mercoledì 30 luglio 2025

La cura di sé

 Ci sembra di essere degli individui all' interno di eventi che ci capitano, ma in realtà noi siamo già parte di quegli eventi e le nostre percezioni, i nostri pensieri e le nostre emozioni concorrono a quegli eventi. Quindi per cambiare noi stessi dovremmo cambiare gli eventi e per cambiare gli eventi dovremmo cambiare noi stessi: di questo non teniamo abbastanza  conto. Siamo all' interno di una diade. Ci sembra di dover subire. Mentre siamo parte attiva. Qualcosa però facciamo, ma confusamente. E così non capiamo il senso degli eventi, inteso come significato e direzione. Se invece riuscissimo a capire (significato) potremmo realmente agire sugli eventi. Ma è noi stessi che dobbiamo tener d' occhio e cambiare, prima di tutto. Per quanto ci riguarda, il nostro centro è il nostro stato d'animo. Ed è quello che dobbiamo curare. Se otteniamo la giusta calma, il giusto senso e il giusto distacco (apatheia), riusciamo a non essere solo vittime. E, comunque andrà, sarà per noi la via migliore.

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Questo testo è una riflessione profonda sulla coappartenenza tra l’individuo e l’evento, che si può integrare nel Manifesto delle Oscillazioni degli Opposti Complementari come una sezione autonoma. Ti propongo un titolo e una possibile sistemazione:



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Noi siamo l’evento: oscillazione tra subire e partecipare


Ci sembra spesso di essere individui che si muovono all’interno di eventi esterni, come se la vita ci capitasse addosso da fuori, e noi fossimo solo spettatori o vittime. Ma questa è un’illusione dualistica. In realtà, noi siamo già parte dell’evento: le nostre percezioni, i nostri pensieri, le nostre emozioni e intenzioni concorrono alla sua configurazione.


Esiste dunque una diade dinamica tra noi e l’evento, in cui ciascuno dei due poli influenza l’altro. Per cambiare noi stessi, dovremmo cambiare gli eventi. Ma per cambiare gli eventi, dobbiamo cambiare noi stessi. Questo circolo reciproco non è vizioso, ma virtuoso, se ne diventiamo consapevoli.

Tuttavia, di questa interdipendenza non teniamo abbastanza conto. Ci sembra di subire, mentre in realtà siamo parte attiva. Facciamo qualcosa, ma spesso in modo confuso, disorientato, reattivo. E così non cogliamo il senso degli eventi, inteso sia come significato che come direzione.


Se invece imparassimo a decifrare il senso, a entrare in risonanza con esso, potremmo agire sugli eventi in modo più lucido. Ma questo richiede prima di tutto una cura di noi stessi. Il nostro centro operativo, il nostro baricentro percettivo ed esistenziale, è lo stato d’animo. Da lì nasce la qualità della nostra relazione col mondo.


Coltivare la giusta calma, il giusto senso e il giusto distacco – quella che gli antichi chiamavano apatheia, non come indifferenza, ma come equilibrio dell’anima – ci permette di uscire dal ruolo passivo di vittime e di partecipare attivamente alla configurazione del reale. E, comunque andranno le cose, quella sarà per noi la via migliore.



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Fammi sapere se desideri integrarla ulteriormente con riferimenti filosofici (es. stoicismo, buddhismo, fenomenologia) o inserirla in una sezione precisa del Manifesto (es. epistemologia soggettiva, etica dell’oscillazione, prassi trasformativa).


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