Non credo proprio che il principio di cooperazione possa prevalere sul principio di competizione. O che l' amore possa prevalere sull'odio.
L' universo si basa su un dualismo delle forze contrapposte che devono oscillare, ma mantenersi in equilibrio. Nessuna delle due prevarrà. O sarà la fine di tutto . Non credo neppure che il principio quantico sia un principio di collaborazione o fusione. È un principio di connessione, questo sì. Ma l' interconnessione deve mantenere le distanze. Ognuno al suo posto. Non è un principio evolutivo.
Sarebbe come pensare che i due sessi devono fondersi. Se si fondessero, non esisterebbero più. Dopo l' orgasmo devono staccarsi e ricominciare il gioco. Altrimenti il gioco finirebbe.
Le cose devono sempre controbilanciarsi . Ma non scomparire.
Ecco perché il cristianesimo è destinato a fallire, sempre.
Se vogliamo che le cose vivano, debbono mantenersi contrapposte. Tendere all' unione e alla fusione , ma distinguendosi subito dopo.
I poli di una calamita non sono destinati a fondersi. O la calamita sparirà.
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Chatgpt: Il tuo pensiero è potente e profondamente radicato in una visione dualistica dell’universo, che richiama molte tradizioni filosofiche e spirituali, dall’antico taoismo (yin e yang) alla dialettica hegeliana. La tua affermazione che "le cose devono sempre controbilanciarsi, ma non scomparire" coglie una verità dinamica della realtà: l’equilibrio nasce dalla tensione tra opposti, non dalla loro cancellazione.
Tuttavia, si potrebbe anche obiettare che cooperazione e amore non escludono necessariamente la presenza del conflitto o dell’individualità. La cooperazione, in molte forme biologiche e sociali, è un equilibrio dinamico di interessi distinti che trovano un punto di convergenza per sopravvivere e prosperare. Non è fusione annullante, ma danza relazionale. Anche l’amore, forse, non è fusione assoluta ma riconoscimento dell’altro come altro, e proprio per questo tensione viva.
Il principio quantico, come dici giustamente, parla di connessione. Ma forse proprio questa connessione – pur senza fusione – è ciò che consente l’evoluzione: sistemi separati ma interattivi, come le sinapsi nel cervello o le galassie nell’universo.
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Il “principio quantico”: un paradigma rivoluzionario1 maggio 2025/
di: Flavio Lazzarin
Non ho mai avuto mappe che mi guidassero nel mondo della fisica. Non mi sono mai sforzato di studiarla e non riesco ancora a capire il linguaggio delle scienze. Ho sempre avuto seri problemi con la matematica. Insomma, non posso nascondere la mia ignoranza e incompetenza. Ma, una trentina d’anni fa, non potei resistere alla seduzione di alcuni aspetti della divulgazione della fisica quantistica, che mi provocavano da un punto di vista filosofico.
Il paradigma aristotelico
Ultimamente, un amico che le cose capisce ha risvegliato in me riflessioni ormai archiviate, ma non totalmente dimenticate[1]. Mi ha parlato delle caratteristiche rivoluzionarie della fisica quantistica, sottolineando i suoi possibili impatti conflittuali non solo con la visione cosmologica, ma anche religiosa e politica che domina il mondo. E mi ha aperto alla convinzione che l’ipotesi quantistica possa costituire un rinnovamento radicale pure della spiritualità.
L’irrazionalità economica occidentale – che sottomette la realtà ai criteri della produzione di merci e del profitto – è costitutivamente e inconsciamente una conseguenza dell’egemonia irremovibile del pensiero analitico aristotelico, sia in fisica sia nei principi che regolano la vita sociale e politica. E anche nelle teologie.
Condizionati dall’analitica aristotelica – una volta introiettato il principio di identità e di non contraddizione – analizziamo ogni oggetto dell’esperienza separatamente, frammentando la realtà in una miriade di oggetti unici, inerti e isolati.
Al contrario, il paradigma quantistico è basato sull’osservazione che mostra che gli atomi e le particelle subatomiche non corrispondono in alcun modo a oggetti che, secondo l’analisi, possiedono proprietà intrinseche senza alcuna dipendenza dalla relazione col contesto. Gli atomi, coi suoi protoni, neutroni, elettroni e le particelle subatomiche, non sono oggetti statici e ben individuati, bensì equivalenti d’energia in permanente movimento e interrelazione. Filosoficamente.
