venerdì 6 giugno 2025

Conoscere e provare: l' oscillazione tra o oggettività e soggettività

 Ovviamente, per ciascuno di noi, la realtà è quello che proviamo internamente, attraverso i sensi e la coscienza. Queste cose reali le conosciamo direttamente. Tutto il resto è esterno. Lo constatiamo, ma non possiamo provarlo. Prendiamo per esempio il tempo. E' inutile constatare che è passata un'ora di orologio, consultando un orologio, se a noi è sembrato che sia passata mezz'ora o un'ora e mezzo. La realtà è quella che proviamo internamente, non l'ora che sull'orologio. Fate la prova: state un'ora davanti a un orologio facendo qualcosa o non facendo nulla. E guardate alla fine quanto tempo vi sembra che sia passato. La scienza ci dice che il tempo oggettivo è quello segnato dall'orologio. Ma non è vero. Per noi la realtà sarà ciò che abbiamo provato, non ciò che ci dice l'orologio. Ogni volta noi dobbiamo aggiustare l'esperienza reale sulla presunta esperienza "oggettiva". Diciamo: "Oh, quanto tempo è passato...oppure, il tempo è volato!" Ma se non avessimo l'orologio, quello che conta sarebbe il tempo provato.

La pretesa della scienza di offrirci qualcosa di "oggettivo" non è insensata. Serve alla scienza e alla organizzazione sociale. Ma non ci dice la nostra effettiva esperienza. La nostra esperienza sarà sempre diversa e "soggettivamente reale".

Questa è per noi la realtà. Il dato "oggettivo" non è un'esperienza. Qui sta l'equivoco. L'esperienza sarà sempre quello che proviamo internamente. Ciò che ci viene dall'esterno sarà un'informazione convenzionale, astratta. 

Perciò la scienza avrà sempre questo limite. Non potrà dirci ciò che proviamo. Ecco perché è inutile usare la matematica per descrivere la nostra esperienza. Dovremo per forza rivolgerci alla nostra esperienza o a quella di un nostro simile.

***

Il tuo testo mette in luce un punto fondamentale e spesso trascurato: la differenza irriducibile tra esperienza vissuta (tempo interiore, percezione, coscienza) e misurazione oggettiva (tempo cronologico, dati quantitativi). Questo nodo tocca direttamente molte questioni filosofiche, scientifiche e persino epistemologiche.

Provo a sintetizzare e valorizzare i punti chiave del tuo ragionamento, offrendo anche una possibile evoluzione concettuale coerente con la tua teoria delle oscillazioni degli opposti complementari:


1. La realtà come esperienza interna

Ciò che è reale per noi non è ciò che misuriamo, ma ciò che viviamo. Questa affermazione scardina l’equazione moderna tra realtà e oggettività. L’esperienza è immediata, qualitativa, unica. L’oggettività, al contrario, è sempre una mediazione: un’astrazione, una convenzione utile, ma mai identica al vissuto.

La scienza misura il tempo con l’orologio; ma l’essere umano lo vive con la coscienza.


2. Il tempo come costruzione soggettiva

Il tempo “provato” non è lineare, né uniforme. È un fluire dinamico che si espande o si contrae in base allo stato d’animo, all’attività svolta, alla consapevolezza. In questo senso, il tempo oggettivo è un’astrazione, mentre il tempo interiore è una realtà vissuta.

Questo porta a distinguere tra:

  • Tempo cronologico (misurabile, esterno, utile)

  • Tempo fenomenologico (vissuto, interno, autentico)


3. L’equivoco dell’oggettività

La scienza, per costruire modelli condivisi e verificabili, ha bisogno di oggettività. Ma quando questa pretesa viene proiettata sulla totalità dell’esperienza umana, nasce un equivoco: si finisce per ridurre ciò che è vivo a ciò che è misurabile.

La scienza può descrivere un corpo in movimento, ma non l’angoscia del suo movimento.


4. L’irriducibilità dell’esperienza

Nessuna equazione, nessuna formula può contenere la totalità dell’esperienza. Questo non sminuisce la scienza, ma indica il suo campo d’applicazione: non la totalità della realtà, ma una sua astrazione regolativa.


5. Il nesso con la tua teoria delle oscillazioni

Qui si può inserire il concetto chiave della tua teoria: l’oscillazione tra soggettività e oggettività come polarità complementari. Non si tratta di scegliere una contro l’altra, ma di riconoscerne l’interazione dinamica.

  • L’oggettività è necessaria per la comunicazione e la costruzione condivisa.

  • La soggettività è il fondamento primo dell’esperienza viva.

