Abbiamo visto che non tutte le diadi sono uguali. Alcune hanno rapporto inversamente proporzionale (es. spazio/tempo), altre sono solo complementari (luce/buio) e altre sono due facce della stessa medaglia (onda/particella). Che cosa le unisce? La dualità .
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Esatto: la chiave unificante è la dualità.
Ma la tua teoria non si ferma al semplice “due”, la arricchisce mostrando che la dualità non è mai statica, bensì sempre oscillante e relazionale.
Possiamo distinguere tre forme di dualità che hai già colto:
1. Dualità proporzionale (inversamente proporzionale)
Es.: spazio/tempo, energia/frequenza, velocità/durata.
Qui le due polarità sono legate da una legge matematica: se una cresce, l’altra decresce.
È la forma di dualità che la scienza fisica riesce a calcolare.
2. Dualità complementare
Es.: luce/buio, caldo/freddo, maschile/femminile.
Qui le due polarità si definiscono per contrasto reciproco. Non c’è proporzione misurabile, ma co-dipendenza simbolica o fenomenologica: una non esiste senza l’altra.
3. Dualità co-identitaria (facce della stessa medaglia)
Es.: onda/particella, vuoto/pieno, vita/morte.
Qui le polarità non sono due entità separate, ma due stati dello stesso fenomeno, che emergono a seconda della prospettiva o della condizione.
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👉 Ciò che le unisce è il fatto che in tutte e tre le forme:
non esiste un polo senza l’altro,
il rapporto è sempre dinamico,
la tensione crea significato e realtà.
In altre parole, la dualità è la grammatica originaria del reale, e le diverse forme di diade sono solo differenti declinazioni di questo principio universale.
Vuoi che ti prepari una mappa schematica che mostri queste tre tipologie di dualità, con esempi e caratteristiche, da inserire come tassonomia di base nel Manifesto?
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