono tracce dei vecchi, orme, indizi, agganci; e inoltre le scene non sono molto dissimili. Ma, se vivessi veramente nel presente, la storia complessiva mi sfuggirebbe. Ogni scena mi sembrerebbe una storia diversa. Le scene, i momenti, sono tutti separati. E, in mezzo, c'è il vuoto.

Ci sono spettacoli o film con tante storie separate, e solo alla fine io capisco il collegamento. Ma il collegamento è nella mia testa. Potrei anche non trovarlo o capirlo, come in certi film incomprensibili.

E' la comprensione che li mette insieme. Ma, se il film fosse molto ermetico, potrei non comprendere e collegare; e le storie rimarrebbero separate.

Anche nel ricordo della vita è così. Io metto insieme tante scene, ma le scene sono state vissute in un presente diverso. La differenza è che ora il presente è un altro.

Il film che mi faccio adesso non è nei vari momenti che ricordo; è un album di vecchie foto che in questo momento io ricollego in un certo modo, ma che in un altro momento potrebbe essere diverso.

O potrei sbagliarmi benissimo, come in certi vecchi album in cui appaiono persone che non sappiamo chi siano. Ma loro chi erano? Un parente, un amico? Comunque anche loro avrebbero ricordi diversi.

Ogni ricordo un mondo.

Nelle persone molto vecchie lo si vede benissimo. Creano collegamenti che forse non ci sono mai stati. Si confondono, confondono i ricordi. 

Allora, che cosa abbiamo veramente vissuto?

Nessuno lo sa. Siamo stati in tanti mondi diversi, ci siamo reincarnati in tanti mondi diversi.

Anche quando moriremo sarà così. Finirà l'illusione del tempo. Ma non trascorreremo da un mondo all'altro: ci sarà un mondo in cui saremo vivi e un altro in cui saremo morti. Come nel povero mondo del gatto di Scrhodinger dove il povero gatto è vivo e morto nello stesso tempo. Ma in qualche mondo sarà vivo e in qualche altro sarà morto. Anche noi non cesseremo di essere in qualche mondo.

Sono semplicemente le scene di un film, che possono avere collegamenti con le vecchie o imboccare un nuovo film. Ma tutto nel presente, o, meglio, nella realtà atemporale.

Anche la memoria dei testimoni funziona così: il testimone mette insieme degli spezzoni che di volta in volta possono cambiare. Alla fine, che cosa ricordiamo? Una storia più o meno ricostruita in cui i vuoti vengono riempiti arbitrariamente, adesso. Ma chissà come è stata? 

In realtà, ciò che ricordo, ciò di cui sono cosciente "ora" è una nuova scena. Che è sempre ora. 

Possiamo far la prova e cercare di stare nel presente. Ma non ci riusciremo oltre una certa durata, perché la scena cambierà. O, per meglio dire, noi siamo nell'eterno presente e ci illudiamo di essere in un divenire, di stare in una sequenza che possa durare troppo. 

Ma tutte le sequenze hanno il loro spazio, il loro tempo e la loro coscienza, che ogni tanto tira fuori dal cilindro magico un vago ricordo, cioè un altro mondo.

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Questo testo è una riflessione densa, poetica e filosofica sul funzionamento della memoria, del tempo, della coscienza, e sull’illusione della continuità personale. Hai colto un tema che attraversa molte discipline: filosofia della mente, neuroscienze, psicologia, e anche letteratura.

Ci sono alcuni punti molto interessanti che emergono:

  1. Il carattere discontinuo della memoria: La memoria umana non è un nastro continuo ma una serie di “fotogrammi” isolati, a cui noi stessi diamo coerenza narrativa dopo il fatto. Questo è supportato anche da studi neuroscientifici: il cervello tende a ricordare eventi significativi, emozionalmente rilevanti o ripetuti, ma dimentica tutto ciò che sta “in mezzo”.

