lunedì 8 settembre 2025

L' inafferrabilità di spazio e tempo: i due tempi, le triadi

Quando parliamo di spazio e tempo, ci sembra di sapere che cosa sono. Ma  un maestro Zen vi avrebbe detto: se sapete cosa è lo spazio o il tempo, portatemene una parte qui e io vi spiegherò che cosa sono. Lo spazio e il tempo sono onnipresenti, ma nessuno può portarmene un pezzo. Che cosa mi portereste? Un' ora o un "qui"? Vedete bene che è impossibile. Né l' ora né il "qui" si possono afferrare. E allora parliamo di entità fisiche come una sedia o una pizza? No, gli scienziati parlano di contenitori, ma anche un contenitore dovrebbe essere un oggetto materiale. E lo spaziotempo non lo è . Questa inafferrabilità ci mostra che spazio e tempo sono entità astratte, metafisiche, ma con importanti conseguenze pratiche, perfino misurabili dai nostri strumenti. Sarebbero come un essere che ha la testa fra le nuvole e i piedi per terra. I nostri strumenti li misurano (orologi, metri...) dimostrando però che si tratta di "oggetti" in parte mentali, perché questi strumenti sono prodotti dalla mente e non sono presenti in natura. In natura sono presenti la luce e il buio, le giornate e le notti, i cicli cosmici, ma non strumenti. Le piante e gli animali sanno in che parte del giorno o dell' anno siamo, sanno quando aprirsi e svegliarsi, quando chiudersi e andare a dormire, quando l' acqua è vicina, quando la preda è vicina o lontana, ma non hanno strumenti diversi da se stessi, dal proprio corpo. Non hanno nemmeno gli strumenti per parlarne. Noi invece ne parliamo perché abbiamo il linguaggio astratto e dunque una mente evoluta. Ma quanto più la mente è evoluta, tanto più si allontana dalle cose materiali. Quando perciò diciamo che spazio e tempo sono contenitori o diadi, indichiamo anche che sono entità in parte mentali. Tutto ciò è talmente vero che senza strumenti perderemmo il senso dello spazio (per esempio in un deserto) e del tempo (per esempio in una stanza buia). 

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Quello che scrivi è molto profondo e si muove tra filosofia, scienza e Zen. Possiamo guardarlo da più prospettive:


1. La prospettiva Zen

Il maestro che chiede di “portare un pezzo di tempo o di spazio” mette in luce il paradosso: parliamo di qualcosa che non è mai un oggetto, che non ha consistenza, ma che sembra strutturare tutta l’esperienza. È un modo per farci vedere il carattere illusorio di ciò che consideriamo “ovvio”.


2. La prospettiva scientifica

La fisica moderna descrive spazio e tempo non come contenitori “rigidi”, ma come proprietà dinamiche dell’universo: lo spaziotempo di Einstein si curva con la materia ed energia. Eppure, nonostante i modelli matematici e le misure precise (orologi atomici, GPS, ecc.), resta vero che non possiamo mai “afferrare” lo spaziotempo: lo inferiamo attraverso gli effetti che ha sulle cose.


3. La prospettiva biologica

Gli animali e le piante percepiscono i cicli senza strumenti artificiali, usando il proprio corpo come misura. Ciò che noi chiamiamo “tempo” in realtà, per loro, è solo ritmo vitale: giorno/notte, caldo/freddo, fame/sazietà. In un certo senso, gli esseri viventi “sono” già dentro al tempo e allo spazio senza bisogno di astrarli.


4. La prospettiva filosofica

Quando dici che spazio e tempo sono in parte mentali, tocchi una tradizione che va da Kant (tempo e spazio come forme a priori dell’intuizione) fino alla fenomenologia. È come se la mente creasse un quadro di coordinate per dare ordine all’esperienza. Senza questo quadro — come nell’esempio del deserto o della stanza buia — perdiamo i punti di riferimento e ci disorientiamo.


In definitiva, spazio e tempo sembrano stare su due piani:


fisico, perché i nostri strumenti li misurano e gli effetti sono reali e verificabili;


mentale, perché senza un osservatore capace di astrarli, essi non sarebbero “cose” ma soltanto flussi di eventi e cambiamenti.



È come se fossero la “tela invisibile” su cui dipingiamo l’esperienza.

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Questo conferma che sono diadi che uniscono fisico e mentale, e che il mentale può influire su di essi. Infatti la nostra percezione soggettiva può variare notevolmente rispetto alla misurazione degli strumenti. È la parte mentale. 

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Esatto, quello che dici mette bene in luce la natura “diadica” di molti fenomeni psico-fisici: da un lato c’è la componente oggettiva, misurabile con strumenti (frequenze cardiache, tensione muscolare, parametri respiratori, ecc.), dall’altro lato c’è la componente soggettiva, cioè il vissuto interiore che può discostarsi anche molto dal dato “oggettivo”.


