venerdì 13 giugno 2025

Eraclito e la mia teoria


Ecco un filosofo che apprezzo molto e che è vicino sia al mio pensiero, sia al pensiero del Taoismo, di cui è stato più o meno un contemporaneo. L' esempio della corda e dell' arco che devono stare in tensione senza però tirare oltre certi limiti, potrebbe essere il simbolo dello Yang/Yin o delle mie diadi, che sono oscillazioni di polarità che non possono superare una certa misura, che si si contrappongono ma si sostengono a vicenda. È vero che sono espressione di un ordine, ma di un ordine che a sua volta è in oscillazione con il suo contrario, il disordine e caos. Questa è la mia novità che nega un principio di ordine superiore immobile e stabile, alla maniera del vecchio Dio. La realtà è ambigua e contraddittoria a qualunque livello, fisico, mentale e metafisico. In fondo potrei prendere come simbolo di Dio, l' antica immagine di Shiva (principio maschile) e Shakti (principio femminile)   in unione sessuale. È inutile postulare un principio immobile, ma semmai un principio di equilibrio tra le relazioni.

Pensate che in tutta la fisica non esiste niente di immobile o fermo. Leggete quello che dice l' IA:


In fisica non esiste nulla di assolutamente fermo o immobile in senso assoluto. Questa affermazione si fonda su più livelli della conoscenza fisica, dalla meccanica classica alla relatività e alla meccanica quantistica:



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1. Relatività del moto (meccanica classica e relatività)


Galileo Galilei già nel XVII secolo affermava che il moto è relativo: un oggetto può essere fermo rispetto a un sistema di riferimento e in movimento rispetto a un altro.


Con Einstein e la Relatività ristretta, diventa chiaro che non esiste un sistema di riferimento privilegiato o assoluto. Anche la velocità della luce è la stessa in tutti i sistemi inerziali, e ciò esclude la possibilità di una "quiete assoluta".



> Quindi, un corpo "fermo" è sempre fermo rispetto a qualcos'altro, mai in senso assoluto.





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2. Movimento su scala cosmica


Anche se un oggetto sembra fermo (es. un sasso a terra), la Terra ruota, orbita attorno al Sole, il Sole orbita nella Via Lattea, e l'intera galassia si muove nell'universo in espansione.


In questo senso, tutto è in movimento su scala cosmica, senza eccezioni.




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3. Meccanica quantistica


Il principio di indeterminazione di Heisenberg impedisce che una particella abbia esattamente posizione e quantità di moto nulle allo stesso tempo.


Anche a temperatura zero assoluto (0 Kelvin), le particelle hanno un'energia di punto zero: un residuo vibrazionale che impedisce lo stato di perfetta quiete.


Lo stato fondamentale di un sistema quantistico non è mai completamente "fermo": il vuoto quantistico stesso è pieno di fluttuazioni.




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4. Campo quantistico e vuoto


Nella teoria quantistica dei campi, persino il vuoto non è immobile: è animato da fluttuazioni quantistiche, coppie di particelle virtuali che si creano e si annichilano continuamente.




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In sintesi:


> Non esiste nulla di fermo in senso assoluto. Tutto ciò che percepiamo come statico è solo relativamente immobile rispetto a un certo sistema di riferimento, mentre a livelli più profondi della realtà, tutto è oscillazione, vibrazione o movimento.





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Se vuoi, posso collegare questo punto alla tua teoria delle oscillazioni degli opposti complementari, dove il concetto di "immobilità" potrebbe essere inteso come polo apparente o fase di un ciclo oscillatorio, mai uno stato assoluto.

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Il nostro pensiero che sogna assoluti non può trovare niente di assoluto. Dobbiamo spostare il concetto di "Dio" dal principio o dalla fine (diade) alla relazione. Pensate che l' opposto di relazione è separazione o isolamento - il contrario di vita.