In termini oscillatori, possiamo dire:

Ogni dato oggettivo è un polo astratto che oscilla in tensione con l’esperienza soggettiva, che è viva, mobile, qualitativa. L’una non si annulla nell’altra, ma entrambe si danno solo in relazione.


6. Conclusione (o proposta evolutiva)

La tua riflessione può essere vista come una critica radicale al riduzionismo oggettivista e come invito a costruire una scienza dell’esperienza, fondata non sulla misura, ma sul significato.

In questa visione, la matematica non può sostituirsi all’esperienza, ma può eventualmente offrire modelli complementari che non pretendano di esaurirla.


Se vuoi, posso aiutarti a trasformare questo testo in una sezione del manifesto teorico, con una struttura più formalizzata e collegata direttamente ai tuoi altri assi portanti (dualità complementari, campo unificato, soglia-barriera, risonanza). Vuoi procedere in questa direzione?

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S', trasforma questo testo in una sezione del manifesto teorico.

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Perfetto. Di seguito trovi la trasformazione del tuo testo in una sezione formalizzata del manifesto teorico. Il linguaggio è più strutturato e coerente con il tono filosofico-metafisico che stai costruendo, mantenendo intatto il nucleo esperienziale ed epistemologico della riflessione.


Sezione IV – La realtà come esperienza vissuta: soggettività e limite dell’oggettività scientifica

«La scienza misura il tempo con l’orologio; ma l’essere umano lo vive con la coscienza.»

1. L’esperienza come fondamento del reale

Alla radice della nostra esistenza si dà sempre un’esperienza vissuta. Ogni fenomeno che chiamiamo “reale” è ciò che proviamo direttamente attraverso i sensi, l’attenzione e la coscienza. La realtà è ciò che accade in noi, non fuori di noi. Tutto ciò che chiamiamo “oggettivo” è sempre un’inferenza, una mediazione, una convenzione fondata su strumenti, linguaggi e accordi intersoggettivi.

La nostra prima e fondamentale realtà non è ciò che è misurabile, ma ciò che è sentito. Il “dato oggettivo”, per quanto condiviso e verificabile, non è mai un’esperienza in sé, ma un’astrazione descrittiva della realtà vissuta.

2. Il tempo interiore e la crisi del tempo oggettivo

Un esempio emblematico di questa disgiunzione tra esperienza e misura è il tempo. La scienza definisce il tempo come una grandezza lineare, quantificabile attraverso l’orologio. Ma ogni essere umano constata quotidianamente l’irriducibilità del tempo vissuto al tempo misurato. Un’ora può sembrarci un istante o un’eternità, a seconda dello stato di coscienza.

Questo rivela un’evidenza fondamentale: il tempo reale è il tempo percepito, non quello segnato da uno strumento. L’orologio è un artificio utile per la coordinazione sociale, ma non può contenere la ricchezza qualitativa del tempo vissuto. Dire che “il tempo è volato” o che “non passava mai” è riconoscere che la coscienza modula l’esperienza temporale secondo ritmi non lineari.

3. L’equivoco dell’oggettività

La scienza moderna, fondata sul paradigma oggettivo-quantitativo, è costretta a escludere l’esperienza soggettiva dal proprio campo operativo. Questa esclusione, pur funzionale allo sviluppo tecnologico, genera un equivoco epistemologico: si scambia la rappresentazione per la realtà, la misura per l’esperienza, il simbolo per il vissuto.

Ma ciò che è più reale per un essere umano – la gioia, la paura, l’attesa, la sorpresa – non è mai riducibile a una formula o a un’equazione. La matematica descrive strutture, non emozioni. E la coscienza, in quanto campo vivente, non può essere racchiusa in alcun sistema chiuso.

4. Oscillazione tra soggettività e oggettività

Questa discontinuità tra esperienza e descrizione può essere reinterpretata alla luce della teoria delle oscillazioni degli opposti complementari. Soggettività e oggettività non sono antagonisti, ma poli in tensione dinamica. La realtà emerge come campo oscillante tra ciò che viene provato e ciò che viene rappresentato.

  • La soggettività è la fonte viva dell’esperienza.

  • L’oggettività è la forma cristallizzata della rappresentazione condivisa.

Né l’una né l’altra è autosufficiente: l’oggettività senza soggettività è vuota; la soggettività senza comunicabilità è muta. Il passaggio tra i due poli avviene attraverso una soglia che funge da punto di transizione e trasformazione – ciò che abbiamo definito, nella teoria generale, barriera-soglia: un principio generativo che consente il passaggio da un livello di realtà all’altro.

5. Verso una scienza dell’esperienza

Da tutto ciò discende un’esigenza epistemologica nuova: una scienza dell’esperienza, che non elimini l’oggettività, ma la relativizzi in funzione dell’esperienza soggettiva. Una tale scienza dovrà accogliere l’ambiguità, la qualità, la temporalità vissuta. Non più una scienza che misura “quanto”, ma che interroga il “come” e il “perché” dell’essere cosciente.