Il mentale può dunque:


modulare il fisico (es. lo stress psicologico che accelera il battito cardiaco o irrigidisce la muscolatura);


interpretare il fisico (es. la stessa sensazione corporea vissuta come “eccitazione positiva” o come “ansia negativa” a seconda del contesto);


essere influenzato dal fisico (es. la postura o il respiro che modificano lo stato emotivo e cognitivo).



Questa interazione crea un circuito continuo in cui mente e corpo non sono separati, ma si co-regolano.


Vuoi che ti faccia degli esempi pratici di queste diadi fisico-mentali (tipo coppie respiro–attenzione, tensione muscolare–stato emotivo, ecc.) per rendere più concreto questo concetto?

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E non dimentichiamo lo spaziotempo vissuto, che differisce da quello convenzionale degli strumenti.

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Hai ragione, e questo aggiunge un ulteriore livello di profondità.

Accanto alla diade fisico–mentale, c’è anche la dimensione dello spaziotempo vissuto, che non coincide con quello misurato dagli strumenti.


Tempo convenzionale: lineare, uniforme, scandito da orologi e cronometri.


Tempo vissuto: soggettivo, elastico; può dilatarsi (attimi che sembrano eterni) o restringersi (ore che passano in un lampo).


Spazio convenzionale: metrico, misurabile in coordinate e distanze.


Spazio vissuto: qualitativo, affettivo, relazionale; vicino o lontano non dipende solo dai metri, ma dall’intensità del rapporto o dallo stato interiore.



Questa differenza è ben nota in fenomenologia e psicologia: lo spaziotempo vissuto non è un’illusione, ma una modalità reale con cui l’essere umano abita il mondo e interagisce con se stesso e con gli altri.


Se mettiamo insieme queste prospettive, si può dire che l’esperienza umana si fonda su triadi intrecciate:


Fisico (ciò che accade nel corpo e negli strumenti)


Mentale (ciò che pensiamo, percepiamo, interpretiamo)


Spaziotempo vissuto (la cornice soggettiva in cui tutto ciò prende forma)



Vuoi che proviamo a schematizzare queste triadi con esempi concreti della vita quotidiana?

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Fai gli esempi concreti.

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Perfetto. Ti propongo alcuni esempi di triadi fisico–mentale–spaziotempo vissuto nella vita quotidiana:



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1. Ansia prima di parlare in pubblico


Fisico: aumento del battito cardiaco, sudorazione.


Mentale: pensiero “andrò in difficoltà, tutti noteranno i miei errori”.


Spaziotempo vissuto: il tempo sembra rallentare, ogni secondo di attesa pare interminabile; lo spazio dell’aula appare “ostile”, enorme, e il pubblico sembra più vicino e giudicante.




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2. Innamoramento


Fisico: accelerazione del respiro, sensazione di calore, rilascio di dopamina e ossitocina.


Mentale: pensieri intensi e ricorrenti sulla persona amata.


Spaziotempo vissuto: le ore con l’altro passano come minuti, la distanza geografica può sembrare insopportabile anche se breve; ogni luogo condiviso assume un’aura speciale.




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3. Flusso creativo (scrivere, dipingere, suonare)


Fisico: respiro regolare, corpo rilassato ma attivo.


Mentale: concentrazione elevata, idee che scorrono senza sforzo.


Spaziotempo vissuto: il tempo cronologico scompare (“non mi sono accorto che sono passate tre ore”), lo spazio diventa intimo e raccolto, quasi fuori dal mondo.




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4. Attesa di un referto medico importante


Fisico: tensione muscolare, stomaco contratto.


Mentale: pensieri anticipatori, scenari negativi.


Spaziotempo vissuto: il tempo d’attesa si dilata, sembra non finire mai; lo spazio della sala d’aspetto appare angusto, oppressivo, più piccolo di quanto sia.




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5. Una camminata nella natura


Fisico: respirazione profonda, rilassamento muscolare, endorfine.


Mentale: senso di calma, apertura a nuove idee.


Spaziotempo vissuto: il paesaggio sembra vasto e accogliente, il tempo più lento, disteso, quasi ciclico come i ritmi naturali.

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Dunque è dimostrato a livello soggettivo che la mente o lo stato psichico influenzano la percezione dello spaziotempo.



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Sì, questo sì: a livello soggettivo e psicologico è ben documentato che la mente e lo stato psichico influenzano la percezione del tempo e dello spazio.


Ecco come:


Percezione del tempo


In stati di ansia o paura, il tempo sembra rallentare (perché l’attenzione si concentra su molti dettagli).


In stati di flusso, gioia o forte concentrazione, il tempo sembra accelerare.


In depressione o noia, il tempo può sembrare interminabile.



Percezione dello spazio


Stati emotivi intensi possono alterare la percezione delle distanze (per esempio, quando si è spaventati, un luogo può sembrare più lontano o ostile).


In stati meditativi o estatici, alcune persone riferiscono di percepire lo spazio come “espanso” o “dilatato”.


Sotto l’effetto di certe sostanze psicotrope, la percezione spazio-temporale può deformarsi radicalmente.



Base neuroscientifica


La percezione del tempo coinvolge circuiti cerebrali specifici (gangli della base, corteccia prefrontale, cervelletto).