Ciò che continua ad accadere, tuttavia, è che la funzionalità tecnica ed economica, cioè il capitalismo stesso, continua a programmarsi «aristotelicamente» e, pur utilizzando la nuova fisica, ne rifiuta radicalmente la buona notizia che smaschera la falsa scienza e la politica dell’Occidente. La nostra civilizzazione, infatti, non è più impegnata nella ricerca della verità e del bene, bensì intessuta dal circolo diabolico del denaro, del potere e della guerra. Ho sognato la possibilità della rivoluzione quantistica per la salvezza del mondo. Ma non ha funzionato.
Quasi un’anticipazione poetica
Così come non ha funzionato il paradigma poetico-filosofico dell’antropofagia, generato nella Settimana dell’Arte Moderna del 22[2]: una visione che voleva andare oltre la dimensione letteraria e trasformare l’Occidente in una creazione del pensiero selvaggio, che avrebbe potuto cambiare il nostro modo colonialista di pensare e di agire politicamente, imitando i Tupinambá che iniziarono a «pappare», simbolicamente, la cultura degli invasori.
Ha funzionato solo con poeti e filosofi: ricordo il tropicalismo di Caetano, di Gil e di Tom Zé e di Glauber Rocha; questi hanno ripreso, nella musica, nella poesia e nel cinema, l’approccio antropofagico, che non aggredisce dialetticamente ciò che è prodotto dal sistema egemonico, ma lo relativizza, inglobandolo, nella sua prospettiva esistenziale, creando nuove identità e stili.
Sarebbe bene non dimenticare il nostro Oscar Niemeyer, che ha «mangiato» Le Corbusier! E il grande Marx brasiliano: Roberto Burle Marx, «cannibale» del concretismo e del costruttivismo. Senza dimenticare Mario de Andrade, che con Macunaíma ha metabolizzato il futurismo dadaista e il surrealismo; e Ariano Suassuna, che rappresenta, immerso nel Nordest tradizionale, l’assimilazione selettiva della cultura egemonica e la rottura col colonialismo, nella ricreazione della cultura popolare regionale.
Un altro esempio di antropofagia di successo è l’immensa opera di Enrique Dussel, che metabolizza e trasforma tutto il pensiero filosofico europeo, con una conoscenza incredibilmente dettagliata della produzione delle varie tendenze «continentali» per riformularle criticamente, a partire dall’esperienza e dalla prospettiva dei poveri colonizzati.
Antropofagia: quasi un’anticipazione poetica della meccanica quantistica…
Ciò che ha funzionato
E se continuo a pensare a ciò che non ha funzionato, come non arrivare a Gesù di Nazareth e alla sua Parola, rifiutata e manipolata – potremmo dire inevitabilmente – fin dall’inizio.
La compassione, infatti, è fondamentale nella prassi di Gesù: quella che fa «vibrare» di energia, in sinergia, con empatia, nell’incontro con i banditi e gli esclusi. Il Vangelo è stato poi riscoperto dal movimento di Francesco e di Chiara, che ha annunciato, nel contesto del capitalismo nascente, la buona notizia della fraternità e della sororitá tra tutti gli esseri viventi. Sappiamo che neanche questo ha funzionato. Oppure, ha funzionato come di solito accade con la profezia: per un istante, come un fulmine rivela il paesaggio nascosto dal buio della notte. E la notte è la storia umana.
Mentre ciò che ha funzionato bene è stata l’ostinata resistenza a questa verità, occultata dai padroni del mondo, che nonostante tutto dà respiro alla nostra vita. È la profezia che ci guida a relazionarci con il mondo vissuto come un «tu» e non come «questo» e «quello», contrastando l’equivoco originato da Parmenide e discepoli, che, in nome dell’«essere», non hanno riconosciuto la bellezza e la bontà spirituale della materialità dell’universo.
Ha funzionato contro l’incredibile resistenza dei popoli indigeni, col desiderio genocida dell’Europa di dominare il mondo, saccheggiando, uccidendo, umiliando quelle culture che oggi, in tempi bui di minacce di estinzione della Vita, risorgono riproponendo una visione cosmopolitica della realtà.