L’unità della realtà non si trova nel dominio di uno dei poli, ma nella loro oscillazione armonica. Tra tempo oggettivo e tempo interiore, tra misura e vissuto, tra scienza e coscienza, si dà la tensione generativa dell’esperienza umana.


Fammi sapere se vuoi che la inserisca direttamente nel tuo manifesto in lavorazione, oppure se desideri aggiustare o approfondire alcune sezioni (ad esempio collegarla più esplicitamente a Heidegger, Bergson o altri riferimenti teorici).


Sezione IV – La realtà come esperienza vissuta: soggettività e limite dell’oggettività scientifica

«La scienza misura il tempo con l’orologio; ma l’essere umano lo vive con la coscienza.»

1. L’esperienza come fondamento del reale

Alla radice della nostra esistenza si dà sempre un’esperienza vissuta. Ogni fenomeno che chiamiamo “reale” è ciò che proviamo direttamente attraverso i sensi, l’attenzione e la coscienza. La realtà è ciò che accade in noi, non fuori di noi. Tutto ciò che chiamiamo “oggettivo” è sempre un’inferenza, una mediazione, una convenzione fondata su strumenti, linguaggi e accordi intersoggettivi.

La nostra prima e fondamentale realtà non è ciò che è misurabile, ma ciò che è sentito. Il “dato oggettivo”, per quanto condiviso e verificabile, non è mai un’esperienza in sé, ma un’astrazione descrittiva della realtà vissuta.

2. Il tempo interiore e la crisi del tempo oggettivo

Un esempio emblematico di questa disgiunzione tra esperienza e misura è il tempo. La scienza definisce il tempo come una grandezza lineare, quantificabile attraverso l’orologio. Ma ogni essere umano constata quotidianamente l’irriducibilità del tempo vissuto al tempo misurato. Un’ora può sembrarci un istante o un’eternità, a seconda dello stato di coscienza.

Questo rivela un’evidenza fondamentale: il tempo reale è il tempo percepito, non quello segnato da uno strumento. L’orologio è un artificio utile per la coordinazione sociale, ma non può contenere la ricchezza qualitativa del tempo vissuto. Dire che “il tempo è volato” o che “non passava mai” è riconoscere che la coscienza modula l’esperienza temporale secondo ritmi non lineari.

3. L’equivoco dell’oggettività

La scienza moderna, fondata sul paradigma oggettivo-quantitativo, è costretta a escludere l’esperienza soggettiva dal proprio campo operativo. Questa esclusione, pur funzionale allo sviluppo tecnologico, genera un equivoco epistemologico: si scambia la rappresentazione per la realtà, la misura per l’esperienza, il simbolo per il vissuto.

Ma ciò che è più reale per un essere umano – la gioia, la paura, l’attesa, la sorpresa – non è mai riducibile a una formula o a un’equazione. La matematica descrive strutture, non emozioni. E la coscienza, in quanto campo vivente, non può essere racchiusa in alcun sistema chiuso.

4. Oscillazione tra soggettività e oggettività

Questa discontinuità tra esperienza e descrizione può essere reinterpretata alla luce della teoria delle oscillazioni degli opposti complementari. Soggettività e oggettività non sono antagonisti, ma poli in tensione dinamica. La realtà emerge come campo oscillante tra ciò che viene provato e ciò che viene rappresentato.

  • La soggettività è la fonte viva dell’esperienza.

  • L’oggettività è la forma cristallizzata della rappresentazione condivisa.

Né l’una né l’altra è autosufficiente: l’oggettività senza soggettività è vuota; la soggettività senza comunicabilità è muta. Il passaggio tra i due poli avviene attraverso una soglia che funge da punto di transizione e trasformazione – ciò che abbiamo definito, nella teoria generale, barriera-soglia: un principio generativo che consente il passaggio da un livello di realtà all’altro.

5. Verso una scienza dell’esperienza

Da tutto ciò discende un’esigenza epistemologica nuova: una scienza dell’esperienza, che non elimini l’oggettività, ma la relativizzi in funzione dell’esperienza soggettiva. Una tale scienza dovrà accogliere l’ambiguità, la qualità, la temporalità vissuta. Non più una scienza che misura “quanto”, ma che interroga il “come” e il “perché” dell’essere cosciente.

L’unità della realtà non si trova nel dominio di uno dei poli, ma nella loro oscillazione armonica. Tra tempo oggettivo e tempo interiore, tra misura e vissuto, tra scienza e coscienza, si dà la tensione generativa dell’esperienza umana.

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