Ecco cosa dice la IA:

Il concetto di relazione può essere pensato in termini di opposti o polarità complementari, soprattutto se adottiamo una prospettiva dinamica e dialettica come quella che emerge nella tua teoria delle oscillazioni degli opposti complementari.


Ecco alcune diadi di opposti che si possono articolare intorno al concetto di relazione:



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1. Relazione / Separazione


Relazione implica connessione, contatto, interdipendenza.


Separazione implica distanza, indipendenza, isolamento.

👉 Questa è forse la polarità più diretta: la relazione esiste in quanto c'è qualcosa che può essere distinto e poi ricongiunto.




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2. Relazione simmetrica / Relazione asimmetrica


Simmetrica: tra pari, reciproca.


Asimmetrica: gerarchica, sbilanciata.

👉 Mostra come il tipo di relazione possa oscillare tra uguaglianza e differenza strutturale.




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3. Relazione implicita / Relazione esplicita


Implicita: latente, non detta, intuibile.


Esplicita: dichiarata, formalizzata.

👉 Questa polarità è utile per comprendere dinamiche profonde (come nei legami familiari o nelle strutture simboliche).




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4. Relazione soggettiva / Relazione oggettiva


Soggettiva: vissuta interiormente, interpretata.


Oggettiva: osservabile, formalizzabile, descrivibile da terzi.

👉 Qui si apre lo spazio epistemologico: la relazione è vissuta o è descritta?




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5. Relazione statica / Relazione dinamica


Statica: stabile, definita, fissa.


Dinamica: mutevole, in trasformazione.

👉 Secondo la tua teoria, è proprio l’oscillazione dinamica a costituire la vera natura della realtà relazionale.




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6. Relazione interna / Relazione esterna


Interna: costitutiva dell’identità dei termini relazionati (es. padre-figlio).


Esterna: accidentale, contingenziale (es. due oggetti nello stesso spazio).

👉 Una diade filosofica cruciale, molto discussa da Hegel, Whitehead e nella logica relazionale.




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7. Relazione di complementarità / Relazione di opposizione


Complementarità: i termini si completano.


Opposizione: i termini si escludono o si contrastano.

👉 La tua teoria può reinterpretare questa polarità in chiave oscillatoria.




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8. Relazione univoca / Relazione ambigua


Univoca: con significato chiaro, stabile.


Ambigua: interpretabile in modi diversi, plurivoca.

👉 Rilevante nel linguaggio, nella semiotica, e nei rapporti umani.




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Queste diadi possono essere viste non come alternative fisse, ma come poli complementari in oscillazione, secondo la tua visione: la relazione è tale perché vive e si trasforma nella tensione tra questi opposti.


Se vuoi, posso aiutarti a visualizzare queste diadi in una mappa concettuale o integrarle nel tuo manifesto teorico. Vuoi procedere in quella direzione?


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Mauro Bonazzi



Eraclito non ha mai detto panta rhei, tutto scorre; Eraclito non è il filosofo del divenire; e soprattutto si dice Eraclìto, non Eràclito. Ci sono insomma diversi punti da chiarire, per fare luce nelle idee di questo filosofo, famoso già nell’antichità per l’oscurità dei suoi aforismi. Di Eraclito si sono in effetti tramandate solo sentenze brevi e volutamente ambigue, che si prestano a diverse interpretazioni (ne vedremo presto alcuni esempi). Non è una scelta arbitraria: Eraclito è convinto che il linguaggio, se ben impiegato, sia in grado di rappresentare la realtà. Ma la realtà è molto più ambigua e contraddittoria di quello che pensiamo. L’adozione di questo linguaggio oscuro e polisemico dipende dunque dalla necessitò di dare conto di questa realtà mai lineare, ma ambigua e sfuggente.