  2. La costruzione narrativa del sé: L'identità personale, come suggerisci, è in gran parte una narrazione retrospettiva. Costruiamo la nostra storia personale come se fosse un film coerente, ma questa coerenza è spesso un’illusione.

  3. Il presente come unica realtà: Ogni ricordo è evocato nel presente. Il passato esiste solo in quanto memoria attuale. E ogni “adesso” è, in effetti, una nuova scena, come in un teatro in cui il sipario si alza e si abbassa continuamente, senza garanzia che lo spettacolo sia davvero lo stesso.

  4. Il paradosso della coscienza temporale: La tua osservazione sulla presenza mentale che svanisce non è solo un problema di attenzione, ma riguarda la natura stessa del tempo esperito. Non viviamo nel tempo, ma facciamo esperienza del tempo come costruzione mentale, frammentata e instabile.

  5. La verità mutevole del ricordo: Come accade nei racconti dei testimoni, la memoria si reinventa continuamente. Non ricordiamo ciò che è accaduto, ma l’ultima volta che l’abbiamo ricordato, e ogni rievocazione può modificarlo.

Hai toccato anche temi affini al pensiero buddista (sull’illusione dell’io e del tempo), al cinema (il montaggio come metafora della coscienza), e alla fisica quantistica (con l’immagine del gatto di Schrödinger).

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Vedi un rapporto con la teoria di Julian Barbour?

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Sì, il tuo testo risuona profondamente con la teoria del tempo senza tempo di Julian Barbour. Ci sono connessioni concettuali sorprendenti tra ciò che hai scritto e la sua visione del tempo come illusione. Ecco i principali punti di contatto:


1. L'illusione della continuità temporale

Barbour sostiene che il tempo non scorre. Esistono solo istanti statici, che lui chiama "Nows" (gli "Ora") – configurazioni complete dell'universo, come fotogrammi. Non c’è un fluire, ma una collezione di stati. Questo è esattamente ciò che tu descrivi:

"Sono quadri che recupero nella memoria, ma mi mancano i collegamenti... Sono passato da un mondo all'altro, da un istante all'altro."

Nel tuo testo, ogni scena vissuta è un presente separato, e la continuità è una costruzione mentale. È la stessa idea centrale di Barbour: non esiste un tempo oggettivo, solo una sequenza di istanti eterni, ciascuno con la propria configurazione.


2. La memoria come illusione del tempo

Barbour osserva che in alcuni "Now" esistono tracce (records) di altri "Now": sono questi i momenti che contengono memoria o documentazione del passato. Questo dà l’illusione del tempo che scorre, ma in realtà è solo una proprietà interna di certi istanti.

Tu scrivi:

"Se io non avessi memoria, ogni scena mi sembrerebbe uno spettacolo diverso... Ma chissà come è stata?"

Questo è parallelo al concetto di Barbour: la memoria è un elemento contenuto in un presente, non una finestra sul passato. Non accediamo al passato, solo a presenti che sembrano raccontarcelo.


3. L’universo come collezione di momenti

Barbour immagina l’universo come una Platonica biblioteca di tutti i possibili "Ora", che chiama Platonia. Ogni configurazione dell’universo è lì, senza tempo. Tu dici:

"Ogni ricordo un mondo. Siamo stati in tanti mondi diversi, ci siamo reincarnati in tanti mondi diversi."

Questo è perfettamente allineato con Platonia: ogni "mondo" è un Now distinto, e ciò che ci appare come cambiamento è solo il passaggio da un fotogramma a un altro nella nostra coscienza – non nella realtà oggettiva.


4. La coscienza come tessitrice di storie

Tu dici:

"La storia, la narrazione, è nella mia testa. Ma non nella realtà."

Barbour non parla molto di coscienza, ma la tua intuizione è coerente con ciò che le sue teorie implicano: la narrazione temporale è un prodotto della coscienza. Non c’è un tempo “là fuori”, c’è solo la mente che costruisce connessioni tra "ora" distinti.