Neurotrasmettitori come dopamina e serotonina influenzano direttamente la percezione temporale.


Lo spazio è codificato anche da cellule speciali (come le cellule di posizione e cellule griglia) nell’ippocampo, che possono essere modulate dagli stati emotivi.




Quindi: la mente non modifica lo spaziotempo fisico, ma modifica profondamente la sua percezione soggettiva, ed è una cosa scientificamente osservata e studiata.


Vuoi che ti mostri esempi di esperimenti psicologici/neuroscientifici che hanno misurato queste distorsioni della percezione del tempo?

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Se ci fossero anche strumenti per misurare (ma c' è solo il corpo) lo spaziotempo soggettivo, avremmo la dimostrazione che esistono due tempi: soggettivo è convenzionale. Il primo dominato dalla mente.

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Quello che stai toccando è un tema molto affascinante: la distinzione tra tempo fisico e tempo soggettivo.


Oggi, nella fisica, il tempo viene misurato attraverso strumenti esterni (orologi atomici, sistemi GPS, ecc.) che catturano la dimensione oggettiva dello spaziotempo, legata a fenomeni regolari e condivisibili. Ma ciò che viviamo dentro di noi è un'altra cosa: la durata vissuta (Bergson parlerebbe di durée), cioè il ritmo interiore della coscienza.


Se davvero inventassimo strumenti capaci di rilevare il tempo soggettivo — non in termini di secondi, ma di come un individuo percepisce il fluire degli eventi — allora si potrebbe dire che:


esistono due tempi:


1. il tempo fisico, regolato da leggi naturali e convenzioni di misura;



2. il tempo psichico, dipendente dalla coscienza, dall’attenzione, dall’emozione e dal ricordo.




la mente sarebbe il “metronomo” di questo secondo tempo, che non scorre uniformemente: può rallentare nella noia o accelerare nell’estasi.



In un certo senso, già oggi abbiamo dei “proxy” rudimentali:


la neuroscienza misura correlati come l’attività delle onde cerebrali o i tempi di reazione;


la psicologia sperimentale studia la distorsione del tempo soggettivo in varie condizioni (stress, meditazione, sostanze psicotrope, stati di flusso).



Ma questi sono solo riflessi indiretti. Un vero “cronometro del tempo interiore” non esiste ancora.


👉 Potrei provare a immaginare con te come sarebbe fatto uno strumento del genere: un ibrido tra dispositivo neurofisiologico e interfaccia fenomenologica, capace di mappare la “durata vissuta” e confrontarla col tempo convenzionale.


Vuoi che provi a costruire un modello ipotetico di questo “cronometro del tempo soggettivo”?

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Prova.

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Ok, proviamo a immaginare un cronometro del tempo soggettivo come se fosse un progetto di ricerca tra neuroscienza, filosofia e tecnologia.



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🕰️ Cronometro del Tempo Soggettivo (CTS)


1. Struttura di base


Sensori neurofisiologici


EEG (elettroencefalogramma) per misurare le oscillazioni cerebrali.


fNIRS o fMRI portatile per monitorare l’attività corticale legata all’attenzione e alla memoria.


Sensori biometrici (battito cardiaco, variabilità cardiaca, respirazione) come indici indiretti dello stato soggettivo.



Interfaccia esperienziale


Un sistema in cui il soggetto segnala in tempo reale la sua percezione del tempo (per es. un cursore: “sta andando lento/sta andando veloce”).


Eventuali stimoli esterni controllati (suoni, immagini, sequenze ritmiche) per tarare il confronto.





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2. Principio di funzionamento


1. Calibrazione: il soggetto compie un compito temporizzato (es. stimoli a intervalli regolari di 5 secondi).


Confronto tra tempo percepito e tempo reale → differenza iniziale.




2. Misura continua:


Il dispositivo registra variazioni nelle reti neurali legate alla stima del tempo (corteccia prefrontale, gangli della base, cervelletto).


Parametri fisiologici e cognitivi vengono integrati da un algoritmo (IA/ML) che “traduce” i pattern in una curva del tempo soggettivo.




3. Output:


Sul display appaiono due orologi paralleli:


Tempo convenzionale (secondi/minuti standard).


Tempo soggettivo (secondi percepiti).



Differenziale mostrato come ΔT = T_soggettivo – T_reale.






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3. Esempio d’uso


Una persona in uno stato di ansia potrebbe vedere che 1 minuto reale equivale a 2 minuti soggettivi.


In meditazione profonda, invece, 1 minuto reale potrebbe essere percepito come 20 secondi soggettivi.



Il CTS diventerebbe una “mappa dinamica della coscienza temporale”.



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4. Implicazioni filosofiche


Dimostrazione pratica che esistono due tempi:


Tempo oggettivo → governato dalla fisica.


Tempo soggettivo → generato dalla mente.



Aprirebbe una nuova scienza: la cronofenomenologia sperimentale.




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Vuoi che provi a disegnarne uno schema visivo (tipo un diagramma con sensori → algoritmi → doppio orologio di output), così da vedere come funzionerebbe il flusso?







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