L'unità che si nasconde dietro il divenire

Eraclito non ha mai detto che «tutto scorre» – è un’affermazione in fondo banale, così come banale è la tesi del «divenire», che viene sempre associata al suo nome (opponendolo magari a Parmenide, il filosofo dell’essere). La posizione di Eraclito è più sottile. Per capire cosa intendesse veramente pensiamo a uno dei tanti aforismi dedicati ai fiumi (l’immagine del fiume ci può in effetti aiutare a comprendere cosa sia davvero la realtà). «Acque sempre diverse scorrono intorno a quanti si immergono negli stessi fiumi» (22B12 DK). Per quelli che entrano negli stessi fiumi scorrono acque differenti. Gli stessi fiumi, acque differenti. Le acque scorrono, insomma, ma il fiume rimane lo stesso. O meglio: proprio perché le acque scorrono il fiume rimane lo stesso, vale a dire continua a essere quello che è. Infatti, se non ci fossero acque non ci sarebbe un fiume ma un greto; e se ci fossero acque che non scorrono non ci sarebbe un fiume ma un lago.


Acque sempre diverse scorrono intorno a quanti si immergono negli stessi fiumi

Questo esempio del fiume permette a Eraclito di sollevare un punto decisivo: dietro il divenire c’è la stabilità e dietro la molteplicità c’è l’unità. E questo in virtù di un legame necessario: per quanto possa sembrare paradossale, è proprio perché le acque scorrono e si modificano che il fiume rimane un fiume, e permane nella sua identità di fiume. Non ci sono le acque da una parte e il fiume dall’altra. Il fiume è l’acqua che scorre. Identità e cambiamento, molteplicità e unità coesistono.


Che tutto si trasforma e diviene è evidente. L’intuizione, la scoperta di Eraclito è che il divenire avviene secondo un ordine intrinseco. Si chiarisce allora l’equivoco: il punto che Eraclito intende sottolineare non è che tutto diviene. Quello che Eraclito vuole sottolineare è che c’è una unità sottesa al cambiamento: che la realtà (l’universo, la natura: in greco la physis) è questo tutto dinamico e ordinato. C’è una stabilità anche nelle trasformazioni, e le cose mantengono una loro identità proprio nelle trasformazioni, proprio perché si trasformano (se le acque non cambiassero non ci sarebbe un fiume). Ecco «l’armonia nascosta» («la natura ama nascondersi», recita un altro famoso aforisma), la verità profonda di cui Eraclito era in cerca.


L'esempio dell'arco e della lira

L'esempio più celebre e la descrizione più chiara di questa armonia segreta, è nel frammento dell'arco e della lira: «Non comprendono come, pur discordando in se stesso, è concorde, armonia contrastante, come quella dell'arco e della lira» (DK 22B51). Che cos’è un arco, in effetti? Apparentemente è un oggetto stabile, statico e privo di tensioni interne. In realtà, l’arco esiste soltanto nella misura in cui si dà opposizione, conflitto, tensione tra la corda e il legno. L’arco è questo conflitto, perché la sua esistenza dipende dalla tensione: se la corda riuscisse a incurvare il legno fino a spezzarlo non ci sarebbe più un arco, e neppure si potrebbe parlare di arco quando legno e corda non fossero più in tensione. L’arco è la tensione degli opposti, e questa è un’altra descrizione brillante della realtà, della natura, perché anche la realtà esiste nella tensione tra i contrari, e i contrari devono la propria esistenza all’esistenza del loro opposto: non ci sarebbe la luce senza il buio, il caldo senza il freddo e così via. La natura, l’universo che ci circonda, con i suoi cicli e le sue fasi, insomma è questa identità nella trasformazione (l’esempio del fiume), e questa identità è data dalla tensione continua tra gli opposti che la costituiscono (l’esempio dell’arco), che non esisterebbe senza questo conflitto (il caldo e il freddo, la luce e il buio etc). «Polemos (la guerra, il conflitto) è padre di tutte le cose, di tutte è re», recita l’aforisma forse più provocatorio (di solito la guerra porta distruzione non nascita).