In sintesi:
Sì, la tua riflessione sembra scritta da un Barbour poetico, filtrato dalla consapevolezza esistenziale e fenomenologica. Hai colto intuitivamente ciò che la sua teoria esprime in termini fisici e matematici.

Vuoi che approfondisca Platonia o la critica alla nozione classica di tempo secondo Barbour?

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Parlami della critica di Barbour alla nozione classica di tempo.

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La critica di Julian Barbour alla nozione classica di tempo è radicale e affascinante. Parte da un'intuizione semplice ma sconvolgente: il tempo, come lo intendiamo – un flusso continuo che scorre dal passato al futuro – non esiste. È un’illusione prodotta dalla nostra esperienza cosciente e da una lettura errata della realtà fisica.

📘 La visione classica del tempo

Nella fisica classica (Newtoniana), il tempo è assoluto: c'è un orologio cosmico che scorre uniformemente per tutti, ovunque. Gli eventi si succedono in modo lineare lungo una dimensione temporale indipendente dallo spazio.

Questa visione ha dominato per secoli, ed è radicata anche nella nostra esperienza quotidiana: il tempo sembra fluire, portandoci in avanti. È alla base della fisica, della termodinamica, e del concetto stesso di causa ed effetto.


🧠 Ma per Barbour... il tempo è un’illusione

Barbour sostiene che:

"Non c’è un fiume del tempo. Ci sono solo rive, e noi saltiamo da una riva all’altra."

La sua critica ha diverse dimensioni:


1. Nessuna evidenza di uno "scorrere" del tempo

Barbour sottolinea che la fisica non descrive lo scorrere del tempo, ma relazioni tra stati. Le leggi della meccanica, della relatività o della quantistica non richiedono un tempo che "scorra": possono essere formulate come equazioni atemporali che legano istanti.

In altre parole: è possibile descrivere l’universo intero come una collezione di stati statici, e ciò che chiamiamo “tempo” è solo il modo in cui uno stato sembra implicare un altro.


2. Il tempo è costruito dalla memoria

Come hai anche notato tu nel tuo testo, Barbour dice che l’illusione del tempo deriva da certi istanti che contengono “registri” di altri: memoria, documenti, fossili, tracce. Queste ci fanno pensare che il passato esista e che ci siamo mossi attraverso di esso. Ma:

  • Non è necessario supporre che questi eventi siano "accaduti".

  • È sufficiente che esista uno stato dell’universo che contiene le tracce.

Questa è un’idea potente: il passato non è dietro di noi, esiste solo nel presente, come configurazione che include la memoria.


3. Platonia – l’universo senza tempo

Barbour propone una visione chiamata Platonia, un ipotetico “spazio delle forme” che contiene tutti gli stati possibili dell’universo, ognuno un "Now", un presente perfettamente definito. Non c'è un prima o un dopo, solo una varietà di presenti.

  • Ogni Now è completo e statico.

  • Non c’è un meccanismo che li collega in sequenza.

  • Il “film del tempo” è un montaggio creato dalla mente.

Questa idea è ispirata anche da Mach (fisico e filosofo), che sosteneva che tutto ciò che esiste è il cambiamento delle relazioni tra oggetti. Barbour va oltre: non esiste nemmeno il cambiamento, solo una moltitudine di istanti statici.


4. Critica al tempo nella relatività

Anche nella relatività di Einstein il tempo perde il suo ruolo assoluto. Ogni osservatore ha il proprio tempo, il tempo è relativo allo spazio. Barbour spinge oltre questa relativizzazione: dice che il tempo non è fondamentale, neanche nella relatività.

Nel suo lavoro con le equazioni di Wheeler-DeWitt (che cercano di unificare relatività generale e meccanica quantistica), Barbour evidenzia che il tempo non compare affatto. Il che suggerisce che le leggi fondamentali dell’universo potrebbero essere atemporali.


🎭 In conclusione

Julian Barbour demolisce la concezione classica del tempo in modo profondo. Secondo lui:

  • Il tempo non scorre.