Una visione profetica, che Ailton Krenak e Eduardo Viveiros de Castro, in una conversazione in rete[3], descrivono come l’incontro inevitabile tra scienza e pensiero selvaggio, ove il maracá – a suono indeterminato – si afferma come acceleratore delle particelle dell’umano, propiziatore di ritmi di comunicazione tra esseri viventi contemplati come energia, porta aperta per accogliere, con gli Yanomami, gli spiriti Xapiri, guardiani invisibili della foresta.
Ha funzionato anche contro Gilberto Gil, che ha contribuito filosoficamente a descrivere, poeticamente, la comunicazione che costituisce l’universo. Ricordo il doppio CD Quanta[4]: «Quanta dal latino, plurale di quantum, quando non c’è quasi nessuna quantità da misurare e qualità da esprimere»; in particolare, la canzone «Estrela»[5] e il suo «Cantico dei cantici e quantico dei quantici».
La legge della cooperazione
Un immenso contributo alla diffusione del carattere rivoluzionario della fisica quantistica lo dobbiamo al grande fisico Emilio Del Giudice (1940-2014), che utilizza le evidenze biologiche per affrontare i malintesi della economia politica. Per Del Giudice la nostra società è ancora fondata su regole dell’economia che contraddicono quelle della biologia. La legge dell’economia richiede la competizione, il conflitto e la guerra, mentre la legge della biologia è la cooperazione: «L’economia è quindi un fatto costitutivamente patologico, che provoca patologie, malattie».
«Pertanto, se l’organismo vivente, che è un insieme di molecole che compiono molte azioni nel loro insieme, funzionasse secondo i principi della fisica classica, dovrebbe pagare una bolletta energetica spaventosa, e non è così. Ci viene in aiuto la fisica quantistica, il cui fondamento è che il principio di inerzia viene meno, perché qualsiasi corpo nell’universo galleggia spontaneamente; quindi, è impossibile separare la materia dal movimento, perché non è inerte, ma si muove e si agita. A questo punto, ci si potrebbe chiedere: le fluttuazioni di ciascun corpo sono indipendenti dalle fluttuazioni di un altro corpo? Non è possibile che ci sia uno stato della materia in cui le fluttuazioni vengono gradualmente eliminate e l’agitazione caotica si trasforma in una danza, in un concerto?».
È possibile, dunque, che la legge della cooperazione possa rovesciare la dittatura dell’economia? Sarà mai possibile fermare il vorace squalo del capitalismo che minaccia la vita del pianeta?
Del Giudice risponde: «Questo potrebbe accadere se si stabilisse un fenomeno collettivo; a volte succede nella storia dell’umanità quando ci sono grandi movimenti sociali in cui così tante persone risuonano l’una con l’altra, non importa quale sia l’argomento. Allora i miracoli accadono davvero, quando le esigenze della lotta per l’esistenza vengono ignorate e allora le persone sono disposte a morire e ad offrire la loro vita per una causa comune. Se un giorno ciò accadrà, e spero che accada, allora potrebbe essere che avremo una vera transizione di fase per l’umanità»[6].
In quello stesso anno di Quanta, il 1997, fui interpellato da alcune considerazioni di Manfredo Araujo de Oliveira[7], il quale, in occasione del Congresso SOTER – Teologia e Nuovi Paradigmi – senza disobbedire alla metodologia delle riflessioni strettamente filosofiche, non andava ad occupare, indebitamente, il campo teologico, ma mostrava chiaramente l’importanza della nuova comprensione scientifica della totalità della realtà, della nuova ontologia che emergeva dalla fisica quantistica: onde di energia invece di particelle atomiche inerti; «visibilità» delle particelle solo attraverso l’osservazione; un universo dinamico invece di un universo statico; cosmogenesi invece di cosmologia; relazioni invece di identità; energia e ragione invece della mera materialità della res extensa; informazione, comunicazione, come linguaggio del cosmo.
Mi rendo conto che il prezioso contributo di Manfredo non ha ottenuto, con mio disappunto, sufficiente credito nel dibattito teologico del Congresso, perché ho l’impressione che la fisica quantistica sia in grado di demolire lo status quo aristotelico-cartesiano, che sostiene la fisica classica, ma anche la follia dell’economia capitalistica.
Sono arrivato ad immaginare che i teologi della liberazione potessero essere sedotti dal principio quantico. Ma ancora oggi − con preziose eccezioni − anche in ambito cattolico, si continua a ragionare in maniera «classica».
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