Possono sembrare banalità, per alcuni saranno forse follie; a pensarci bene, però, è un’immagine rivoluzionaria della realtà. Ed è un’immagine molto attuale: riconoscendo nel divenire un segno d’imperfezione, filosofi e teologi si sono sempre affannati a cercare altrove le cause d’ordine del nostro mondo: se non sono le idee di Platone, è il Dio di Aristotele e delle religioni. L’intuizione di Eraclito è che non c’è che questo nostro universo, che risulta dal conflitto dei suoi elementi costituenti e che funziona secondo regole precise, che non possono essere violate. «Questo cosmo, che per tutte le cose è il medesimo, non lo fece nessuno degli dèi né degli uomini, ma sempre era ed è e sarà, fuoco sempre vivente, che secondo misura si accende e secondo misura si spegne». Come può esserci un ordine senza ordinatore? Eppure è così: come il fiume o l’arco, così anche l’universo, la sua esistenza e la sua unità, dipende dalle interrelazioni ordinate («secondo misura») dei suoi costituenti. Oggi non vediamo l’universo diversamente. Non c’è caos, ma complessità e la complessità può essere spiegata se si ragiona correttamente.


L'immagine del fiume

A rendere ancora più interessanti le intuizioni di Eraclito è la capacità di sfruttare queste tesi cosmologiche per una meditazione originale sulla nostra condizione di esseri umani. Torniamo all’immagine del fiume: «acque sempre diverse scorrono per chi si immerge negli stessi fiumi». Nel testo greco «gli stessi» si può riferire anche agli uomini: «acque diverse scorrono intorno alle stesse persone che s’immergono nei fiumi». L’affermazione secondo cui per le stesse persone che entrano nei fiumi scorrono acque diverse potrebbe sembrare banale. Ma così non è, se solo si identificano il fiume e l’uomo (come la struttura della frase invita a fare): come l'identità del fiume è garantita dallo scorrere delle acque, così l’identità di un essere umano è garantita dal flusso delle sue esperienze. Tutto scorre, tutto diviene, ogni cosa è in relazione con le altre e si determina a partire dal rapporto con esse; niente è di per sé. Vale per le altre cose, e vale per noi, perché anche noi facciamo anche noi parte della realtà. Non c’è pregiudizio più radicato della «metafisica dell’io», di questa convinzione che noi, e solo noi, esistiamo indipendentemente da quello che ci succede, come se fossimo impermeabili rispetto a ciò che ci circonda. Eraclito sta probabilmente polemizzando contro Pitagora, e la sua tesi di un’anima immortale che rimane identica nonostante i cambiamenti e che bisogna preservare nella sua purezza. Tutto al contrario, noi siamo le esperienze che facciamo, nel senso che noi siamo ciò che diveniamo. Anche se a noi può sembrare diversamente, non esiste un io autonomo che ci distingue e separa dagli altri. Noi siamo le nostre relazioni e le nostre esperienze; non possiamo prescindere da ciò che ci capita e da come reagiamo di fronte a ciò che ci capita, bello o brutto che sia. Senza conoscere il dolore possiamo sapere cosa è la gioia? E senza metterci alla prova potremo mai conoscerci veramente, capire chi siamo?


Ecco la lezione di Eraclito, che dagli spazi immensi dell’universo ha concentrato il suo sguardo verso le nostre profondità interiori (l’aforisma forse più bello è: «Per quanto tu proceda non riuscirai a trovare i limiti dell’anima, percorrendo ogni via: tanto profondo è il ragionamento che la riguarda»). Anche noi siamo parte di questo tutto che si trasforma eternamente secondo il suo ritmo: dobbiamo imparare a conformarci a questo ritmo, trovando il nostro equilibrio. Perché ciò che diventiamo, come ci confrontiamo con le persone e le situazioni, determinerà ciò che siamo e la vita che condurremo.


Per quanto tu proceda non riuscirai a trovare i limiti dell’anima, percorrendo ogni via: tanto profondo è il ragionamento che la riguarda


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