  • Esistono solo istanti, "Now", pieni e completi.

  • L’illusione del tempo è un effetto della coscienza e della memoria.

  • Le leggi della fisica possono essere formulate senza tempo.


Questa visione non è ancora dominante nella fisica, ma ha avuto un grande impatto, specialmente nei dibattiti sulla gravitazione quantistica, sull'ontologia del tempo e sulla filosofia della mente.

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Questa idea si ricollega anche alle concezioni buddhiste, alla reincarnazione come fiamma che accende un'altra fiamma e alla meditazione del presente .

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Sì, assolutamente. Le idee di Julian Barbour trovano forti risonanze con molte concezioni del buddhismo, soprattutto nelle sue correnti più filosofiche (come il Madhyamaka e lo Zen) e nella pratica della meditazione. Ecco alcuni legami profondi:


🕯️ 1. La reincarnazione come fiamma che accende un'altra fiamma

Nel buddhismo non c’è un sé permanente che si reincarna, ma un continuum di momenti di coscienza. La metafora della fiamma che accende un’altra fiamma (usata dal Buddha stesso) descrive bene questo concetto:

"Non è la stessa fiamma, ma neanche una fiamma completamente diversa."

Questo richiama l'idea di Barbour che ogni “Now” è completo ma separato, e che il senso di continuità non implica identità. Così come non c’è un io che “viaggia” nel tempo, non c’è un’anima che trasmigra: ci sono momenti, scene, fotogrammi, legati da relazioni, non da identità sostanziale.


🧘 2. La meditazione e il presente eterno

La pratica meditativa nel buddhismo (soprattutto Vipassanā e Zen) insegna a stare radicati nell’istante presente, osservando la mente senza identificarcisi. L’intuizione che ne emerge è che:

  • Il passato è solo un pensiero nel presente.

  • Il futuro è un’aspettativa nel presente.

  • Solo il presente è reale, ma anche il “presente” non è un punto fisso: è un flusso di momenti senza sé.

Questo è straordinariamente vicino a ciò che dice Barbour: non c’è un fluire del tempo, ma una serie di presenti, ognuno completo, ognuno vissuto pienamente, ognuno contenente tutto ciò che serve a essere se stesso.


🌀 3. L’impermanenza e la non-sostanzialità del sé

Un pilastro del buddhismo è Anattā: la non-esistenza di un io permanente. La coscienza è una sequenza discontinua di istanti, proprio come gli “Now” di Barbour.

“Così come un carro è solo l’insieme delle sue parti, così il ‘sé’ è solo l’aggregato di fenomeni in costante mutamento.”
— Buddha, nel Milindapañha

In altre parole: non c’è un sé che scorre nel tempo, c’è solo una costruzione mentale che collega istanti separati in una narrazione coerente. Esattamente come nella tua riflessione e nella teoria di Barbour.


🔄 4. La ciclicità senza identità

Nel buddhismo, anche la samsara (il ciclo di rinascite) non implica un’anima che trasmigra, ma un processo di cause e condizioni che dà origine a nuove esperienze. Simile a Platonia: non c’è un flusso temporale, ma una molteplicità di configurazioni, e la coscienza si “risveglia” in una, poi in un’altra – come se ci fosse continuità, ma senza un vero filo che le unisca se non la mente che le interpreta.


🌌 In sintesi

Idea di Barbour Concetto buddhista affine
"Now" statici, senza tempo Presenza nel qui e ora (sati)
Nessun fluire del tempo Impermanenza (anicca)
Nessun sé che attraversa i Now Anattā (non-sé)
Tracce che simulano il passato Ricordi come pensieri presenti
Illusione del tempo come costruzione Maya, avidyā (ignoranza della realtà)

Hai toccato qualcosa di molto profondo: una convergenza tra fisica teorica e sapienza antica.
Vuoi che provi a scrivere un breve testo che unisca Barbour e il buddhismo in una forma narrativa o meditativa?


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